La norma guida cui fare riferimento è quella di cui all’art. 441 bis c.p.p., che prevede una opzione alternativa per l’imputato atta ad affrontare le nuove e non prevedibili evenienze processuali mediante il ritorno (eventuale) al rito ordinario, così retrocedendo rispetto al rito inizialmente scelto.
La estrema solennità della scelta trova una sua precisa corrispondenza normativa nel comma 2 dello stesso art. 441 bis c.p.p. che impone all’imputato di effettuare la scelta nei modi espressamente previsti dal comma 3 dell’art. 438 (o personalmente o a mezzo di procuratore speciale).

Solo una procura speciale che fosse conferita sin dall’origine dall’imputato al proprio difensore, comprensiva, oltre che della scelta del rito abbreviato condizionato, anche di un potere deliberativo supplementare da esercitare in ordine a eventuali scelte da compiere in caso di una nuova contestazione potrebbe (e per quanto qui di interesse, avrebbe potuto) esonerare il giudice dall’obbligo della notifica all’imputato che invece deve (doveva, per quanto qui rileva) essere effettuata nei riguardi dell’imputato assente in caso di mancanza della procura speciale come sopra specificata.

(Corte di Appello di Palermo, Sez. IV Penale, sentenza 29 gennaio 2010, imp. V)
 
 
Corte di Appello di Palermo
Sezione Quarta Penale
Sentenza 29 gennaio 2010, imp. V.
 
