Sono utilizzabili le intercettazioni per un reato diverso da quello per cui sono state autorizzate, allorquando ci sia un collegamento soggettivo e oggettivo con l’imputato e con il reato per cui tali attività di indagine sono state dispote.
Sussistendo tale collegamento, non è necessario che il nuovo reato rientri tra quelli per cui è consentita un’autonoma attività di intercettazione ex art. 266 c.p.p..

(Cass. Penale, Sez. VI, 
sentenza 26 settembre 2011, n. 34735
)

Corte Suprema di Cassazione
Sezione Sesta Penale
Sentenza 26 settembre 2011, n. 34735

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovanni – Presidente
Dott. GARRIBBA Tito – Consigliere
Dott. CORTESE Arturo – Consigliere 


Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere 


Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere 


ha pronunciato la seguente: 



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) AN. LU. N. IL (OMESSO);

2) DE. CH. GI. N. IL (OMESSO);

3) DE. RU. FA. N. IL (OMESSO);

4) MA. ET. N. IL (OMESSO);

5) SI. GI. N. IL (OMESSO);

6) S. G. N. IL (OMESSO);

7) TR. GI. N. IL (OMESSO);

8) HA. SRL;

avverso la sentenza n. 1318/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del 03/03/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/06/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FODARONI Maria Giuseppina che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla sospensione e non menzione e rigetto nel resto per Si. ; rigetto per De. Ch. ; inammissibilita’ per tutti gli altri ricorsi;

Udito, per la parte civile Az. Osp. SALVINI, l’Avv. PINTO Annamaria di Milano in sostituzione dell’Avv. FERRARI Giuseppe F. di Milano la quale chiede l’inammissibilita’ dei ricorsi e la condanna alle spese dei ricorrenti;

Uditi i difensori: Avv. SEVERINO Paola di Roma per De. Ch. , e l’Avv. BRIOLA Giovanni di Milano; l’Avv. DELLA SALA Paolo di Milano per De. Ru. ; l’Avv. VACCARO Alessandro di Genova per HA. srl.; l’Avv. DEDOLA Giovanni M. di Milano per Si. ; l’Avv. SASSI Carlo per An. e Ma. , nonche’ in sost. avv. CACCIARI Isabella per S. ; l’Avv. GIARDA Angelo L. di Milano per Tr. .

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nel contesto di un complesso procedimento penale che vedeva contestati a piu’ soggetti reati di corruzione e turbata liberta’ degli incanti nell’ambito di forniture di materiale e strumentazione del settore della raccolta e del trattamento del sangue a vari enti pubblici ospedalieri, giungono al giudizio di questa Corte di legittimita’ parti delle vicende relative a:

- capo 1, appalto dell’Azienda ospedaliera di (OMESSO), aggiudicata a HA. IT. SR. (H. , imputati AN. Lu. (responsabile vendite di Ba. It. spa), MA. Et. (agente di HI. ), TR. Gi. (direttore commerciale di HI. ), insieme con Fu. Gi. (agente HI. ) processato separatamente: consumazione dal (OMESSO);

- capo 2, istigazione alla corruzione di S. L. , primario dell’azienda di (OMESSO), imputato TR. , consumazione del (OMESSO);

- capo 3, appalto dell’Ospedale di (OMESSO), imputato TR. (insieme con VA. Iv. , RI. Pu. e R. A. , processati separatamente), consumazione dal (OMESSO);

- capo 4, appalto dell’Ospedale di (OMESSO), imputati TR. e MA. (insieme con Va. e Ri. ), quantomeno dall'(OMESSO);

- capo 5, corruzione di M. F. – deceduto – primario dell’ospedale di (OMESSO), imputati TR. e DE. RU. Fa. (legale rappresentante di HI. ), consumazione dal (OMESSO);

- capo 7, corruzione di M. , imputati DE. CH. Gi. (legale rappresentante di IM. IT. SPA) e S. G. (legale rappresentante di societa’ che agiva in nome e per conto di ella Im. It. spa), sino al (OMESSO);

- capo 9, corruzione di SI. Gi. (primario dell’Ospedale Maggiore Policlinico di (OMESSO)) da parte di DE. CH. per Im. It. , imputato SI. , dal (OMESSO);

- capo 10, speculare al 9, imputato DE. CH. ;

- capo 11, corruzione di SI. in favore della societa’ OR. CL. DI. , imputato SI. , fatti dal (OMESSO);

- capo 12, corruzione di SI. in favore di KA. LA. IN. , imputato SI. , dal (OMESSO);

capo 13, appropriazione indebita continuata e aggravata di somme in denaro contante (per complessivi almeno 100.000 franchi svizzeri e 30.000 euro) in danno della Fondazione (OMESSO), imputati SI. e GH. Ri. (rispettivamente segretario tesoriere e presidente del consiglio di amministrazione), sino al (OMESSO);

- capo 15, illecito amministrativo Decreto Legislativo n. 231 del 2001, ex articolo 25 in relazione ai fatti di cui al capo 5, dal (OMESSO).

Il TRIBUNALE di Milano (sentenza in data 17.4-15.7.2008):

- condannava AN. , MA. e TR. per il capo 1; TR. per i capi 2 e 3; MA. e TR. per il capo 4; DE. RU. e MA. per il capo 5; DE. CH. e S. per il capo 7; SI. per i capi 11 (fatti successivi al (OMESSO)), 12 e 13;

HA. IT. per il capo 15;

dichiarava prescritti i reati di cui ai capi 9 ( SI. ), 10 ( DE. CH. ), 11 fino al (OMESSO) ( SI. ).

- condannava AN. , MA. e TR. al risarcimento dei danni in favore dell’Ospedale di Garbagnate, assegnando provvisionali.

Con sentenza del 3.3-26.5.2010 la CORTE D’APPELLO di Milano, in parziale riforma:

- assolveva MA. dal capo 1;

- assolveva SI. dal reato del capo 12 e dichiarava prescritti i residui fatti di cui al capo il;

- in relazione al capo 13 ( SI. e GH. ) dichiarava prescritti i fatti precedenti l’ultimo versamento del febbraio 2004;

- confermava nel resto.

