Non integra il reato di calunnia la condotta di chi, rilasciando dichiarazioni non veritiere, solleciti esclusivamente l’ammonimento dell’autore del reato ai sensi dell’art. 8 legge n. 38 del 2009 allorquando nessuna querela sia stata presentata.
(Corte di Cassazione, Sezione 6 penale, 

Sentenza 14 marzo 2011, n. 10221
)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito – Presidente
Dott. LANZA Luigi – Consigliere
Dott. FAZIO Anna Maria – Consigliere
Dott. PETRUZZELLIS Anna – rel. Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Ga. Fr. , nata a (OMESSO), nella qualita’ di parte civile avverso la sentenza del 17/06/2010 del Gup del Tribunale di Modica emessa nei confronti di:

1. Co. Sa. , nato a (OMESSO);

2. Lo. Le. , nata a (OMESSO);

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. PETRUZZELLIS Anna;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DELEHAYE Enrico, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;

uditi i difensori, avv. Giorgio Terranova per Ga. Fr. , che si e’ riportato al ricorso, e avv. Platania Enrico, in sostituzione dell’avv. Platania Maria, per Co. Sa. e Lo. Le. , che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La parte civile Ga.Fr. propone ricorso avverso la sentenza del 17/6/2010 del Gup del Tribunale di Modica con la quale si e’ dichiarato non luogo a procedere nei confronti di Co. Sa. e Lo.Le. per il delitto di calunnia.

La decisione e’ fondata sull’ipotesi di non configurabilita’ del delitto di calunnia nel caso, quale quello in esame, in cui i due indagati, pur avendo esposto circostanze risultate poi non veritiere, avevano espresso tale falsa prospettazione solo nella richiesta di ammonimento inoltrato all’ufficio di Polizia di Modica ai sensi del Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11, articolo 8, comma 2 convertito dalla Legge 23 aprile 2009, n. 38, non in uno degli atti indicati dalla disposizione incriminatrice.
2. Nel ricorso si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione osservando che nell’esposto le si attribuiscono fatti penalmente rilevanti, inquadrabili nel reato di molestie, sicche’ era astrattamente possibile che l’atto venisse trasmesso all’autorita’ giudiziaria. Richiamata la giurisprudenza che esclude la necessita’ di una denuncia formale per la configurabilita’ del delitto di calunnia, si lamenta illogicita’ della motivazione, dovendo ritenersi che proprio il mancato inoltro della denuncia all’autorita’ giudiziaria da parte di quella amministrativa destinataria della richiesta di ammonimento evidenzia l’infondatezza dell’accusa, e la sua natura calunniosa. Si chiede pertanto l’annullamento del provvedimento, con le conseguenze di legge.
3. La difesa degli imputati ha depositato memoria nella quale si deduce l’inammissibilita’ del gravame proposto dalla controparte, eccependo che con esso si sollecita una diversa qualificazione dei fatti, previa diversa valutazione di merito, inibita in sede di legittimita’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile. Come compiutamente riferito nella sentenza impugnata le parti lese hanno formulato un atto tipico, costituito dalla sollecitazione all’ammonimento, previsto dal Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11, articolo 8 convertito dalla Legge 23 aprile 2009, n. 38, ove espressamente e’ previsto che tale istanza venga formulata “Fino a quando non e’ proposta querela per il reato di cui all’articolo 612 bis c.p.”. 

L’ inciso contenuto nella norma esclude che a seguito della sua proposizione le circostanze in esso riferite possano creare un obbligo per l’autorita’ destinataria di trasmissione all’autorita’ giudiziaria, risultando evidente dal tenore della disposizione richiamata che si verta in una fase del tutto preliminare all’azione penale, il cui esercizio rimane eventuale, esercizio che si tende ad escludere proprio con l’emissione dell’atto amministrativo, cui e’ connessa una funzione preventiva.

Tali elementi escludono che, neppure in via ipotetica, l’atto proposto possa produrre il pericolo dell’instaurazione di un giudizio penale, che costituisce l’essenza del reato di calunnia ipotizzato, sicche’ anche l’espressione in essa di circostanze non vere potra’ dar luogo ad istanze risarcitorie, ma non e’ idonea a realizzare l’ipotesi di reato, mancando il pericolo ad essa connesso di un inutile svolgimento dell’attivita’ accertativa degli organi inquirenti.

La natura tipica dell’atto proposto, espressamente richiamata nel corpo della richiesta inoltrata, e la sua consegna all’autorita’ amministrativa competente all’emissione del provvedimento, consente di escludere la possibilita’ che questa d’ufficio, potesse ravvisare nell’azione compiuta reati di natura diversa, facendone denuncia all’autorita’ giudiziaria, fornendo un’interpretazione alla volonta’ dei richiedenti esclusa dalla dizione normativa; cio’ impone di escludere la fondatezza della prospettazione accusatoria, e conseguentemente, la ricorrenza della violazione di legge eccepita nell’atto introduttivo.

In applicazione dell’articolo 616 c.p.p. deve disporsi la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ della somma indicata in dispositivo, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 di favore della cassa delle ammende.

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