[OMISSIS]
E’ fondato il primo motivo di gravame con il quale l’appellante ha eccepito la nullità dell’ordinanza emessa dal G.U.P. il 4 dicembre 2008 e conseguentemente della sentenza impugnata.
Per una migliore comprensione è opportuno riassumere brevemente in questa sede i diversi momenti che hanno segnato l’evolversi del procedimento di primo grado e l’emissione da parte del G.U.P. delle ordinanze impugnate.
In particolare, risulta dalla documentazione in atti che le indagini a carico dell’imputato [OMISSIS] avevano tratto origine dalla denunzia presentata al Commissariato P.S. di Sciacca dalla figlia minore [OMISSIS] la sera del 27 dicembre 2007 (dichiarazioni in seguito sostanzialmente confermate dalla ragazza al P.M.), ed erano proseguite mediante la sottoposizione a intercettazione delle utenze telefoniche in uso all’imputato e dei colloqui intercorsi tra la minore parte offesa (ospite dell’Istituto [OMISSIS] dove la ragazza era stata accompagnata dalla Polizia su disposizione del Tribunale dei minori la sera della denuncia) e la madre [OMISSIS], oltre che mediante l’epletamento di una una consulenza tecnica affidata dal Pubblico Ministero alla psicologa dott.ssa [OMISSIS].
All’esito, accogliendo la richiesta del P.M., il [OMISSIS] veniva tratto a giudizio immediato dinanzi al Tribunale di Sciacca.
Il difensore dell’imputato, munito di procura speciale, aveva chiesto il processo venisse definito con le forme del giudizio abbreviato, condizionato all’esame della persona offesa e tale richiesta era stata accolta dal Giudice con ordinanza del 27 giugno 2008.
Il 25 luglio 2008 si era proceduto, quindi, nel contraddittorio delle parti, all’esame della minore [OMISSIS] e alla successiva udienza del 13 novembre 2008, assente l’imputato, già contumace, il P.M. aveva proceduto alla contestazione di nuove condotte di reato riferite per la prima volta dalla ragazza nel corso della precedente udienza.
Accolta la richiesta di un termine avanzata dalla difesa al fine di consultarsi con il proprio assistito sulle strategie processuali conseguenti alla modifica della originaria contestazione, alla successiva udienza del 4 dicembre 2008 il difensore aveva chiesto notificarsi la nuova contestazione all’imputato per consentire allo stesso di effettuare “la scelta prevista dall’art. 441 bis c.p.p.”, e di rilasciare una nuova procura speciale.
Su tali richieste il G.U.P. aveva deciso negativamente con la prima delle ordinanze oggi impugnate, rilevando una ipotesi di connessione ex art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p. ostativa alla notifica della contestazione all’imputato assente ed il conseguente obbligo di notificare la medesima richiesta al solo difensore quale rappresentante l’imputato, in conformità al disposto di cui all’art. 423, comma 1, c.p.p..
A giudizio di questa Corte la soluzione adottata dal primo giudice, poggiante su una interpretazione letterale della norma, non appare condivisibile ed anzi si pone come dato sintomatico della violazione del diritto di difesa ex art. 178, lett. c), con conseguente nullità della ordinanza e di riflesso della sentenza che ne è derivata.
Va, al riguardo, ricordato che, nel caso in esame, versandosi in tema di giudizio abbreviato c.d. “condizionato”, la norma di riferimento è esclusivamente quella delineata dall’art. 438, comma 5, c.p.p. il quale fa salva (a differenza di quanto accade laddove si versi in tema di giudizio abbreviato c.d. “ordinario” disciplinato dall’art. 441, comma 1, c.p.p.) l’applicabilità dell’art. 423 c.p.p., esclusa, invece, dal ricordato art. 441 comma 1, che consente al pubblico ministero di procedere a nuove contestazioni.
Le regole procedurali previste dalla norma suddetta divergono poi in relazione al tipo di nuova contestazione mossa dal Pubblico Ministero, nel senso che in caso di contestazione di un fatto nuovo non enunciato nella originaria richiesta di rinvio a giudizio sarà anzitutto il giudice a dover consentire, autorizzandola, la nuova contestazione e sarà anche necessario interpellare l’imputato (presente o assente che sia) perché possa esprimere il consenso (intermini Cass. sez. IV, 6 giugno 2007, n. 27777), rimandendo esclusa la possibilità di un consenso tacito.
Consenso richiesto non a caso dalla norma in correlazione con quanto previsto dall’art. 441 bis, comma 1, c.p.p. che, in via generale, contiene l’espressa previsione che l’imputato, di fronte ad una nuova contestazione, possa nuovamente optare per il giudizio ordinario.
Diversamente avviene nella ipotesi di nuove contestazioni aventi per oggetto un fatto diverso da quello descritto nel capo di imputazione ovvero un reato connesso ex art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p., ovvero una circostanza aggravante.
Sebbene debba darsi atto della corretta individuazione da parte del G.U.P. di una ipotesi di connessione in senso stretto determinata dal vincolo della continuazione (in quanto i nuovi fatti narrati dalla persona offesa rappresentavano una sorta di continuità storica rispetto a quelli oggetto della contestazione originaria, potendo dunque rientrare in un unico programma criminoso elaborato dall’agente), è però inesatta la conclusione cui egli è pervenuto in quanto di tipo formalistico, ma in realtà lesiva del diritto di difesa.