2. Questi i ricorsi, con i rispettivi motivi.

2.1 AN. (avv. Sassi; con riferimento al capo 1, turbativa d’asta all’ospedale di (OMESSO)):

- mancanza e/o contraddittorieta’ della motivazione con riferimento alla posizione del ricorrente sul punto specifico della turbativa d’asta avvenuta “in corso di gara”, perche’ la Corte distrettuale avrebbe immotivatamente privilegiato la sola deposizione Ce. , trascurando quelle Br. , V. e S. favorevoli all’imputato, in ordine ai tempi dell’episodio;

mancanza, contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione con riferimento alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento dal Fu. : la Corte ambrosiana non avrebbe risposto alle articolate censure difensive sull’inattendibilita’ del Fu. , invertendo il senso della doglianza sulla mancata originaria sua denuncia dei fatti e rispondendo solo in modo apparente sul punto dei riscontri, con una ricostruzione complessivamente inverosimile tenuto conto della peculiarita’ della gara;

mancanza di motivazione con riferimento alla consulenza tecnica del prof. B. , che aveva escluso l’interesse e la possibilita’ economica della Ba. di partecipare ad una gara con base d’asta cosi’ bassa;

- intervenuta prescrizione del reato dopo la lettura del dispositivo e prima del deposito della sentenza d’appello, quindi, secondo il ricorrente, ancora durante la pendenza della fase di merito.

2.2 MA. (avv. Sassi):

1- quanto al reato sub 1, violazione di legge per l’omessa riduzione della provvisionale posta a carico del ricorrente, in ragione dell’esclusa solidarieta’ con i coimputati AN. e TR. e dell’assoluzione per questo capo;

2- quanto al reato sub 4 (turbativa d’asta all’ospedale di (OMESSO)):

2/1. mancanza della motivazione con riferimento alla consulenza tecnica del prof. B. , che aveva escluso la possibilita’ economica della Ba. di partecipare ad una gara con base d’asta cosi’ bassa;

2/2. mancanza della motivazione con riferimento all’assenza di poteri in capo al ricorrente.

2.3 DB. RU. (avv. Della Sala; riferimento al capo 5):

1- violazione di legge e nullita’ del decreto che dispone il giudizio relativamente al capo 5, per indeterminatezza degli elementi costitutivi della fattispecie, perche’ esso avrebbe omesso di indicare quando e dove la promessa del presunto accordo corruttivo sarebbe sorta, anche in ordine ai singoli tre assegni in dollari, all’esatta individuazione della societa’ capogruppo e dei soggetti effettivamente operanti;

2- violazione dell’articolo 268 c.p.p., comma 7 e nullita’ della testimonianza del m.llo ro. all’udienza 11.10.2007 aventi per oggetto il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, perche’ avendo lo stesso deposto senza che le trascrizioni fossero ancora a disposizione, il contraddittorio sarebbe stato non “pieno e consapevole” e, in ogni caso, non avrebbe potuto mai deporre sul contenuto delle conversazioni; precisa il ricorrente che la doglianza riguarderebbe “non tanto la legittimita’ della testimonianza assunta, quanto la legittimita’ dell’operazione con la quale i risultati dell’intercettazione sono introdotti nel processo”;

3- violazione dell’articolo 522 c.p.p. per omessa correlazione tra accusa e sentenza, in relazione al ritenuto generale asservimento (mercimonio) della funzione pubblica da pare del M. , da intendersi come fatto storico diverso, a fronte di due specifici e soli atti/contratti indicati nell’imputazione, il che spiegherebbe l’omessa motivazione sulla circostanza per il ricorrente determinante, dedotta in appello, dell’avere altri ospedali acquistato prodotti HA. con trattativa privata, e vizierebbe comunque la decisione, di fatto non risultando argomentati episodi specifici oggetto del mercimonio comunque necessari, sicche’ la conclusione – nuova – di tale asservimento risulterebbe illegittimamente sganciata dai singoli episodi in contestazione, diversamente da quanto aveva invece fatto il Tribunale,- in definitiva, oggetto dell’accusa, e della condanna d’appello, sarebbe divenuta la sola contiguita’ tra M. e Ha. ;

4- mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione: la Corte distrettuale avrebbe omesso di rispondere ai motivi d’appello, contestualmente indicando un percorso argomentativo diverso da quello del Tribunale, nonostante il dichiarato iniziale richiamo, in particolare in ordine:

. al significato delle intercettazioni telefoniche ed ambientali e delle email, che si era dedotto non riferibili a pagamenti corrispondenti all’aumento della fornitura o al contratto biennale; la Corte le avrebbe ritenute prova della “nuova” imputazione sostanziale di costante disponibilita’ ad assecondare gli interessi di HA. , fatto diverso dalla contestazione specifica, senza mai argomentare specificamente ed indicare prove del rapporto sinallagmatico relativo alle due specifiche forniture, al di fuori del richiamo alla conversazione 152/2003;

. al carattere fittizio dei rapporti di consulenza tra M. e la HA. , in relazione alle deduzioni d’appello, anche con richiamo a prove testimoniali e documentali, sull’effettivita’, pubblicita’ e liceita’ del rapporto di consulenza (anche secondo la normativa del contratto collettivo e l’episodio (OMESSO)), con argomentazione contraddittoria sul punto della promozione dei prodotti, ammessa come oggetto effettivo dell’accordo documentato, della sovrapposizione tra le tematiche della sussistenza e quella della irregolarita’ per omessa comunicazione all’azienda ospedaliera, nonche’ tra quelle della qualita’ dei soggetti che parlavano della retribuzione rispetto al soggetto formalmente stipulante la consulenza e della natura commerciale-professionale anziche’ di tipo scientifico; in definitiva il Giudice ambrosiano avrebbe indugiato ad un giudizio etico/morale, irrilevante a fondare la responsabilita’ penale per il fatto contestato;

la Corte distrettuale avrebbe altresi’ omesso la motivazione sui punti devolutile, con specifici richiami documentali e testimoniali, del rapporto tra la nascita del rapporto di consulenza e il suo ruolo di primario, del ritenuto incremento di forniture di HA. , della fornitura di questa all'(OMESSO), anche travisando il dato della consulenza G. e ignorando la deposizione m.llo D. sul punto dell’incremento del fatturato;

. al significato delle dichiarazioni di esclusivita’ (risultata non effettiva ma comunque idonea a eliminare procedure di evidenza pubblica), con travisamento delle dichiarazioni del teste vi. , solo dubitative nel caso specifico e confermanti la prassi in generale, con omessa motivazione sul punto dell’essere stati i prodotti de quibus oggetto di acquisto a trattativa privata anche da parte di altri ospedali italiani;

5- mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 323 c.p., in ragione della possibile incompatibilita’ tra i due rapporti paralleli in essere, secondo il ricorrente, quello tra HA. Si. SA. e M. , come consulente esterno, e quello tra costui e l’Azienda Ospedaliera (OMESSO), come primario, tenuto conto dell’irregolarita’ della mancata formalizzazione del rapporto con l’Ospedale e quando si ravvisasse il dolo intenzionale di procurare vantaggio a terzi, essendo la relazione economica non correlata direttamente alla commissione dell’atto contrario ai doveri d’ufficio;

6- violazione dell’articolo 319 bis c.p. e omessa motivazione sul mantenimento di tale aggravante specifica, conseguente alla modifica della struttura della contestazione, che ora prescinderebbe da singoli episodi corruttivi;

7- omessa motivazione sul trattamento sanzionatorio, quanto ad entita’ della pena e riconoscimento dell’attenuante ex articolo 62 c.p., n. 6, perche’ la motivazione non darebbe conto “sufficientemente preciso” delle ragioni di reiezione delle richieste d’appello, con riferimento al risarcimento operato nei confronti dell’Ente ospedaliere, prima costituito parte civile per questo capo di imputazione.

