La norma che descrive l’archetipo della convalida dell’arresto non contempla, a differenza di quanto previsto per l’udienza preliminare e per il dibattimento, la facoltà per l’imputato di rendere (alternativamente o congiuntamente all’interrogatorio) libere dichiarazioni.

Nel giudizio, il diritto di rendere dichiarazioni spontanee è declinato nella sua massima espansione, siccome esercitabile in qualunque momento, sia pure nei limiti della pertinenza del dichiarato all’oggetto dell’imputazione e della necessità di non intralciare il regolare svolgimento dell’istruttorie e, per esigenze di simmetria, analoga facoltà è stata introdotta anche con riferimento alla udienza preliminare, nella quale possono trovare spazio diversi epiloghi decisori.

Sulla base del dato normativo, la giurisprudenza di legittimità ha dunque ritenuto non irragionevole la mancanza previsione della facoltà di rendere spontanee dichiarazioni nella fase di convalida dell’arresto.

(Cass. Sez. 6^ Penale, sentenza 08.11.2022, n. 6952)

E se è vero che legittimamente l’imputato ha esercitato il diritto al silenzio, è anche vero che l’inopportuna privazione della facoltà di rendere dichiarazioni – che non sono garantite, ma neppure sono incompatibili con la fase di convalida – non integra alcuna nullità assoluta per lesione delle prerogative di difesa; atteso che l’interrogatorio ha una più spiccata matrice difensiva rispetto alle dichiarazioni spontanee.
Ne consegue che, al più sarebbe configurabile una nullità relativa che, avrebbe tuttavia dovuto esser eccepita dalla parte presente immediatamente, ai sensi dell’art. 182 cod. proc. pen. (così come già si è ritenuto da questa Corte in relazione al rito abbreviato da Sez. 1, n. 50430 del 25/09/2018, Curaj, Rv. 274515), risultando tardiva la deduzione formulata per la prima volta in ricorso.

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