DISEGNO DI LEGGE n. 1880, approvato dal Senato della Repubblica il 20 gennaio 2010:

 

Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

Art. 1
(Modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89)
1. All’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «Chi ha subìto» sono sostituite dalle seguenti: «In attuazione dell’articolo 111, secondo comma, della Costituzione, la parte che ha subìto»;

b) dopo il comma 3, sono aggiunti, in fine, i seguenti:

«3-bis. Ai fini del computo del periodo di cui al comma 3, il processo si considera iniziato, in ciascun grado, alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio o dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di citazione, ovvero alla data del deposito dell’istanza di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, ove applicabile, e termina con la pubblicazione della decisione che definisce lo stesso grado. Il processo penale si considera iniziato alla data di assunzione della qualità di imputato. Non rilevano, agli stessi fini, i periodi conseguenti ai rinvii del procedimento richiesti o consentiti dalla parte, nel limite di novanta giorni ciascuno.
3-ter. Non sono considerati irragionevoli, nel computo del periodo di cui al comma 3, i periodi che non eccedono la durata di due anni per il primo grado, di due anni per il grado di appello e di ulteriori due anni per il giudizio di legittimità, nonché di un altro anno per ogni successivo grado di giudizio nel caso di giudizio di rinvio. Il giudice, in applicazione dei parametri di cui al comma 2, può aumentare fino alla metà i termini di cui al presente comma.
3-quater. Nella liquidazione dell’indennizzo, il giudice tiene conto del valore della domanda proposta o accolta nel procedimento nel quale si assume verificata la violazione di cui al comma 1. L’indennizzo è ridotto ad un quarto quando il procedimento cui la domanda di equa riparazione si riferisce è stato definito con il rigetto delle richieste del ricorrente, ovvero quando ne è evidente l’infondatezza.
3-quinquies. In ordine alla domanda di equa riparazione di cui all’articolo 3, si considera priva di interesse, ai sensi dell’articolo 100 del codice di procedura civile, la parte che, nel giudizio in cui si assume essersi verificata la violazione di cui al comma 1, non ha presentato, nell’ultimo semestre anteriore alla scadenza dei termini di cui al primo periodo del comma 3-ter, una espressa richiesta al giudice procedente di sollecita definizione del giudizio entro i predetti termini, o comunque quanto prima, ai sensi e per gli effetti della presente legge. Se la richiesta è formulata dopo la scadenza dei termini di cui al comma 3-bis, l’interesse ad agire si considera sussistente limitatamente al periodo successivo alla sua presentazione. Nel processo davanti alle giurisdizioni amministrativa e contabile è sufficiente il deposito di nuova istanza di fissazione dell’udienza, con espressa dichiarazione che essa è formulata ai sensi della presente legge. Negli altri casi, la richiesta è formulata con apposita istanza, depositata nella cancelleria o segreteria del giudice procedente.
3-sexies. Il giudice procedente e il capo dell’ufficio giudiziario sono avvisati senza ritardo del deposito dell’istanza di cui al comma 3-quinquies. A decorrere dalla data del deposito, il processo civile è trattato prioritariamente ai sensi degli articoli 81, secondo comma, e 83 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, con esclusione della deroga prevista dall’articolo 81, secondo comma, e di quella di cui all’articolo 115, secondo comma, delle medesime disposizioni di attuazione; nei processi penali si applica la disciplina dei procedimenti relativi agli imputati in stato di custodia cautelare; nei processi amministrativi e contabili l’udienza di discussione è fissata entro novanta giorni. Salvo che nei processi penali, la motivazione della sentenza che definisce il giudizio è limitata ad una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione si fonda. Il capo dell’ufficio giudiziario vigila sull’effettivo rispetto di tutti i termini acceleratori fissati dalla legge».