2.4 TR. (avv. Giarda, capi da 1 a 5):

1- nullita’ del decreto che dispone il giudizio (e conseguentemente dell’ordinanza 5.6.2007 e della sentenza d’appello) relativamente al capo 5, per indeterminatezza degli elementi costituivi della fattispecie, in ordine in particolare ai soggetti che concretamente avevano concluso i contratti di consulenza con il M. , disposto e poi eseguito i pagamenti, alle modalita’ fattuali e temporali di tali momenti, alla correlazione causale all’attivita’ di consulenza quale scienziato di fama mondiale piuttosto che come primario, ai fatti/atti contrari ai doveri d’ufficio, al luogo di consumazione (rilevante per la procedibilita’). Le risposte della Corte sarebbero mancanti o apparenti o illogiche (in particolare l’eccezione sul luogo afferendo alla competenza e non alla sussistenza del reato);

2- nullita’ dell’ordinanza 5.6.2007, e conseguentemente della sentenza d’appello che quella confermava, quanto all’ammissione delle intercettazioni trascritte come prova, decisiva, anche per il capo 4 (articolo 353 c.p.), non rientrante tra quelli previsti a norma dell’articolo 266 c.p.p.: tali intercettazioni erano state autorizzate per vicende corruttive con ipotesi provvisoria poi archiviata; la Corte distrettuale erroneamente avrebbe richiamato l’articolo 270 c.p.p., travisando il contenuto dell’eccezione, che aveva devoluto appunto il diverso tema della possibilita’ di estendere, all’interno del medesimo procedimento, i risultati delle intercettazioni telefoniche a reati diversi dai reati presupposto e per i quali le intercettazioni non erano consentite; l’assunto difensivo troverebbe sostegno nella sentenza di questa Corte 12562/2010 in caso strutturalmente analogo;

3- nullita’ dell’ordinanza 11.10.2007, e della sentenza d’appello che la confermava, “concernente la possibilita’ di effettuare riferimenti ai brogliacci delle intercettazioni telefoniche da parte del teste m.llo ro. , benche’ non fossero state ancora depositate le trascrizioni peritali delle conversazioni telefoniche intercettate”. Il ricorrente deduce che il teste sarebbe stato “essenziale per la ricostruzione dei fatti principali del processo” e che la Corte distrettuale gli ha attribuito l’aver riferito “i termini ed i modi degli accertamenti che portavano alle odierne contestazioni” e precisa che all’udienza dell’11.10.2007 il teste avrebbe ricostruito i fatti di indagine “facendo per gran parte riferimento alle trascrizioni delle intercettazioni contenute nei brogliacci” di polizia giudiziaria: ma – sembra essere la deduzione specifica – cio’ avrebbe violato la regola per la quale unico e insostituibile mezzo per trasferire correttamente il contenuto fonico delle intercettazioni in un documento cartaceo ritualmente utilizzabile sarebbe solo la perizia di trascrizione integrale, ai sensi dell’articolo268 c.p.p., comma 7. La deposizione avrebbe quindi violato tale norma, perche’ intervenuta basando le dichiarazioni e il recupero del ricordo su “documento non utilizzabile”, sorto al di fuori di ogni contraddittorio e senza la regola della perizia. E poiche’ la stessa Corte distrettuale avrebbe dato atto che la trascrizione peritale delle conversazioni e’ stata depositata dopo la deposizione ro. , sarebbe illogica e contraddittoria la motivazione del non avere quel teste deposto in assenza del dato probatorio – trascrizione delle intercettazioni. L’assenza del documento avrebbe impedito il contraddittorio efficace nell’esame del teste e solo suggestivo sarebbe stato il rilievo che comunque i difensori avevano potuto confrontare le dichiarazioni ro. con i contenuti delle intercettazioni trascritte, essendo quelle dichiarazioni originariamente invalide perche’ utilizzanti documenti che utilizzabili non erano. Successivamente il ricorrente precisa che “il problema non investe tanto la legittimita’ della testimonianza assunta, quanto la legittimita’ dell’operazione con la quale li risultati delle intercettazioni sono introdotti nel processo”;

4- in relazione al capo 1, erronea applicazione della legge penale, contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione, quanto all’erronea valutazione dell’origine dell’iniziativa del dr. S. , all’aver ritenuto le dichiarazioni di questi concordi con quelle di Fu. che era invece la fonte anche delle prime e per aver citato deposizioni del tutto contrarie, all’indicazione e valutazione dei riscontri al Fu. , con particolare riferimento al contenuto del verbale di negoziato 31.10.2002 in relazione all’incidenza sul punto delle diverse successive offerte ed alle due telefonate fatte a TR. ; la Corte distrettuale avrebbe specialmente ignorato i punti dell’appello relativi: alla consulenza B. , al cartello Ba. -. HA. , all’accordo tra le due societa’, al problema dell’ordine di chiamata, all’assenza di movente da parte degli agenti Ba. , aspetti tutti invece coerenti con la spiegazione del Fu. nel suo interrogatorio;

5- prescrizione del reato di cui al capo 1;

6- erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine al reato di cui al capo 2, per la lacunosita’ della motivazione del Giudice d’appello rispetto ai motivi devolutile, quanto alle differenze tra le narrazioni di S. , Ce. e Fu. , all’interpretazione autentica data da TR. alle proprie parole, all’assenza del dolo specifico in quanto il fraintendimento dei destinatari non poteva fondarlo; la Corte avrebbe poi omesso di trattare i profili di diritto afferenti la configurabilita’ dell’articolo 322 c.p., con riferimento all’esistenza dell’offerta di denaro finalisticamente collegata ad atti futuri, alla serieta’ della stessa ed all’immediata reazione del destinatario;

