L’isolamento diurno ex art. 72 c.p. è una vera e propria sanzione penale e non una modalità di esecuzione della pena detentiva. Non essendo, quindi, una modalità di vita o di disciplina carceraria ma una risposta sanzionatoria per i delitti concorrenti con quello punito con l’ergastolo, il Magistrato di Sorveglianza non può disporre modalità esecutive tali da renderlo privo di contenuto effettivo.
(Cass. Sezione I Penale, 5-26 febbraio 2014, n. 9300)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente –
Dott. BARBARISI Maurizio – rel. Consigliere –
Dott. MAZZEI Antonella P. – Consigliere –
Dott. SANDRINI Enrico Giusep – Consigliere –
Dott. CASA Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
Amministrazione della Giustizia;
nei confronti di:
OMISSIS;
avverso l’ordinanza 11 giugno 2013 – Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
1. – Con ordinanza deliberata in data 11 giugno 2013, depositata in cancelleria il 12 giugno 2013, il Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia accoglieva l’istanza avanzata nell’interesse di OMISSIS, volta a ottenere la cessazione del divieto di comunicare con altri compagni e della chiusura del blindo durante l’espiazione dell’isolamento diurno, disponendo l’immediata apertura del blindo medesimo.
Il giudice argomentava la propria decisione rilevando che, dalla lettura del D.P.R. n. 230 del 2000, art. 73 si evinceva che il divieto di comunicare riguardava esclusivamente l’isolamento come sanzione disciplinare e non anche l’isolamento diurno ex art. 72 cod. pen. che è una vera e propria sanzione penale e non una modalità di esecuzione della pena detentiva. Al contrario, il richiamo al lavoro, alle funzioni religiose e anche genericamente ad attività di formazione e istruzione in relazione all’isolamento diurno come sanzione accessoria mal si conciliava con una possibile estensione di un divieto che è proprio invece della sanzione disciplinare.
2. – Avverso il citato provvedimento ha interposto tempestivo ricorso per cassazione l’Amministrazione della Giustizia in persona del Ministro in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato chiedendone l’annullamento.
In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente cinque motivi:
a) con il primo motivo di impugnazione veniva rilevato l’esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi non consentita ai pubblici poteri ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. a); disponendo per vero che il provvedimento adottato avesse valore di indirizzo interpretativo nei confronti della direzione degli Istituti penitenziari di OMISSIS, invitando la Direzione ad adeguarvisi in relazione a tutti gli altri detenuti, il giudice aveva svolto una potestà organizzativa riservata per legge all’amministrazione, dettando così regole generali di comportamento e, nella pratica, regolamentari;
b) violazione dell’art. 72 cod. pen., D.P.R. n. 230 del 2000 e R.D. 18 giugno 1931, n. 787, art. 203 con conseguente inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche;
veniva osservato che, dal combinato disposto dell’art. 73 cit. D.P.R., R.D. 18 giugno 1931, n. 787, art. 203 si evinceva che il detenuto soggetto a isolamento diurno non è ammesso alla vita in comune, salvo, in via di eccezione, a essere ammesso allo svolgimento di attività di elevato contenuto rieducativo;
c) violazione dell’art. 72 cod. pen., art. 73 cit. D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 e R.D. 18 giugno 1931, n. 787, art. 203 con conseguente inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche e illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e); in particolare il giudice aveva assegnato un significato al termine isolamento che non era proprio del suo tradizionale significato nella lingua italiana;
d) violazione dell’art. 72 cod. pen., D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 73 e R.D. 18 giugno 1931, n. 787, art. 203 con conseguente inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche e illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b); nessuna violazione a norme costituzionali era infine ravvisabile nella separazione del soggetto dalla vita dei altri codetenuti.
3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio come da dispositivo.
Come è stato evidenziato dalla sentenza della Corte Costituzionale 14/18 ottobre 1996 n. 351, l’isolamento del detenuto dal resto della popolazione carceraria deve intendersi potenzialmente non ricompresa nell’ordinario trattamento penitenziario, dovendo intendersi che la regola generale sia quella dell’ammissione del condannato alla vita in comune onde consentire e favorire il suo processo di risocializzazione e il suo recupero al contesto sociale ai sensi dell’art. 27 Cost., comma 3. Ogni provvedimento che tende pertanto a una separazione in tal senso del detenuto deve intendersi di natura eccezionale.
3.1 – Ciò posto, deve ritenersi tuttavia sussistere un regime derogatorio a quello ordinario di vita in comune, qual è quello dell’isolamento continuo (diurno e notturno) per le finalità previste dalla legge tra cui (oltre all’isolamento sanitario, giudiziario e disciplinare) l’isolamento come sanzione penale, disciplinato non dall’ordinamento penitenziario, bensì dall’art. 72 cod. pen..
Nonostante l’art. 72 c.p., comma 3 precisi che la condanna all’isolamento diurno non precluda all’ergastolano di partecipare all’attività lavorativa, come specificato anche dal regolamento d’esecuzione che consente agli ergastolani di svolgere attività lavorativa, di istruzione e di formazione (diverse dai normali corsi scolastici) nonchè di partecipare alle funzioni religiose (art. 73, comma 5 reg. es.), deve rilevarsi che l’isolamento continuo come sanzione penale, proprio per la sua natura di sanzione penale si verifica un rovesciamento della regola ordinaria di non separazione perchè giustificato dal fatto di costituire, esso isolamento, una sanzione di inasprimento dell’ergastolo, anch’essa sanzione penale.
3.2 – Sotto questo profilo, pertanto, il provvedimento impugnato non si profila correttamente motivato dal momento che, di fatto, prevedendo l’apertura del blindo anche di giorno, svuota di contenuto la norma che prevede l’isolamento tout court di natura continua.
3.2.1 – Dalla lettura del combinato disposto del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 73 e del R.D. 18 giugno 1931, n. 787, art. 203 si evince chiaramente infatti che colui che è posto in isolamento non è ammesso alla vita in comune, in via di principio, con tutto ciò che tale divieto comporta, perchè questa è la forma esterna della sanzione. Questo non significa tuttavia che tale misura porti a negare al condannato in isolamento ogni contatto con operatori penitenziari, educatori, esperti dell’osservazione e del trattamento” o che gli vieti “ogni possibilità di lettura, di corrispondenza e di colloquio” o di lavoro, ma solo che, in via ordinaria, il soggetto non è posto in contatto con altri detenuti trattandosi di un’intensificazione della pena detentiva perpetua dell’ergastolo.
3.3 – L’isolamento diurno previsto dall’art. 72 cod. pen. non è dunque una modalità di vita o di disciplina carceraria, ma costituisce una risposta sanzionatoria per i delitti concorrenti con quello punito con l’ergastolo, afferendo alla genesi del rapporto esecutivo e non può ritenersi misura contraria al senso di umanità in contrasto con l’art. 27 Cost., considerato che il condannato sottoposto a tale misura può comunque fare vita in comune e che la funzione della pena non è solamente di emenda del condannato, ma anche di discussione e difesa sociale (funzione deterrente) (v. C. Cost. n. 115/1964).
3.4 – Infine, è appena il caso di osservare che il Magistrato di Sorveglianza ha, nella fattispecie, travalicato la sua competenza funzionale occupandosi di una modalità esecutiva dell’isolamento che non gli compete.
4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 620 cod. proc. pen. come da dispositivo.

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.