E’ ammissibile la rinuncia all’impugnazione contenuta in un atto a firma del ricorrente trasmessa via fax alla cancelleria del giudice “ad quem” non essendo il rispetto delle forme di cui all’art. 589 c.p.p. previsto a pena di inammissibilità.

In caso di rinuncia all’impugnazione il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali ed alla sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, in quanto l’art. 616 c.p.p. non distingue tra le varie possibili cause di inammissibilità.

La Corte ha ritenuto di non dovere condividere il diverso orientamento, espresso in altre pronunce (Sez. 6^, n. 31435 del 24/04/2012 – dep. 01/08/2012, Ighune, Rv. 253229), secondo cui, qualora il ricorso per cassazione sia dichiarato inammissibile per taluna delle cause indicate nell’art. 591 c.p.p., non si applicherebbe la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 c.p.p., riguardando tale previsione soltanto i casi in cui l’inammissibilità sia dichiarata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.
(Cass. Sezione III Penale, 30 aprile – 19 giugno 2014, n. 26477)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio – Presidente –
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. ACETO Aldo – Consigliere –
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso l’ordinanza del tribunale della libertà di LECCE in data 15/10/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. SCARCELLA Alessio;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. D’Ambrosio V., che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per rinuncia;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. OMISSIS che nulla osserva.
1. Con ordinanza del 15/10/2013, depositata in data 25/10/2013, il tribunale della libertà di LECCE, rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di OMISSIS, confermando l’ordinanza di custodia cautelare emessa il 26/09/2013 dal GIP presso il medesimo tribunale.
2. Giova, per una migliore comprensione, precisare in questa sede che la misura oggetto di annullamento era stata applicata al OMISSIS  perchè indagato – unitamente ad altri concorrenti per i quali si procede separatamente -del reato di cui al capo a), previsto dal D.P.R. n. 43 del 1973, art. 291 – quater, con l’aggravante della L. n. 146 del 2006, art. 4 (in relazione all’art. 3, lett. a) e b), per essersi associati tra loro al fine di commettere più delitti di contrabbando di TLE, mediante l’introduzione nello Stato, in più occasioni, di complessivi kg. 1.255,320 (sottoposti a sequestro); in particolare, poi, con riferimento al M.L., risulta dall’imputazione provvisoria contestata al capo n), che al medesimo è stata attribuita una posizione “esecutiva” delle attività del gruppo criminale, caratterizzata da funzione ben delineata dai capi in base alle specifiche competenza e, segnatamente, consistita nell’aver ceduto a tale OMISSIS un quantitativo imprecisato di TLE di contrabbando, in data 12/04/2013.
3. Ha proposto tempestivo ricorso personalmente OMISSIS, impugnando l’ordinanza predetta, chiedendone l’annullamento integrale in ordine ad ambedue le contestazioni mosse e deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p..
3.1. Deduce, con un primo motivo, la violazione di legge (art. 273 c.p.p.) per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione alle ipotesi delittuose ascrittegli.
3.2. Deduce, con il secondo motivo, l’inesistenza di esigenze cautelari, con conseguente violazione dell’art. 274 c.p.p..
3.3. Deduce, infine, con il terzo motivo, l’inadeguatezza ed eccessiva gravita della misura cautelare applicata in violazione dell’art. 275 c.p.p..
3.4. Con atto pervenuto a mezzo fax presso la Cancelleria di questa Corte in data 27 febbraio 2014, l’indagato ha dichiarato di rinunciare al ricorso per cassazione.
4. Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d), attesa l’intervenuta, rituale, rinuncia al ricorso.
5. E’, infatti, ammissibile la rinuncia all’impugnazione contenuta in un atto a firma del ricorrente trasmessa via fax alla cancelleria del giudice “ad quem”, non essendo il rispetto delle forme di cui all’art. 589 c.p.p., previsto a pena di inammissibilità (Sez. 1^, n. 4884 del 26/10/2012 – dep. 31/01/2013, Moltoni, Rv. 254602).
6. Alla declaratoria d’inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 500,00.
7. In proposito, il Collegio ritiene di dover dare continuità all’orientamento recentemente espresso da altra Sezione di questa Corte (Sez. 5^, n. 36372 del 13/06/2013 – dep. 05/09/2013, Rosati, Rv. 256953), non condividendo l’altro orientamento, espresso in talune pronunce di questa Corte (Sez. 6^, n. 31435 del 24/04/2012 – dep. 01/08/2012, Ighune, Rv. 253229), secondo cui, qualora il ricorso per cassazione sia dichiarato inammissibile per taluna delle cause indicate nell’art. 591 c.p.p., non si applicherebbe la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 c.p.p., riguardando tale previsione soltanto i casi in cui l’inammissibilità sia dichiarata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.
Ed invero, tale ultimo orientamento appare in contrasto con il letterale tenore del citato art. 616 c.p.p., il quale, nello stabilire l’applicazione di detta sanzione “se il ricorso è dichiarato inammissibile”, non distingue affatto tra le varie possibili cause di inammissibilità; e, d’altra parte, attesa la peculiarità del mezzo di impugnazione, non appare affatto illogico che anche le ordinarie cause di inammissibilità, quali previste dall’art. 591 c.p.p., diano luogo ad una sanzione che non trova, invece, applicazione quando esse riguardino un’impugnazione di diverso tipo, dovendosi semmai riguardare come difficilmente giustificabile sul piano logico, che, a parità di “rimproverabilità” alla parte privata dell’avvenuta proposizione del ricorso rivelatosi inammissibile, la stessa parte sia o non sia soggetta al pagamento della sanzione a seconda che la causa di inammissibilità sia riconducibile alle previsioni di cui all’art. 606 c.p.p., comma 3 o a quelle di cui all’art. 591 c.p.p..

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di L. 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.