La Corte di Cassazione ha puntualizzato che la disposizione di cui all’art. 660 cod. pen. – la quale punisce la molestia e il disturbo arrecati con il mezzo del telefono o altri analoghi mezzi di comunicazione – non può essere interpretata estensivamente in modo da ricomprendere l’invio di un messaggio di posta elettronica che provochi turbamento o fastidio nel destinatario, condotta non prevista dalla legge come reato.
Come per la corrispondenza epistolare in forma cartacea, inviata, recapitata e depositata nella cassetta (o casella) della posta sistemata presso l’abitazione del destinatario, l’invio di un messaggio di posta elettronica non comporta un’immediata interazione tra il mittente e il destinatario, né alcuna intrusione diretta del primo nella sfera di attività del secondo: e ciò adifferenza della telefonata (e del messaggio di testo telefonico: cosiddetto sms), relativamente alla quale si giustifica, invece, la scelta normativa di ampliare la tutela penale dell’articolo 660 del c.p., altrimenti limitata alle molestie arrecate “in luogo pubblico o aperto al pubblico”, proprio per il carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, con conseguente lesione, in tale evenienza, della propria libertà di comunicazione.
(Cass. Penale Sez. I, sentenza 17 – 30 giugno 2010, n. 24510)
 

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