La Suprema Corte ha confermato l’orientamento di legittimità espresso dalle SS.UU. Savarese (n. 41210/2017) sul delitto accesso abusivo a sistema infomatico, traendo spunto da un caso in cui un Pubblico Ufficiale in servizio presso la Procura della Repubblica di Avellino offriva l’accesso al P.R.A. “gratuitamente” ad un proprio infomatrore, a titolo di corrispettivo per le informazioni in precedenza ricevute, acquisendo e comunicando le notizie richieste, e così evitandogli un pagamento.

L’accesso alla banca dati, avvenuto pacificamente nell’interesse dell’informatore di P.G., è stato ritenuto abusivo, proprio perché avvenuto per finalità estranee a quelle proprie dell’ufficio: la gestione del rapporto con l’informatore non può giustificare, in assenza di una specifica regolamentazione, l’esercizio di un potere e un connesso atto di disposizione delle entrate pubbliche a titolo di corrispettivo per le informazioni dovute.

(Cass. 5^ Penale, sentenza 29.11.2023-10.01.2024, n. 1161)

Se, infatti, l’abusività dipende anche dalla finalità per la quale il potere viene esercitato e se, parallelamente, utilizzare il sistema informatico per soddisfare interessi diversi da quelli proprio dell’amministrazione ne sostanzia la condotta, la relativa consapevolezza è ontologicamente presupposta nella stessa richiesta di acquisizione delle informazioni e nella successiva comunicazione dei dati e la richiesta di informazioni, da acquisire nell’interesse privato del richiedente, rappresenta una chiara condotta concorsuale nella successiva esecuzione materiale del reato, che della richiesta ne è l’attuazione.

TESTO INTEGRALE SENTENZA

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