Quando i comportamenti lesivi sono numericamente imponenti e si protraggono nel tempo, è del tutto ozioso stare a disquisire sui danni che in concreto tale condotta abbia cagionato, atteso che lo stesso numero delle telefonate è fatto che di per sé comporta disagio più o meno intenso e stato d’ansia, e ciò solo basta a legittimare la tutela cautelare senza necessità di superflue verifiche mediche, perché non è necessario che la molestia debba sfociare in una patologia conclamata, ed anzi la tutela cautelare deve essere apprestata prima che il disagio sfoci in vera patologia.
(Cass. Penale Sez. V, sentenza 15 giugno – 7 novembre 2011, n. 40105)

 
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Quinta Penale
sentenza 15 giugno – 7 novembre 2011, n. 40105
 
[OMISSIS]
Il GIP presso il Tribunale di Salerno con ordinanza del 3 dicembre 2010 rigettava la richiesta di applicazione delle misure previste dall’art. 282 ter del codice di rito in danno di [OMISSIS] indagata per molestie nei confronti di [OMISSIS] collega di lavoro del marito, che molestava con assidue telefonate, anche più di cento al giorno, inducendole stato di ansia, inssonnia e malessere, tanto da indurla a cambiare gruppo di lavoro: il GIP aveva disatteso la richiesta osservando che mancava la prova cautelare, non potendo essere rimessa alla mera enunciazione della parte lesa la sussistenza del grave e perdurante stato di ansia che la norma di cui all’art. 612 bis c.p. contempla.
Il Tribunale della Libertà di Salerno rigettava l’appello con cui il P.M. aveva impugnato l’ordinanza di cui s’è detto, condividendo con il GIP l’opinione che l’ansia ed il malessere di cui parla l’art. 612 bis c.p. devono essere effettivi e comprovati, richiedendo la norma il danno in concreto e non il mero pericolo di un danno; nel caso di specie la sussistenza attuale e concreta del suddetto danno era del tutto sfornita di riscontri oggettivi.
Avverso detto provvedimento propone ricorso il Pubblico Ministero, deducendo l’erroneità del provvedimento, atteso che era documentato come le molestie telefoniche (anche oltre cento telefonate al giorno) si fossero protratte per ben quatto mesi, che la parte offesa aveva anche chiarito quale fosse la ragione che le impediva di cambiare numero telefonico, spiegando che per il suo lavoro di venditrice a domicilio di aspirapolvere avrebbe perduto i contatti con tutti i suoi clienti; che infine era ovvio che tante telefonate quotidiane e per tanto tempo avessero cagionato malessere ed ansia alla parte offesa, e non era necessaria una verifica medico-legale di tale stato di disagio.
Il ricorso è fondato, atteso che la restrittiva interpretazione che il Tribunale di Salerno ha dato della norma, restringerebbe ad ipotesi limite la tutela cautelare, rendendola impossibile nella gran parte dei casi, atteso che se è ovvio che la misura cautelare non può essere invocata le volte in cui le molestie fossero episodiche o numericamente non significative, quando, come nel caso di specie, i comportamento lesivi sono numericamente imponenti e si protraggono nel tempo, è del tutto ozioso stare a disquisire sui danni che in concreto tale condotta abbia cagionato, atteso che lo stesso numero delle telefonate è fatto che di per sé comporta disagio più o meno intenso e stato d’ansia, e ciò solo basta a legittimare la tutela cautelare senza necessità di superflue verifiche mediche, perché non è necessario che la molestia debba sfociare in una patologia conclamata, ed anzi la tutela cautelare deve essere apprestata prima che il disagio sfoci in vera patologia.
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Salerno, che provvederà, in diversa composizione, a nuovo esame facendo applicazione delle regole di diritto enunciate.
P.Q.M.
La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno per nuovo esame.
 

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