Invero la norma guida cui fare riferimento non è tanto quella contemplata dall’art. 423 c.p.p. dettata soltanto quale discrime indicativo delle procedure da seguire in caso di nuove contestazioni, quanto quella costituzionalmente orientata costituita dall’art. 441 bis c.p.p. che prevede una opzione alternativa per l’imputato atta ad affrontare le nuove e non prevedibili evenienze processuali mediante il ritorno (eventuale) al rito ordinario, così retrocedendo rispetto al rito inizialmente scelto.
Si tratta, ovviamente, di un percorso alternativo che non può che essere prerogativa strettamente personale dell’imputato, trattandosidi una scelta processuale particolare che riverbera i suoi effetti anzitutto sulla condizione del processo e sulla (eventualmente diversa) formazione della prova e, di riflesso, sul regime sanzionatorio in caso di ritorno al giudizio ordinario rispetto alla scelta iniziale.
La estrema solennità della scelta trova una sua precisa corrispondenza normativa nel comma 2 dello stesso art. 441 bis c.p.p. che impone all’imputato di effettuare la scelta nei modi espressamente previsti dal comma 3 dell’art. 438 (o personalmente o a mezzo di procuratore speciale).
Quel che occorre subito precisare, al fine di sgomberare il campo da possibili equivoci interpretativi, è il diverso significato della procura speciale conferita dall’imputato al proprio difensore per la formulazione della scelta processuale iniziale (ordinaria o condizionata che sia), rispetto a quello della procura speciale conferita (ma sarebbe il caso di dire, da conferire) al difensore in caso di nuove contestazioni e per i fini di cui al ricordato comma 1 dell’art. 441 bis c.p.p., nelle ipotesi di ricorso al rito abbreviato condizionato.
Ne consegue che solo una procura speciale che fosse conferita sin dall’origine dall’imputato al proprio difensore, comprensiva, oltre che della scelta del rito abbreviato condizionato, anche di un potere deliberativo supplementare da esercitare in ordine a eventuali scelte da compiere in caso di una nuova contestazione potrebbe (e per quanto qui di interesse, avrebbe potuto) esonerare il giudice dall’obbligo della notifica all’imputato che invece deve (doveva, per quanto qui rileva) essere effettuata nei riguardi dell’imputato assente in caso di mancanza della procura speciale come sopra specificata.
Il problema non è nuovo per la giurisprudenza di legittimità che ha affermato in tempi recenti il principio della necessità, in caso di nuove contestazioni previste a norma dell’art. 423, comma 1, c.p.p. nell’ipotesi di rito abbreviato condizionato di una notifica all’imputato, non risultando bastevole la comunicazione al difensore, pena la compressione irragionevole del suo diritto di difesa del quale egli verrebbe “gratuitamente privato” (in termini Cass. Sez. V, 14 ottobre 2004 n. 44319; Cass. Sez. IV 16 maggio 2007 cit.) e la conseguente nullità assoluta della sentenza.
Corollario di tale principio è la necessità di un coordinamento della norma di cui all’art. 423 c.p.p. con la disposizione di cui all’art. 441 bis c.p.p. finalizzata a garantire al prevenuto la facoltà di ricondurre il processo nell’alveo del rito ordinario secondo forme particolarmente solenni, in funzione della natura personalissima della scelta.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, deve ritenersi che, nel caso in esame, il primo giudice ha errato quando ha respinto la richiesta di notifica della modifica dell’imputazione al [OMISSIS] personalmente (disattendendo la specifica eccezione sollevata fin nell’immediatezza dal difensore dell’imputato).
Tale errore ha certamente inciso sul concreto esercizio di difesa del [OMISSIS] e sul diritto di questi alla scelta del rito, diritto che, come dianzi osservato, il legislatore riserva all’imputato personalmente (o a un suo procuratore speciale) e che non può essere sostituito da una mera acquiscenza del difensore.
D’altra parte, detta interpretazione ben si coordina con la pressoché omologa disciplina stabilita dal codice di rito per l’analoga ipotesi della contestazione suppletiva nel giudizio ordinario: gli artt. 517 e 520 c.p.p. stabiliscono, infatti, che, nel caso in cui nel corso del dibattimento risulti a carico dell’imputato un reato connesso ex art. 12, lett. b) c.p.p., il P.M. “chiede al presidente che la contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all’imputato”.
La nullità della ordinanza del 4 dicembre 2008, e la mancata comunicazione all’imputato della nuova contestazione ha, pertanto, determinato la nullità del successivo svolgersi del procedimento e della sentenza impugnata, ed ha rilievo assorbente rispetto alle restanti censure di tipo processuale sollevate nei motivi di appello, avendo concretamente inciso sull’esercizio del diritto da parte di questi di scelta scelta del rito (non solo, quindi, in relazione alle nuove contestazioni mosse in udienza, ma anche a quelle originariamente contestate).
Si impone, di conseguenza, la declaratoria di nullità della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al primo giudice per l’ulteriore corso.
[OMISSIS]
 

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