L’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) impedisce l’espulsione (nella fatispecie ex art. 16, comma 5, d.lgs. 286/1998) della persona che, nel Paese di destinazione (nella fattispecie la Siria) sarebbe esposta ad un concreto rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti.

(Tribunale di Sorveglianza di Torino, ordinanza 26 marzo 2014, Pres. Viglino, Est. Vignera)

[OMISSIS]

per deliberare sulla opposizione ad espulsione (art. 16, comma 5, D. Lgs. 286/1998) presentata da K. A., nato in SIRIA  il XX-XX-XXXX, detenuto presso la Casa Reclusione di ALESSANDRIA – STRADA CASALE N. 50/A ALESSANDRIA, condannato con sentenza N. 2013/46 Reg. Gen., emessa in data 05-01-2013 dal Tribunale di MILANO, definitiva il 31-01-2013, inserita nel provvedimento cumulo 20.03.2013 Proc. Rep. c/o Tribunale Milano
OSSERVA

quanto segue.

********
1. – Con provvedimento in data 5 febbraio 2014 il Magistrato di Sorveglianza di Alessandria ordinava l’espulsione dal territorio dello Stato del cittadino siriano K. A. ai sensi dell’art. 16, comma 5, D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286.
Avverso tale provvedimento il detenuto ha proposto tempestiva impugnazione, deducendo sostanzialmente l’operatività nei suoi confronti del divieto di espulsione ex art. 19, comma 1, d. lgs. 286/1998 (“essendo cittadino Siriano, non può recarsi in Patria perchè al momento c’è in atto una guerra e la sua famiglia è scappata dalla Siria per paura di morire”).

2. – L’impugnazione è fondata.
Va ricordato preliminarmente quanto scritto dalla Corte di Cassazione nella pronuncia “fondamentale” in subiecta materia.

Trattasi, più esattamente, di Cass. pen., Sez.  VI, sentenza 28 aprile 2010, n. 20514, Arman Ahmed ed altri, nella cui motivazione sta in particolare scritto quanto segue:
“La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, (resa esecutiva con L. n. 848/1955), la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (resa esecutiva con L. n. 489 del 1988) e il Patto Internazionale sui diritti civili e politici (reso esecutivo con L. n. 881 del 1977) proibiscono la tortura e i trattamenti inumani e degradanti e prescrivono il divieto di refoulement, ovvero di rimpatrio a rischio di persecuzione. Il divieto di refoulement è assoluto e si applica ad ogni persona, senza considerazione ne’ del suo status ne’ del tipo d’imputazione o di condanna, ed indipendentemente dalla natura del trasferimento, comprese l’estradizione o l’espulsione. Proprio con riferimento alla Tunisia, il 28 febbraio 2008, la Grande Camera della Corte Europea, nel caso Saadi c. Italia, ha statuito che la messa in esecuzione della decisione di espellere il ricorrente verso quel paese integrerebbe una violazione dell’art. 3 della Convenzione, che vieta la sottoposizione a tortura, a pena o trattamento inumani o degradanti. Tale decisione è stata fondata sulla considerazione di diritto, secondo cui l’art. 3 stabilisce una protezione assoluta della persona e impone di non estradarla o espellerla quando essa corre, nel Paese di destinazione, un rischio reale di essere sottoposta ai trattamenti inumani o degradanti, e sulla constatazione di fatto emergente dai rapporti sulla Tunisia d’affidabili organizzazioni internazionali (Amnesty International e Human Rights Watch, corroborati da relazioni del Dipartimento di Stato americano), che segnalano numerosi e regolari casi di tortura e di maltrattamenti in quel Paese relativamente a persone accusate ai sensi della legge antiterrorismo del 2003. ‘Le pratiche denunciate – che si verificherebbero spesso durante il fermo e allo scopo di estorcere delle confessioni – vanno dalla sospensione al soffitto alle minacce di violenza sessuale, passando per le scariche elettriche, l’immersione della testa in acqua, le percosse e le bruciature di sigarette, ossia pratiche che senza alcun dubbio raggiungono la soglia di gravità richiesta dall’art. 3 della Convenzione. Le accuse di torture e di maltrattamenti non sarebbero esaminate dalle autorità tunisine competenti, che si rifiuterebbero di dar seguito alle denunce e utilizzerebbero regolarmente le confessioni ottenute sotto costrizione per giungere a condanna’.
In tali condizioni, la Corte Europea ha ritenuto che, nella fattispecie, sussiste un rischio reale che la persona sottoposta ad espulsione verso la Tunisia potrebbe subire dei trattamenti contrari all’art. 3 della Convenzione.
Da tale pronuncia deriva per ogni articolazione istituzionale della Repubblica la necessità di verificare il rigoroso rispetto dell’art. 3 della Convenzione e, specificamente, per ogni organo giurisdizionale competente a deliberare decisioni che comportano trasferimenti di persone verso la Tunisi…”.