7- violazione dell’articolo 521 c.p.p., comma 2 e articolo 522 c.p.p. e vizi della motivazione che ha confermato la responsabilita’, con riferimento al capo 3, perche’ rispetto ad una contestazione ancorata sulla condotta del partecipare alla redazione del capitolato d’appalto con il soggetto incaricato di predisporlo (secondo il ricorrente smentita dal contenuto dell’atto), la Corte avrebbe confermato la condanna richiamando conversazioni successive al capitolato e una condotta di costante affiancamento per raccogliere informazioni utili per la decisione sul prezzo da offrire successiva all’atto, quindi una condotta di indirizzamento. Oltretutto in punto responsabilita’, su questa diversa ipotesi, la Corte distrettuale non avrebbe argomentato i profili dedotti dalla difesa nell’appello, l’intercettazione richiamata in sentenza risultando disattesa da contrari riscontri dibattimentali (la non corrispondenza del capitolato alle aspettative, le dichiarazioni R. e Ri. , la conversazione Ri. – Va. );

8- erronea applicazione della legge penale, contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione, in relazione al capo 4, perche’ la Corte distrettuale “incredibilmente” non avrebbe condiviso le argomentazioni di natura economica svolte nella consulenza B. e nei motivi d’appello, sulla spiegazione della mancata partecipazione della soc. Ba. alla gara, con un “totale travisamento” nell’aver giudicato la Ba. apparentemente favorita dalle condizioni di gara. E perche’ mancherebbe motivazione sul ritenuto concorso di TR. con MA. e Va. ;

9- violazione dell’articolo 522 c.p.p., in ordine al capo 5; il testo riproduce il testo del motivo terzo del ricorso DE. RU. ;

10- erronea applicazione della legge penale in ordine al capo 5, illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione; il testo riproduce il testo del motivo quarto del ricorso DE. RU. ;

11- inosservanza o erronea applicazione della legge penale e mancata riqualificazione del fatto nella fattispecie ex articolo 323 c.p.; il testo del ricorso riproduce il testo del motivo quinto del ricorso DE. RU. ;

12- violazione dell’articolo 319 bis c.p. e omessa motivazione sul mantenimento di tale circostanza aggravante; il testo del ricorso riproduce il testo del motivo terzo del ricorso DE. RU. ;

13- mancanza, contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione sul punto della responsabilita’ civile per i reati di cui ai capi 1 e 2, in ordine alla sussistenza dei danni, patrimoniali e non, ai vizi formali delle conclusioni scritte, all’ambito della delibera di procura speciale limitato al solo capo 1, all’omessa motivazione sul danno morale e sulla quantificazione della provvisionale;

14- “incongruita'” delle pene comminate e mancanza di “adeguata” motivazione sul punto.

2.4.1 Con motivi aggiunti il ricorrente chiede dichiararsi la prescrizione dei reati di cui ai capi l (richiesta gia’ dedotta con il quinto motivo del ricorso originario), 2 e 5 (per quest’ultimo da ritenersi alla data del 13.5.2011, in relazione alle date di consegna degli assegni, essendo irrilevante l’effettivo compimento o meno dell’atto del pubblico ufficiale contrario ai doveri d’ufficio), ed annullarsi con rinvio per la rideterminazione della pena per i capi 3 e 4.

2.5 HA. IT. SRL (avv. Vaccaro):

1- totale carenza di motivazione, per l’inidoneita’ del richiamo per relazione alla motivazione relativa agli imputati, in ragione della non piena sovrapponibilita’ della responsabilita’ penale dei singoli alla responsabilita’ amministrativa delle persone giuridiche ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001; in particolare sarebbe stata omessa la motivazione sui temi dell’interesse e del vantaggio, con i conseguenti risultati effettivi ottenuti dall’agente, in ordine alle vicende del capo 5 (contratti e forniture all’Ospedale (OMESSO)), richiamato dal capo 15 ascritto alla ricorrente, nonostante le specifiche deduzioni d’appello sull’insussistenza di un concreto esito di vantaggio;

2- carenza e illogicita’ della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilita’, perche’ tra HA. Co. (societa’ multinazionale di diritto statunitense, in cui favore il prof. M. avrebbe svolto attivita’ di consulenza), S.A. di Si. (persona giuridica, di diritto svizzero, che aveva corrisposto il prezzo della corruzione per ottenere il vantaggio) e HA. It. srl non sarebbe esistito alcun rapporto.

2.6 DE. CH. (avv. Severino e Briola; riferimento al capo 7):

1- mancanza di motivazione sul primo motivo d’appello, relativo all’eccezione di nullita’ della deposizione del m.llo ro. ;

2- erronea applicazione dell’articolo 319 e mancanza e contraddittorieta’ della motivazione in relazione alla sussistenza del requisito della contrarieta’ dell’atto ai doveri d’ufficio con riferimento alla ed vendita della funzione, perche’ il metodo seguito e dichiarato dalla Corte d’appello si concretizzerebbe nella totale mancanza di valorizzazione del requisito normativo della contrarieta’ ai doveri d’ufficio; non sarebbe stato dato conto compiuto delle ragioni di contrarieta’ dell’attivita’ e degli atti del prof. M. e del pregiudizio concreto per l’ospedale, come per la contestazione della favorevole divulgazione dei prodotti Im. a collega di altro ospedale, rimasta priva di motivazione; sarebbe mancata la risposta alle censure d’appello relative alle singole condotte ascritte (pag. 9 – 14 ricorso), essendo inidonei la citazione di brani delle deposizioni, espressamente oggetto di deduzioni d’appello per la loro interpretazione, ed il richiamo alla ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale, pure contestata; in particolare la Corte distrettuale non avrebbe spiegato i criteri di selezione delle dichiarazioni di M. , da alcune delle quali, specificamente indicate e commentate nell’atto di appello, si sarebbe invece evinta la mera riconduzione dell’attivita’ dello stesso con la Im. a una collaborazione scientifica (pag. 14) e la legittimita’ dei suoi rapporti con gli omologhi primari degli altri ospedali; sul punto e’ stata depositata successiva memoria, con il commento di alcune telefonate e deduzioni di illogicita’ dell’interpretazione;

3- erronea applicazione dell’articolo 319 c.p., inosservanza dell’articolo 522, comma 2 in relazione all’articolo 521 c.p.p., omessa motivazione per la mancata applicazione dell’articolo 531 c.p.p.. La Corte ambrosiana avrebbe stravolto il capo di imputazione, articolato su una pluralita’ di specifiche condotte e di singoli fatti di corruzione, in continuazione tra loro, pervenendo ad un fatto nuovo di vendita della funzione, mai contestato e rispetto al quale non e’ stata svolta difesa. Per la revoca della prima e per la seconda aggiudicazione avrebbe dovuto esser dichiarata la prescrizione, collocandosi tali condotte entro il (OMESSO), cosi’ come per gli eventuali pagamenti ritenuti sussistere prima di quello di 13.500 euro accertato nel (OMESSO);

