Interessante arresto giurisprudenziale in tema di decorrenza dei termini per proporre opposizione avverso il provvedimento decisorio in materia di onorari  spettanti al difensore (d’ufficio o di fiducia per soggetto ammesso al patrocinio gratuito a spese dello Stato) ex D.P.R. 115/2002.
La Suprema Corte ha precisato che “il termine per l’impugnazione dell’ordinanza di rigetto della richiesta di liquidazione degli onorari del difensore d’ufficio dell’imputato irreperibile è quello di quindici giorni previsto dall’art. 585, comma primo, lett. a) c.p.p., per l’impugnazione dei provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio”.

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. IV, 17 dicembre 2008, n. 46404
(ud. 5 novembre 2008)
Pres. Rizzo – Rel. Romis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE – Con ordinanza in data 11.6.2007, il Tribunale di Ancona rigettava l’opposizione proposta avverso il diniego di liquidazione dei compensi dell’avv. R.L. nominata d’ufficio in sostituzione di difensore d’ufficio ex art. 97, co. IV c.p.p., per l’imputato I.C. irreperibile
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, tramite il difensore cassazionista, l’avv. R.L. deducendo violazione di legge sul rilievo che il giudice dell’opposizione, muovendo dall’assertià diversità ontologica, fra “difesa di fiducia”, “difesa d’ufficio” e “sostituzione processuale”, si sarebbe posto in contrasto con l’orientamento di legittimità ed avrebbe errato nel negare il compenso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché tardivo essendo stato spedito a mezzo posta a questa Corte in data 7.11.2007 (come si rileva dalla indicazione dell’ufficio postale), e quindi ben oltre il termine di 15 giorni (trattandosi di impugnazione di provvedimento camerale) dalla notifica del provvedimento impugnato, avvenuta il 5.7.2007, per come precisato nello stesso ricorso; ed a nulla rilevando gli adempimenti che hanno preceduto la spedizione del ricorso concernentila notifica del ricorso alle parti.
Mette conto sottolineare che, in materia di patrocinio a spese dello Stato, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 25 del 1999, (Di Dona) hanno precisato che il giudice dell’impugnazione investito del gravame per il riesame dei decreti in materia di patrocinio a spese dello Stato, emessi incidentalmente dal giudice nell’ambito di un procedimento penale o penale militare principale, è chiamato a decidere con ordinanza, secondo la speciale procedura camerale di cui all’art. 29, L. 794 del 1942, espressamente richiamata dagli artt. 6, co. IV, e 12, co. V, L. 217 del 1990 (legge poi modificatadalla L.134 del 2001 e poi abrogata dal D.P.R. 115 del 2002); e, nell’affermare la natura decisoria – e la conseguente impugnabilità con ricorso per cassazione in forza dell’art. 111 della Costituzione – di detta ordinanza, hanno altresì affermato testualmenteche “il ricorso per cassazione contro siffatta ordinanza (ovvero avverso quella pronunciata in prime cure sulla richiesta dell’intendente di finanza di revoca o modifica del beneficio dell’art. 10.2 L.cit.. pronunciata anch’essa incidentalmente nell’ambito di un procedimento penale o penale militare principale), dev’essere introdotto, trattato e deciso in base alle regole procedurali proprie del rito penale di cui agli artt. 568 e ss. c.p.p. 
Sulla base delle medesime argomentazioni svolte nella sentenza Di Dona – ed espicitamente richiamando quest’ultima – le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato, hanno poi enunciato il principio della impugnabilità con ricorso per cassazione anche dei provvedimenti emessi dal Tribunale o dalla Corte di Appello in sede di reclamo avverso il decreto di liquidazione dei compensi del difensore (Sez. Un. sentenza n. 25080 del 28.5.2003); ovviamente trattasi di principio applicabile anche per l’ipotesi di compensi al difensore di ufficio di imputato irreperibile, stante l’espresso richiamo, nell’art. 117 D.P.R. 115/2002, all’art. 84 (che a sua volta richiama l’art. 170) stesso D.P.R.
Da tutto quanto detto, raccordando i principi enunciati dalle Sezioni Unite con le due sentenze appena ricordate – e con specifico riferimento all’affermata applicabilità delle regole procedimentali proprie del rito penale di cui agli artt. 568 e s. c.p.p. (sentenza Di Dona) – consegue che il termine per la proposizione del ricorso avverso l’ordinanza in argomento è, appunto, quello di 15 giorni, previsto dall’art. 585, comma I, lett. a) c.p.p, per proporre impugnazione avverso i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio.
Né la ricorrente ha allegato, secondo il principio dell’autosufficienza del ricorso, elementi di segno contrario alla rilevata tardività del gravame.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché (trattandosi di casusa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 186 del 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo determinare in euro 300,00 (trecento).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro 300,00 (trecento) in favore della cassa delle ammende.