2. L’articolo 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. – (Procedimento). – 1. La domanda di equa riparazione si propone al presidente della corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente, ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento per il quale si assume verificata la violazione.
2. La domanda è proposta dall’interessato o da un suo procuratore speciale, senza ministero di difensore, con ricorso depositato nella cancelleria della corte di appello. Il ricorso deve contenere l’indicazione del domicilio presso cui ricevere le comunicazioni anche in ordine al pagamento dell’eventuale indennizzo, nonché l’indicazione dell’ufficio giudiziario e del numero del procedimento cui la domanda di equa riparazione si riferisce. Al ricorso è allegata copia dell’atto introduttivo del procedimento, dei relativi verbali e dell’eventuale provvedimento con cui esso è stato definito. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la domanda può essere riproposta fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 4.
3. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze.
4. Il presidente della corte di appello, o un magistrato della corte a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro quattro mesi dal deposito del ricorso, previa eventuale acquisizione d’ufficio degli ulteriori elementi di valutazione ritenuti indispensabili. Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge all’amministrazione di pagare la somma liquidata a titolo di equa riparazione. Il decreto è notificato, a cura del ricorrente, all’amministrazione convenuta che, nei successivi centoventi giorni, effettua il pagamento della somma ingiunta, salvo quanto previsto dal comma 6.
5. Contro il decreto che ha deciso sulla domanda di equa riparazione può essere proposta opposizione nel termine perentorio di sessanta giorni. Il termine decorre dalla comunicazione del provvedimento al ricorrente ovvero dalla sua notificazione all’amministrazione ingiunta. L’opposizione si propone con ricorso depositato nella cancelleria della corte di appello, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e contenente gli elementi di cui all’articolo 125 del codice di procedura civile. La corte di appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, è notificato, a cura dell’opponente, nel domicilio eletto ai sensi del comma 2 ovvero presso l’Avvocatura dello Stato. Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni. Sono ammessi il deposito di memorie e la produzione di documenti entro il termine fissato dalla corte, non oltre cinque giorni prima della data dell’udienza.
6. La corte di appello, su istanza di parte, può sospendere in tutto o in parte l’esecuzione del decreto per gravi motivi.
7. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito dell’opposizione, decreto motivato e immediatamente esecutivo con cui conferma, modifica o revoca il provvedimento opposto. Il decreto è impugnabile per cassazione. La corte provvede sulle spese ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. Se l’opposto non si costituisce e l’opposizione è respinta, il giudice condanna d’ufficio l’opponente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma equitativamente determinata, non inferiore a 1.000 euro e non superiore a 20.000 euro».

3. In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, nei giudizi pendenti in cui sono già decorsi i termini di cui all’articolo 2, comma 3-ter, della legge n. 89 del 2001, introdotto dal comma 1, lettera b), del presente articolo, l’istanza di cui al comma 3-quinquies del citato articolo 2 è depositata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Alle domande di equa riparazione proposte anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e per le quali alla stessa data non è stato ancora emanato il decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio prevista dalla disciplina anteriormente vigente, si applica il procedimento di cui ai commi 4 e seguenti dell’articolo 3 della legge n. 89 del 2001, come sostituito dal comma 2 del presente articolo. Se l’udienza in camera di consiglio è già stata fissata, il procedimento resta disciplinato dalla normativa anteriormente vigente.

Art. 2
(Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115)
1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 10, comma 1, le parole: «, il processo di cui all’articolo 3, della legge 24 marzo 2001, n. 89» sono soppresse;
b) all’articolo 13, comma 1, lettera b), dopo le parole: «volontaria giurisdizione,» sono inserite le seguenti: «per il procedimento regolato dall’articolo 3, commi da 1 a 4, della legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni,».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai procedimenti iscritti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 3
(Norma di interpretazione autentica)

1. Nell’articolo 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, l’espressione: «sentenza anche non definitiva» deve essere interpretata nel senso di: «sentenza di merito anche non definitiva».

