Il Tribunale per il Riesame di Roma revoca la misura cautelare del divieto di espatrio sul presupposto che “il decorso di un tempo notevole dalla commissione dei fatti (ottobre 2007) e dall’inizio dell’applicazione, in varie forme, delle misure cautelari, impone di ritenere ormai cessate esigenze riconducibili alla lettera C) dell’art. 274 c.p.p., anche perché, essendo il mercato italiano (purtroppo) in grado di costituire fonte di approvvigionamento di qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, l’attuale misura del divieto di espatrio si rivela inidonea a fronteggiare il pericolo di commissione di delitti dello stesso tipo di quello per cui si procede”.

IL TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE PER IL RIESAME
DEI PROVVEDIMENTI RESTRITTIVI DELLA LIBERTA’ PERSONALE
[omissis]
Sull’appello presentato in data 8 aprile 2009 nell’interesse di TIZIO avverso l’ordinanza emessa in data 3 marzo 2009 dal G.I.P. del Tribunale di Viterbo, con la quale è stata rigettata l’istanza di revoca della misura cautelare del divieto di espatrio.
Il Tribunale, sciogliendo la riserva formulata all’udienza del 5.6.2009, osserva quanto segue.
Giova premettere che TIZIO è stato attinto dalla misura cautelare della custodia in carcere, poi modificata fino a pervenire all’attuale cautela non custodiale, in relazione al reato, compiuto in Viterbo fino all’ottobre 2007, di cessione continuata ad alcuni tossicodipendenti di cocaina e haschish.
Ciò posto, e vendendo ora all’odienro procedimento di appello ex art. 310 c.p.p., il Tribunale rileva che il difensore del prevenuto, con istanza depositata il 2 marzo 2009, ha chiesto al Giudice di revocare l’attuale misura cautelare.
L’adito Giudice, con l’ordinanza oggi appellata, acquisito il parere, sfavorevole, del P.M., ha rigettato la richiesta della difesa, giudicando invariate le esigenze cautelari poste a base della misura coercitiva.
Avverso detta ordinanza ha proposto appello il difensore del TIZIO, censurando la decisione assunta dal Giudice del diniego e la motivazione posta a sostegno ed insistendo nelle prese e sopra riferite conclusioni.
All’udienza del 5 giugno 2009, è comparso il difensore, il quale ha ribadito la richiesta, sottolinenando l’insussistenza di esigenze cautelari e le necessità lavorative del proprio assistito, il quale gestisce una ditta che ha stipulato accordi per la fornitura anche all’Estero di assistenza tecnica.
L’appello è fondato e va accolto.
Questo Tribunale deve rilevare che il decorso di un tempo notevole dalla commissione dei fatti e dall’inizio dell’applicazione, in varie forme, delle misure cautelari, impone di ritenere ormai cessate esigenze riconducibili alla lettera C) dell’art. 274 c.p.p., anche perché, essendo il mercato italiano (purtroppo) in grado di costituire fonte di approvvigionamento di qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, l’attuale misura del divieto di espatrio si rivela inidonea a fronteggiare il pericolo di commissione di delitti dello stesso tipo di quello per cui si procede.
P.Q.M.
In accoglimento dell’appello avverso il provvedimento in epigrafe indicato, revoca nei confornti di TIZIO la misura cautelare del divieto di espatrio.
Si comunichi.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 5 giungo 2009.
Depositato in cancelleria il 9 giugno 2009.

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