4- erronea applicazione dell’articolo 319 c.p., mancanza e contraddittorieta’ della motivazione in relazione alla sussistenza dell’accordo corruttivo e alla natura della remunerazione percepita dai pubblici ufficiali, in particolare quanto al collegamento cronologico tra attivita’ e remunerazione ed all’autonomia del patto corruttivo rispetto alle dazioni, secondo il ricorrente non rinvenibile nel solo testo delle intercettazioni riportate nella sentenza d’appello; sarebbe irrilevante in se’ il pagamento all’estero, alla luce del contenuto della deposizione Vi. , riportato nell’atto d’appello, sulla prassi di avvalersi della collaborazione dei rappresentanti delle ditte nella redazione tecnica dei capitolati, contenuto che, non essendo stato espressamente oggetto di motivazione, avrebbe determinato un travisamento della prova. In ordine alla remunerazione, la motivazione si sorreggerebbe su tre affermazioni inidonee, in ordine ai punti della ritenuta discordanza delle dichiarazioni di S. , della rilevanza data al parziale ricordo, delle modalita’ di pagamento, ed avrebbe omesso il confronto argomentativo con le deduzioni d’appello relative alle deposizioni F. e me. e con la dedotta distanza temporale tra i momenti dell’accordo e del pagamento;

5- mancanza, contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione in relazione alle dichiarazioni della V. , esaminata ai sensi dell’articolo 210 c.p.p., per l’omesso confronto con le deduzioni del corrispondente motivo d’appello afferenti le vicende penali e il contenzioso con la Im. , e per l’inesistenza di riscontri diversi dal fatto dell’accertato unico pagamento e relativi agli altri fatti narrati dalla donna; sul punto e’ stata depositata successiva memoria, che tratta in particolare gli aspetti della predisposizione della seconda lettera e dell’allontanamento di altre persone dell’organo direttivo;

6- mancanza, contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione in relazione al coinvolgimento del ricorrente, per l’inidoneita’ logica dei due elementi (coinvolgimento nello specifico pagamento, consapevolezza dei pagamenti in genere operati dalla ditta) a dar conto della partecipazione al generale accordo corruttivo, per la non motivata rilevanza della conversazione S. – M. sulla posizione DE. CH. , e per la non considerata assenza di un apprezzabile vantaggio economico di Im. dall’intera vicenda; su tale ultimo punto la memoria successiva svolge deduzioni di contestazione dei riferimenti al ricorrente, sui rapporti tra lo stesso e S. e sulla strumentalita’ delle dichiarazioni di quest’ultimo.

2.7 S. (avv. Cacciari; riferimento al capo 7):

1- violazione e falsa applicazione degli articoli187, 192 e 533 c.p.p., in punto sussistenza della responsabilita’ oltre ogni ragionevole dubbio, perche’ la Corte distrettuale avrebbe valorizzato, anche con dubbia legittimita’ in relazione alla specifica imputazione (secondo il ricorrente imperniata solo sul versamento di 13.500 euro gia’ giustificata per la partecipazione al convegno di Assago), congetture e spunti inesistenti e autoalimentanti la propria veridicita’, senza valutare con congrua motivazione gli elementi forniti dalla difesa e dalla stessa accusa pro reo e quelli obiettivamente risultanti dai fatti di causa;

2- violazione e falsa applicazione dell’articolo125 c.p.p., comma 3 e articolo 546 c.p.p., articolo 111 Cost., perche’ in definitiva il passaggio motivazionale essenziale (la struttura della condotta illecita articolata su accordo con promessa di plurimi pagamenti di cui uno solo accertato) sarebbe rimedio per salvare l’imputazione, affermando un insussistente asservimento dell’intera funzione mai contestato e pagamenti ulteriori del tutto privi di prova; l’intera motivazione sarebbe squilibrata, soffermandosi su fatti riconducibili a singolo episodio ed invece poi ricavandone meri indizi utilizzate come prove della diversa condotta complessiva;

3- violazione dell’articolo 319 c.p., alla luce degli insegnamenti di Cassazione sentenze 34417/2008 e 20016/2008, perche’ la Corte milanese avrebbe argomentato di un generico asservimento, forzando generiche condotte non trasparenti e ignorando i soli quattro fatti specifici contestati come condotte in concreto contrarie ai doveri d’ufficio, sulle quali il ricorrente (pag. 12 e 13 dell’atto di ricorso) ripropone le proprie valutazioni. E’ stata depositata memoria sul punto della necessaria indicazione di qualita’ e caratteristiche dell’attivita’ specifica che sarebbe stata compravenduta e della determinabilita’ dell’atto;

4- violazione degli articoli 132, 133, 62 bis e 81 c.p., articolo 27 Cost., e difetto di motivazione in ordine alla misura della pena, per l’eccessivita’ della pena e la non giustificazione del giudizio di sola equivalenza delle circostanze, in relazione al caso.

2.8 SI. (avv. Dedola, capi 11 e 13):

1- con riferimento al capo 11 (dichiarato prescritto in appello), erronea applicazione della legge penale e contraddittorieta’, illogicita’ ed apparenza della motivazione, perche’:

1/1. il corruttore avrebbe eventualmente dovuto essere individuato nella persona del dr. be. , responsabile all’epoca dei fatti della Ja. Ci. , che aveva confermato di essere a conoscenza dell’attivita’ di consulenza svolta dal ricorrente, ed invece sentito come teste;

1/2. non sarebbe stata accertata e motivata la conformita’ o meno dei comportamenti del SI. rispetto ai propri doveri d’ufficio o servizio e la relazione causale tra atto ed utilita’, in particolare essendosi valorizzata la mancanza documentale rispetto alle dichiarazioni sul contenuto orale dei frequenti pareri, ignorandosi trasparenza dei compensi ed autorizzazione delle consulenze annuali, e contraddicendosi con le argomentazioni usate per il capo 9;

2- con riferimento al capo 13, violazione di legge e vizi di motivazione sulla configurabilita’ del reato di cui all’articolo 646 c.p.:

2/1. in relazione al momento (e tempo) di consumazione del delitto, secondo il ricorrente da collocare al momento dell’accesso presso la filiale della banca svizzera per decidere della gestione del denaro depositato e degli interessi, quindi il reato sarebbe stato interamente consumato all’estero, mancando la condizione di procedibilita’;

2/2. per la mancata riqualificazione ai sensi dell’articolo 2634 c.c., da considerarsi norma speciale rispetto al 646 c.p., in presenza del conflitto di interessi configurabile per l’accusa di distrazione dei fondi non nell’interesse della Fondazione e per un sostanziale tradimento della fiducia, ed improcedibile per mancanza di querela, avendo tra l’altro il Consiglio di amministrazione ratificato l’operato del ricorrente e del coimputato Gh. ;

3- omessa motivazione in ordine alle richieste di diminuzione della pena ed applicazione della sospensione condizionale della pena e della non menzione; illogicita’ della motivazione sul diniego della prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche in ragione della maggior gravita’ della condotta rispetto a quella del coimputato Gh. . E’ stata depositata memoria sul punto della configurazione dell’articolo 319 c.p..