Art. 4
(Ragionevole durata del giudizio di responsabilità contabile)
1. Nel giudizio di responsabilità davanti alla Corte dei conti, il processo è estinto quando:
a) dal deposito dell’atto di citazione in giudizio nella segreteria della competente sezione giurisdizionale sono trascorsi più di tre anni senza che sia stato emesso il provvedimento che definisce il giudizio di primo grado;
b) dalla notificazione o pubblicazione del provvedimento di cui alla lettera a) sono decorsi più di due anni senza che sia stato emesso il provvedimento che definisce il processo di appello.
2. Il corso dei termini indicati nel comma 1 è sospeso nel caso in cui l’udienza o la discussione sono sospese o rinviate su richiesta del convenuto o del suo difensore, sempreché la sospensione o il rinvio non siano disposti per necessità di acquisizione di prove.
3. Nel caso in cui il danno erariale, sia pure contestato con un’unica citazione, per ogni singolo fatto dannoso, non superi il valore di euro 300.000, il termine indicato nel comma 1, lettera a), è di due anni.
4. La Corte dei conti a sezioni riunite, ferme restando le altre competenze ad essa attribuite, giudica anche, nella composizione di cui all’articolo 4, secondo comma, del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, con sentenza definitiva di accertamento, sui ricorsi proposti dagli organi politici di vertice delle amministrazioni che vi abbiano interesse avverso le deliberazioni conclusive di controlli su gestioni di particolare rilevanza per la finanza pubblica. I ricorsi sono proposti nel termine perentorio di sessanta giorni dalla formale comunicazione delle deliberazioni medesime.
 
Art. 5
(Estinzione del processo per violazione dei termini di durata ragionevole)
1. Nel capo II del titolo III del libro VII del codice di procedura penale, dopo la sezione I, è inserita la seguente:
«Sezione I-bis
SENTENZA DI PROSCIOGLIMENTO PER VIOLAZIONE DELLA DURATA RAGIONEVOLE DEL PROCESSO
Art. 531-bis. – (Dichiarazione di non doversi procedere per violazione dei termini di durata ragionevole del processo).
– 1. Il giudice, nei processi relativi a reati per i quali è prevista una pena pecuniaria o una pena detentiva, determinata ai sensi dell’articolo 157 del codice penale, inferiore nel massimo a dieci anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria, pronuncia sentenza di non doversi procedere per estinzione del processo quando:
a) dalla emissione del provvedimento con cui il pubblico ministero esercita l’azione penale formulando l’imputazione ai sensi dell’articolo 405 sono decorsi più di tre anni senza che sia stata pronunciata sentenza di primo grado;
b) dalla pronuncia della sentenza di cui alla lettera a) sono decorsi più di due anni senza che sia stata pronunciata sentenza in grado di appello;
c) dalla pronuncia della sentenza di cui alla lettera b) è decorso più di un anno e sei mesi senza che sia stata pronunciata sentenza da parte della Corte di cassazione;
d) dalla sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento oggetto del ricorso è decorso più di un anno per ogni ulteriore grado del processo.
2. Se la pena detentiva, determinata ai sensi dell’articolo 157 del codice penale, è pari o superiore nel massimo a dieci anni di reclusione, i termini di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), sono rispettivamente di quattro anni, due anni, un anno e sei mesi e un anno. Quando si procede per reati previsti dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i termini di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), sono rispettivamente di cinque anni, tre anni, due anni e un anno e sei mesi, e il giudice può, con ordinanza, prorogare tali termini fino ad un terzo ove rilevi una particolare complessità del processo o vi sia un numero elevato di imputati.
3. Il pubblico ministero deve assumere le proprie determinazioni in ordine all’azione penale entro e non oltre tre mesi dal termine delle indagini preliminari. Da tale data iniziano comunque a decorrere i termini di cui ai commi precedenti, se il pubblico ministero non ha già esercitato l’azione penale ai sensi dell’articolo 405.
4. Quando sono decorsi i termini di cui ai commi precedenti, ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere.
5. Il corso dei termini indicati nei commi 1 e 2 è sospeso:
a) nei casi di autorizzazione a procedere, di deferimento della questione ad altro giudizio e in ogni altro caso in cui la sospensione del procedimento penale è imposta da una particolare disposizione di legge;
b) nell’udienza preliminare e nella fase del giudizio, durante il tempo in cui l’udienza o il dibattimento sono sospesi o rinviati per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per assoluta necessità di acquisizione della prova;
c) per il tempo necessario a conseguire la presenza dell’imputato estradando.
6. I termini di cui ai commi 1 e 2 riprendono il loro corso dal giorno in cui è cessata la causa di sospensione.
7. Nei casi di nuove contestazioni ai sensi degli articoli 516, 517 e 518 i termini di cui ai commi 1 e 2 non possono essere aumentati complessivamente per più di tre mesi.
8. Contro la sentenza di cui al comma 1 l’imputato e il pubblico ministero possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.
9. In caso di estinzione del processo ai sensi del comma 1 non si applica l’articolo 75, comma 3. Se la parte civile trasferisce l’azione in sede civile, i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis del codice di procedura civile sono ridotti della metà, e il giudice fissa l’ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all’azione trasferita.
10. Le disposizioni del presente articolo non si applicano quando l’imputato dichiara di non volersi avvalere della estinzione del processo. La dichiarazione deve essere formulata personalmente o a mezzo di procuratore speciale. In quest’ultimo caso la sottoscrizione della richiesta deve essere autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3.
11. Alla sentenza irrevocabile di non doversi procedere per estinzione del processo si applica l’articolo 649».
2. Il corso dei termini indicati nell’articolo 531-bis, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è sospeso per tutto il periodo del rinvio della trattazione del processo disposto ai sensi dell’articolo 2-ter, comma 1, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125.
 