Orbene!

Queste stesse considerazioni, se non sono più attuali per la Tunisia [proprio in Tunisia, infatti, nel 2011 sono iniziati  quegli straordinari eventi interessanti diversi Paesi islamici (c.d. Primavera Araba), che hanno portato all’uscita dalla scena politica del Dittatore Ben Alì ed all’avvio di un processo di evoluzione del sistema politico in senso democratico], lo sono ancora per la Siria.

Basta richiamare al riguardo la seguente nota di Amnesty International (in http://www.amnesty.it/mena/Siria).

“In Siria, la famiglia al-Assad ha governato con il pugno di ferro per 40 anni attraverso uno stato di emergenza, reprimendo e punendo ogni dissenso. Il 18 marzo 2011, dopo che le autorità avevano represso una manifestazione per lo più pacifica, le proteste hanno iniziato a diffondersi nel paese. Nei mesi successivi, la Siria è finita nel baratro del conflitto armato interno con forze governative e milizie armate che si sono rese responsabili di crimini di guerra, quali attacchi indiscriminati e mirati contro i civili, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, uccisioni sommarie e torture. A loro volta i gruppi armati di opposizione hanno catturato ostaggi e commesso esecuzioni sommarie e torture, seppur su scala minore. 
 Inoltre, decine di giornalisti sono stati imprigionati ingiustamente, torturati, sottoposti a sparizioni forzate e 36 uccisi da forze governative e gruppi armati d’opposizione, per impedire loro di occuparsi della situazione in Siria, comprese le violazioni dei diritti umani. Gli attacchi deliberati contro i civili, compresi i giornalisti, sono crimini di guerra e i responsabili devono essere portati di fronte alla giustiziaDal 2011, il conflitto siriano è proseguito in un bagno di sangue mentre la comunità internazionale è rimasta inattiva, incapace di accordarsi sui passi da intraprendere davanti a tanta atrocità.  Il 14 settembre 2013, Stati Uniti e Russia hanno raggiunto un accordo che impone alla Siria di porre il suo arsenale chimico sotto controllo internazionale, per essere poi distrutto. Per Amnesty International,  l’accordo è un passo avanti ma occorre accertare le responsabilità sulle denunce di attacchi con le armi chimiche del 21 agosto e sui crimini contro l’umanità e crimini di guerra compiuti ogni giorno  con armi convenzionali.
I numeri del conflitto in Siria: oltre 100.000 persone sarebbero state uccise; oltre 2 milioni di rifugiati (di cui la metà minori, in gran parte di età inferiore agli 11 anni); oltre 4,25 milioni di profughi interni”.
3.- Conclusivamente: essendo provato che l’impugnante è cittadino siriano (v. documentazione allegata alla nota della Casa di Reclusione di Alessandria in data 12 ottobre 2013 e comunicazione della Questura di Alessandria in data 30 gennaio 2014), la messa in esecuzione del gravato provvedimento di espulsione esporrebbe lo stesso a concreto rischio di trattamenti inumani o degradanti nel suo Paese di origine: in violazione delle suindicate Convenzioni internazionali e, in particolare, dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
P.Q.M.
annulla l’impugnato provvedimento di espulsione emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Alessandria in data 5 febbraio 2014 nei confronti di K. A.
[OMISSIS]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.