3.1 Il ricorso di AN. e’ infondato. L’impugnata sentenza va tuttavia annullata senza rinvio nei suoi confronti, essendo intervenuta la prescrizione del reato a lui ascritto sub 1.

I primi due motivi si risolvono in censure di merito. La Corte d’appello ha argomentato specificamente sui punti dedottile, spiegando con motivazione ne’ apparente ne’ manifestamente illogica o contraddittoria (in particolare pagg. 36, 39) le ragioni per cui ha ritenuto le dichiarazioni di Ce. e Fu. soggettivamente ed oggettivamente determinanti in relazione alle alternative ricostruttive proposte dall’appellante, le argomentazioni in ricorso in realta’ sollecitando una rivisitazione del contenuto di merito di quell’apprezzamento.

Il terzo motivo e’ infondato, giacche’ la Corte ha specificamente trattato la questione, sia pure nel contesto del capo 4 (pag. 73).

Il quarto motivo e’ infondato.

Nel processo con rito dibattimentale, anche nel caso di sentenza redatta con motivazione non contestuale, il grado di giudizio si chiude con la lettura del dispositivo, che costituisce il momento di deliberazione irrevocabile della decisione e quindi quello della pronuncia della sentenza.

E’ quindi la deliberazione del dispositivo, e non il deposito del testo della sentenza completo della motivazione, il momento rilevante ad esempio anche ai fini dell’articolo 303 c.p.p., oltre che per l’operativita’ delle disposizioni transitorie della Legge n. 251 del 2005 (SU, sent. 47008/2009; Sez.6, sent. 8983/2010, che in motivazione indica come data dell’emissione della sentenza quella della deliberazione).

L’infondatezza del ricorso, a fronte di una doppia conforme condanna nella fase di merito, assorbe ogni valutazione residuale ai sensi dell’articolo 129 c.p.p. ed impone la conferma, ai sensi dell’articolo 578 c.p.p., della condanna ai fini civili.

3.2 Il ricorso di MA. e’ infondato.

Quanto al primo motivo, e’ vero che l’imputato e’ stato assolto in appello dall’imputazione relativa al capo 1 e che per tale reato il Tribunale aveva condannato il MA. a corrispondere alla parte civile, a titolo di provvisionale suddivisa con gli altri due coimputati (pag. 138 s., statuizione non impugnata dalle altre parti interessate), la somma di euro 20.000. Ma la revoca/inesistenza di tale precedente statuizione di contenuto civilistico e’ gia’ automaticamente conseguente all’assoluzione penale dal capo, che assorbe ogni statuizione civilistica che ha come necessario presupposto l’affermazione di responsabilita’ (arg. ex articolo 574 c.p.c., comma 4 e, del resto, in tal senso induce la stessa sentenza impugnata, p. 44 ultimo paragrafo).

I motivi relativi al capo 4 sono manifestamente infondati ed al tempo stesso diversi da quelli consentiti. La Corte distrettuale ha espressamente argomentato in ordine alla non determinante rilevanza della consulenza tecnica B. (pag. 73) ed alle ragioni di reiezione della prospettazione difensiva secondo la quale MA. non avrebbe avuto poteri decisionali autonomi nella vicenda (pagg. 68ss – 73), con motivazione non apparente, congrua ai dati probatori richiamati, non manifestamente illogica o contraddittoria. Le censure del ricorso su tale capo, pertanto, si risolvono nella rinnovata prospettazione di una rivalutazione di quel materiale probatorio, rispetto al duplice conforme apprezzamento dei due Giudici della fase di merito: censure precluse in sede di legittimita’.

3.3 Il ricorso di DE. RU. , che risponde del solo capo 5, e’ infondato.

Come gia’ esposto nella prima parte della sentenza, alcuni dei motivi di questo ricorrente sono sovrapponibili a quelli del coimputato TR. (quanto a questo specifico capo di imputazione, cosi’ potendo essere trattati congiuntamente in questa sede).

Il primo motivo (indeterminatezza del capo di imputazione) e’ manifestamente infondato: contrariamente alle deduzioni difensive (anche del coimputato TR. ), la Corte distrettuale (e il Tribunale con l’ordinanza 5.6.2007) hanno spiegato con motivazione ne’ apparente ne’ viziata ai sensi della lettera E dell’articolo 606 c.p.p., comma 1 l’irrilevanza degli aspetti concreti secondari afferenti le dazioni delle somme di denaro e degli assegni, alcioni di questi tra l’altro esattamente indicati e pertanto per se’ idonei a consentire ogni difesa, e comunque l’avvenuta indicazione sufficiente degli elementi costitutivi e della loro contestualizzazione spazio-temporale. Le censure della difesa TR. sul contesto territoriale appaiono sostanzialmente generiche e diverse dal consentito, non risultando proposta – e comunque coltivata specificamente – una tempestiva inequivoca contestazione della questione di competenza territoriale, o di procedibilita’, per questo capo (l’ordinanza 5.6.2007 da atto di una eccezione corrispondente solo per i capi 3 e 4, per il 5 da subito essendosi contestata, da parte delle difese, solo l’aspetto afferente l’indeterminatezza del contenuto fattuale dell’imputazione), comunque l’aspetto afferente la procedibilita’ (in ipotesi non soggetto a termine preclusivo) essendo dedotto in termini generici ed eventuali.

