La possibilità di conoscere “direttamente”, da parte del difensore, la integrità degli elementi e degli atti che formano oggetto della richiesta di convalida e di applicazione della misura, a prescindere dalla “mediazione illustrativa” del pubblico ministero o del giudice, rappresenta null’altro che la base ineludibile sulla quale poter configurare un contraddittorio “effettivo” e, con esso, un effettivo soddisfacimento della funzione difensiva che l’interrogatorio in sede di convalida è destinato a realizzare: giustificandone, per qusta via, la equipollenza normativa all’interrogatorio previsto dall’art. 294 c.p.p.

Per altro verso, essendo l’accesso agli atti prevsito come disposizione di carattere generale in favore dichiunque vi abbia interesse (art. 116 c.p.p.), e poiché gli atti di indagine sono coperti dal segreto, a norma dell’art. 329 c.p.p., fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza, non v’è ragione per precludere al difensore il diritto di prendere visione ed estrarre copia degli atti relativi alla udienza di convalida.
(Cass. sezioni Unite Penali, sentenza 30 settembre – 11 ottobre 2010, n. 36212)
 

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