Il recidivo può ottenere la concessione delle attenuanti generiche previsto dall’art. 62 bis c.p. nel caso in cui abbia avuto un comportamento collaborativo anche in seguito alla commissione del reato.
E’ quanto stabilito dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 183 del 10 giugno 2011, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 62bis, co. 2, c.p., come sostituito dall’art. 1 co.1 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui stabilisce che, ai fini dell’applicazione del primo comma dell’art. 62 bis, non si possa tenere conto della condotta del reo susseguente al reato il quale è in una situazione di recidiva reiterata.

La Corte ha ritenuto che l’esclusione di una valutazione che riguardi l’applicazione delle attenuanti generiche in relazione alla condotta positiva tenuta dall’imputato in seguito alla commissione del reato, si pone in  contrasto con il principio di ragionevolezza, soprattutto se esclusa per via della recidiva.
Infatti quest’ultima,  riferendosi a fatti remoti, non deve condizionare  la nuova decisione, soprattutto quando questa avvenga a distanza di anni, durante i quali l’imputato avrebbe potuto tenere un comportamento volto alla risocializzazione.
Per cui la personalità dello stesso potrebbe essere completamente diversa da quella presente al momento della commissione del fatto.
Precisa la Corte che “la recidiva rinviene nel fatto di reato il suo termine di riferimento, la condotta susseguente di proietta nel futuro e può segnare una radicale discontinuità negli atteggiamenti della persona e nei suoi rapporti sociali, che, pur potendo essere di grande significato per valutare l’attualità della capacità a delinquere, sono indiscriminatamente neutralizzati ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche”.
 

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