Il secondo motivo (afferente la deposizione del teste mar. ro. e comune a piu’ difese) e’ manifestamente infondato. In definitiva risulta dalle sentenze di merito che questo teste e’ colui che si e’ limitato a fornire in dibattimento la spiegazione della complessiva evoluzione delle indagini sull’intera vicenda, non costituendo affatto il veicolo, e neppure uno dei veicoli, di introduzione nel processo del contenuto probatorio proveniente dalle intercettazioni, poi utilizzato trattando le singole posizioni. In particolare, il richiamo al contenuto delle intercettazioni utilizzate volta per volta dai Giudici del merito per apprezzare le singole posizioni processuali risulta sempre avvenuto esclusivamente attraverso la immediata citazione dei testi di trascrizione delle conversazioni, mentre i riferimenti del teste al contenuto delle telefonate – per come risulta nella parte descrittiva delle due sentenze – sono avvenuti solo per spiegare il perche’ delle successive iniziative di indagine. Se si considera che questo e’ stato l’ambito dei richiami, che gli stessi sono avvenuti utilizzando atti di indagine presenti negli atti e quindi noti o conoscibili dalle difese, che la deposizione del teste non risulta mai richiamata dalla Corte d’appello per sorreggere, e in modo determinante, la ricostruzione specifica dei fatti addebitati ai singoli imputati, ed in particolare a DE. RU. e TR. , alla manifesta infondatezza si aggiungono ragioni di difetto nella deduzione specifica (ai sensi dell’articolo 581 c.p.p. e articolo 606c.p.p., comma 1) della necessaria decisivita’ dell’eccezione al fine della decisione.

Il terzo motivo e’ infondato. In sostanza la critica difensiva contesta che la Corte d’appello abbia finito con il punire il generico rapporto tra M. ed HA. (e i singoli imputati a questa riconducibili in ragione del proprio specifico ruolo), sganciandosi da ogni esame sulla effettiva sussistenza di specifici rapporti di corruzione, in particolare ovviamente quelli indicati nell’imputazione. La lettura del capo di imputazione impone innanzitutto di constatare come la condotta contestata non sia mai stata quella solo relativa ai tre assegni (misura non inferiore a, e riferimento quale data di inizio del periodo considerato il 2001, a fronte di condotte esemplificative che sono contestualmente indicate come consumate dal 2003), il che da conto della coerenza all’imputazione della valutazione del Giudice d’appello, secondo il quale (p. 103) nella specie non si fa riferimento a un delitto continuato di corruzione ma solo a una corruzione la cui condotta risulta connotata sia da una consistente durata che da remunerazioni plurime riferite all’unico accordo corruttivo. E la lettura della motivazione d’appello sul capo assegna in realta’ il motivo alla critica di fatto nell’apprezzamento del materiale probatorio disponibile.

Invero, la Corte distrettuale ha condiviso la ricostruzione in fatto della vicenda in termini di attivita’ deviata dagli interessi commerciali che si risolveva anche in una condotta di forte orientamento del potere discrezionale nell’ambito dell’attivita’ collegata all’Ospedale ed all’esercizio di poteri e competenze propri della qualita’ direttiva (p. 83, 103, 118), con una costante remunerazione volta a favorire nel tempo (con tale uso distorto dei poteri discrezionali funzionali) la HA. , che trovava occasioni ripetute di concretizzazione, tra le quali quelle indicate nell’imputazione costituendo esempi di modalita’ o attivita’. In definitiva, un unico accordo collusivo strutturato come messa a disposizione o vendita della funzione dietro compenso, concretizzatosi tra l’altro negli episodi esemplificati nell’imputazione, che – differentemente da quanto dedotto dal ricorrente – sono stati espressamente oggetto di valutazione nella loro specificita’ (pure con il doveroso confronto con le censure difensive) e nel loro collegamento/inserimento nell’accordo complessivo ed unico (pag. 119 ss.).

Le articolate deduzioni del quarto motivo si risolvono in censure di fatto, volte a sollecitare una valutazione diversa delle risultanze probatorie, a fronte invece di una motivazione che ha rinnovato l’apprezzamento probatorio, concordando con quello del Tribunale solo in esito a specifica contingente spiegazione, motivazione ne’ apparente ne’ viziata da manifesta illogicita’ o contraddittorieta’ (in particolare pag. 112 e precedenti, 115S, 108S., 119).

Il quinto motivo e’ manifestamente infondato, presentandosi anche come intrinsecamente contraddittorio, perche’ delle due l’una, o le singole scelte erano obiettivamente volte al meglio, e quindi non sarebbe stata configurabile alcuna rilevanza penale della condotta, ovvero tali scelte sono state condizionate (come giudicato nei due gradi del giudizio di merito) alle e dalle corresponsioni ricevute e sollecitate (ed allora non e’ certo configurabile il mero abuso d’ufficio).

Il sesto motivo e’ manifestamente infondato, perche’ per le ragioni dette la Corte distrettuale non ha modificato la struttura della contestazione.

Il settimo motivo e’ inammissibile perche’ diverso da quelli consentiti, svolgendo deduzioni di merito sulle articolazioni del trattamento sanzionatorio.

3.4 Il ricorso di TR. e’ infondato. L’avvenuta prescrizione dei reati di cui ai capi 1 e 2 impone tuttavia l’annullamento della sentenza relativamente agli stessi, ferme le statuizioni civili e con la rideterminazione della pena come da dispositivo, dovendosi eliminare gli aumenti di pena principale che i Giudici del merito avevano quantificato per tali capi, ritenuti in continuazione e non piu’ gravi, e la stessa pena accessoria. Nel resto il ricorso va rigettato.

Quanto ai motivi primo (indeterminatezza del capo di imputazione), terzo (deposizione mar. ro. ), nono, decimo, undicesimo, dodicesimo (afferenti il capo 5), vale quanto argomentato sui punti corrispondenti del ricorso del coimputato DE. RU. . Il reato di cui al capo 5 non e’ prescritto, perche’ dalle pagine 86-89 della sentenza d’appello (in particolare 88 e 89) risultano condotte ancora in atto quantomeno nell'(OMESSO).

3.4.1 Il secondo motivo, afferente l’utilizzazione delle intercettazioni trascritte come prova decisiva anche per il capo 4 (che riguarda il delitto di cui all’articolo 353 c.p., comma 1, rispetto al quale ne’ il titolo di reato ne’ l’entita’ della pena avrebbe consentito un autonomo provvedimento autorizzativo), e’ infondato nei termini che seguono.

Per come meglio ricostruito nel motivo d’appello (pag. 11s atto, 3943S atti), l’ipotesi prospettata e’ quella dell’intercettazione ritualmente disposta per un reato che la consente, nel corso della quale emerge un ulteriore reato, che per se’ non avrebbe consentito l’autorizzazione e quindi l’uso di tal mezzo di indagine, ma che e’ caratterizzato da connessione e collegamento, anche soggettivo quanto alla persona del medesimo imputato, con delitti contro la pubblica amministrazione per cui si stava procedendo (pag. 67 sentenza Corte d’appello).