Art. 6
(Modifica dell’articolo 23 del codice di procedura penale)
1. All’articolo 23 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice dichiara con sentenza l’esistenza di una causa di non punibilità ai sensi dell’articolo 129 o dell’articolo 469 in ordine al reato appartenente alla sua competenza per territorio, con la stessa sentenza dichiara la propria incompetenza in ordine al reato per cui si procede ai sensi dell’articolo 12 e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente».
 
Art. 7
(Clausola di monitoraggio)
1. Il Ministro dell’economia e delle finanze, allorché riscontri che l’attuazione della presente legge rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
 
Art. 8
(Modifica al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)
1. All’articolo 34, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 531-bis del codice di procedura penale».
 
Art. 9
(Disposizioni transitorie)
1. Nei processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, relativi a reati commessi fino al 2 maggio 2006 e puniti con pena pecuniaria o con pena detentiva, determinata ai sensi dell’articolo 157 del codice penale, inferiore nel massimo a dieci anni di reclusione, sola o congiunta alla pena pecuniaria, ad esclusione dei reati indicati nell’articolo 1, comma 2, della legge 31 luglio 2006, n. 241, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere per estinzione del processo quando sono decorsi più di due anni dal provvedimento con cui il pubblico ministero ha esercitato l’azione penale, formulando l’imputazione ai sensi dell’articolo 405 del codice di procedura penale, ovvero due anni e tre mesi nei casi di cui al comma 7 dell’articolo 531-bis del codice di procedura penale, introdotto dall’articolo 5 della presente legge, senza che sia stato definito il giudizio di primo grado nei confronti dell’imputato. Si applicano le disposizioni previste dal citato articolo 531-bis, commi 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11.
2. Salvo quanto previsto al comma 1, le disposizioni di cui all’articolo 531-bis del codice di procedura penale non si applicano ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Le disposizioni di cui all’articolo 4 si applicano anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando dal deposito della citazione a giudizio nella segreteria della competente sezione giurisdizionale sono trascorsi almeno cinque anni e non si è concluso il giudizio di primo grado.
 
Art. 10
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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