L’art. 677, comma 2, c.p.p. reca il criterio generale e, al tempo stesso, la norma di chiusura per la determinazione delle competenze territoriali del tribunale e del magistrato di sorveglianza nei procedimenti relativi a persone non detenute né internate; ed infatti, espressamente enuncia la clausola “se la legge non dispone diversamente”.
E tale è appunto il caso della speciale previsione contenuta nell’articolo 656, comma 6, c.p.p. per le ipotesi contemplate dagli articoli 90 e 94 del T.U. stupefacenti.

La seconda disposizione del codice di rito non abroga la prima (come erroneamente opina il ricorrente per argomentare l’impossibilità della coesistenza di due norme in antitesi nello stesso codice), bensì concorre con la stessa a integrare i criteri della determinazione delle competenze dei tribunali e dei magistrati di sorveglianza nei procedimenti relativi alle persone in stato di libertà.

[OMISSIS]
Orbene, alla stregua del rilievo che precede, risulta che la modificazione dell’art. 94 del T.U. cit. non dispiega alcun effetto sulla competenza del tribunale di sorveglianza per i procedimenti relativi a persone non detenute né internate, ai sensi dell’art. 656, comma 6, in relazione all’art. 677, comma 2,c.p.p., in quanto la soppressione del richiamo dei commi 3 e 4 dell’art. 91 T.U. cit., già contenuta nella precedente formulazione del successivo art. 94, incide esclusivamente sulla rimodulazione, nei sensi indicati, della competenza del tribunale di sorveglianza, ai termini dell’art. 677, comma 1, c.p.p. nei confronti delle persone ristrette negli istituti di prevenzione e pena.
Solo in tale ipotesi l’intervento del legislatore ha, infatti, comportato la sostituzione della competenza del tribunale di sorveglianza “individuato con riferimento alla sede del Pubblico Ministero investito dell’esecuzione (Cass. pen., sez. I, 22 giugno 2006, n. 31476, Cossiga), con quella, apunto, del tribunale di sorveglianza “del luogo di detenzione”.
Nel caso invece del condannato non detenuto, né internato (o nelle more della emissione dell’ordine di esecuzione; ovvero per efetto della sospensione), resta inderogabile la competenza del Tribunale di sorveglianza del distretto in cui ha sede l’Ufficio del Pubblico Ministero che procede alla esecuzione.
(Cass. Pen. Sez. I,  n. 10448/2008 R.G., udienza 14 ottobre 2008 – ric. Mastrovito)

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