La sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita’ non costituisce, infatti, un diritto dell’imputato, essendo rimessa la relativa applicazione all’apprezzamento discrezionale del decidente, da esercitarsi avendo riguardo principalmente al parametro costituzionale espresso dall’articolo 27, in particolare, sub specie, della idoneita’ della misura a tendere alla rieducazione del condannato, ai parametri di cui agli articoli 132 e 133 c.p., oltre che ai parametri dettagliati nello stesso articolo 73, comma 5 bis.
(Cass. Sezione III Penale, 23 febbraio 2011, n. 6876)

Corte Suprema di Cassazione
Sezione III Penale
Sentenza 23 febbraio 2011, n. 6876

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Lodi, con sentenza del 5/12/08, dichiarava Ba. Vi. colpevole del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 bis, e lo condannava alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 6.000.00 di multa, concesse le attenuanti generiche e applicata la ipotesi di cui all’articolo 73, comma 5 citato.
La Corte di Appello di Milano, chiamata a pronunciarsi sull’appello avanzato dal prevenuto, con sentenza del 3/12/09, ha confermato il decisum di prime cure.
Propone ricorso per cassazione l’imputato personalmente, con i seguenti motivi:
la Corte distrettuale ha omesso di dare adeguato riscontro al secondo motivo di appello, con cui veniva richiesta l’applicazione del trattamento sanzionatorio di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5 bis.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ infondato e va rigettato.
La argomentazione, adottata in sentenza, e’ logica e corretta.
Osservasi che per procedere alla sanzione del lavoro di pubblica utilita’ in luogo della pena detentiva e’ necessario che si verifichino quattro condizioni: che l’interessato sia tossicodipendente o, comunque, assuntore di sostanze stupefacenti;
che sia intervenuta sentenza di condanna o di patteggiamento che abbia riconosciuto il fatto di lieve entita’;
che l’imputato abbia espressamente chiesto, eventualmente in via subordinata, la sostituzione delle pene irrogate con quella del lavoro di pubblica utilita’;
che non ricorrano le condizioni per la concessione del beneficio di cui all’articolo 163 c.p..
Nella specie sussisterebbero tutti i presupposti per accogliere la istanza dell’imputato, ma il giudice e’ libero di decidere, sia non accogliendo tale richiesta, anche a fronte del parere positivo del p.m. sia accogliendola, andando di contrario avviso alle determinazioni sfavorevoli del p.m..
La sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita’ non costituisce, infatti, un diritto dell’imputato, essendo rimessa la relativa applicazione all’apprezzamento discrezionale del decidente, da esercitarsi avendo riguardo principalmente al parametro costituzionale espresso dall’articolo 27, in particolare, sub specie, della idoneita’ della misura a tendere alla rieducazione del condannato, ai parametri di cui agli articoli 132 e 133 c.p., oltre che ai parametri dettagliati nello stesso articolo 73, comma 5 bis.
Dal vaglio di legittimita’ a cui e’ stata sottoposta la pronuncia impugnata si palesa evidente l’implicito rigetto della istanza di applicazione del citato comma 5 bis, sul rilievo del decidente volto ad evidenziare l’oggettiva entita’ del fatto, la personalita’ del prevenuto, quale descritta dai suoi precedenti, gravi e numerosi, che ne fanno emergere la particolare proclivita’ a delinquere, con conseguente pericolo per la collettivita’, tanto da determinare la Corte distrettuale a non riconoscere al Ba. una modifica, in melius, del trattamento sanzionatorio applicato dal Tribunale.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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