Sul punto, non sussistono ragioni per discostarsi dall’insegnamento di questa Corte secondo il quale quando l’intercettazione e’ gia’ ritualmente autorizzata nell’ambito di un procedimento, i suoi esiti possono essere utilizzati anche per i reati diversi ma soggettivamente ed oggettivamente connessi o collegati, che siano emersi dalla medesima attivita’ di intercettazione, anche quando il loro titolo o il loro trattamento sanzionatorio non avrebbero consentito un autonomo provvedimento autorizzativo (Sez.3, sent. 39761/2010; Sez. 3, sent. 794/1996).

Si tratta del principio che, in realta’, e’ anche confermato proprio dalla sentenza di questa Corte che il ricorrente ha invece richiamato a sostegno della propria tesi (Sez. 3, sent. 12562/2010). In effetti, tale pronuncia riguardava una situazione di fatto diversa da quella nostra (come sopra individuata) e nel corso della motivazione era espressamente precisato che il principio affermato per risolvere quel diverso caso (e poi massimato) non si riferiva al caso (appunto, il nostro) “in cui nell’ambito dello stesso procedimento vengano giudicati reati diversi, connessi tra loro, per alcuni dei quali le intercettazioni telefoniche o ambientali erano consentite, sicche’ ne risulti legittima l’utilizzazione. Si palesa opportuno osservare sul punto che i concetti di utilizzazione in altri procedimenti, contenuto nell’articolo 270 c.p.p. e di inutilizzabilita’ di cui all’articolo 271 c.p.p. appaiono identificativi dell’uso processuale del mezzo di prova (cfr. sent. Corte cost. n. 366 del 1991), sicche’ una volta che le intercettazioni telefoniche o ambientali sono legittimamente entrate a far parte del processo, sia nell’ipotesi in cui vengano utilizzate per l’accertamento di un reato connesso, indipendentemente dall’esito del relativo giudizio, sia nell’ipotesi in cui il reato per il quale erano state disposte successivamente venga diversamente qualificato, non possono essere dichiarate inutilizzabili con riferimento alla fattispecie per la quale non sarebbero state consentite”.

Ed in effetti la giurisprudenza di questa Corte ha espressamente valorizzato l’indicazione normativa fornita dall’articolo 271 c.p.p. che, collegando la sanzione dell’inutilizzabilita’ dei risultati all’evenienza che le intercettazioni siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o senza l’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 267 c.p.p. e articolo 268 c.p.p., commi 1 e 3, la pone in relazione a vizi del momento genetico dell’attivita’ di intercettazione (Sez. 6, sentenze 50072/2009 e 24966/2011). Sicche’, quando le intercettazioni siano state autorizzate nel medesimo procedimento ed in relazione al medesimo soggetto, sia pure per fatti distinti ma connessi o collegati, le esigenze proprie della riservatezza delle comunicazioni, che ne limitano rigorosamente la lesione, risultano di fatto venute meno, sicche’ il bilanciamento ricordato dalla stessa Corte costituzionale (per tutte, sent. 81/1993) tra l’inderogabile esigenza di prevenire e reprimere reati e quella di inviolabilita’ e segretezza delle comunicazioni puo’ assumere; aspetti diversi rispetto al caso dell’intercettazione dalla quale emerga occasionalmente il fatto autonomo del terzo estraneo (Sez. 6, 24966/2011).

La conclusione viene confortata anche dall’osservazione che la lettera stessa degli articoli 266 e 270 c.p.p. non presenta indicazioni opposte o incompatibili, anzi tale lettera fornendo almeno due indicazioni con essa coerenti.

Da un lato, infatti, l’articolo 266 c.p.p. non disciplina espressamente l’ipotesi del concorso di reati nel medesimo procedimento, per escludere l’utilizzabilita’ dei risultati delle intercettazione per i reati diversi da quelli positivamente li’ indicati; e cio’, pur essendo l’ipotesi di concorso di reati fenomeno del procedimento del tutto usuale e frequente. La locuzione “nei procedimenti relativi ai seguenti reati” deve allora, per esigenze di intrinseca coerenza sistematica (in definitiva l’esigenza di valutazione unitaria, coerente e complessiva del materiale probatorio acquisito legittimamente al processo), essere interpretata nel senso della sufficienza della; presenza di uno dei reati di cui all’articolo 266 c.p.p. all’interno del procedimento. Del resto, sarebbe paradossale dover invece pervenire alla conclusione che l’articolo 266 c.p.p.disciplini solo i casi in cui il singolo procedimento tratta uno solo, o piu’, dei reati che espressamente indica.

D’altro lato l’articolo 270 c.p.p., quando deve individuare i parametri per legittimare l’utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in altri procedimenti, non richiama l’elencazione tassativa dell’articolo 266 c.p.p., ma ne indica uno nuovo e diverso (l’indispensabilita’ per l’accertamento e che si proceda per delitti per i quali e’ obbligatorio l’arresto in flagranza), certamente non sovrapponibile ne’ coincidente con la clausola generale di cui all’articolo 266 c.p.p., comma 1, lettera A).

In definitiva, sia la lettera che il contesto sistematico in cui si collocano gli articoli 266 e 270 c.p.p. dimostrano che il legislatore si e’ posto il problema della utilizzazione dei risultati di intercettazioni legittimamente disposte per uno dei reati indicati nell’articolo266 c.p.p., trattando esplicitamente solo il caso dell’utilizzazione extraprocedimento e tuttavia riconoscendo in quel caso la possibilita’ di utilizzazione secondo parametri diversi da quelli indicati nell’articolo 266 c.p.p.. Ma nuovamente paradossale sarebbe interpretare le due norme nel senso che, avendo il legislatore evitato di dare esplicita disciplina per i reati diversi da quelli ex articolo 266, ma interni al medesimo procedimento, per essi;

mai sarebbero utilizzabili gli esiti delle intercettazioni, addirittura neppure nei casi in cui essi lo sarebbero invece in un procedimento diverso.

Lettera e contesto sistematico di tali due norme, allora, impongono l’interpretazione per la quale quando l’intercettazione e’ legittimamente autorizzata all’interno di un determinato procedimento nel quale si tratta di uno dei reati ex articolo 266 c.p.p., i suoi esiti sono utilizzabili anche per tutti gli altri reati trattati nel medesimo procedimento, senza condizione alcuna; mentre, quando si tratta di reati oggetto di diverso procedimento, l’utilizzazione e’ subordinata alla, sussistenza dell’articolato parametro indicato espressamente dall’articolo 270 c.p.p.(indispensabilita’ e obbligatorieta’ dell’arresto in flagranza).

3.4.2 Quanto al capo 1, i motivi diversi dalla richiesta di prescrizione sono inammissibili. Il motivo attinente l’affermazione di colpevolezza (quarto) propone censure afferenti l’apprezzamento delle dichiarazioni del teste S. e del coimputato separato FU. che, in realta’, si risolvono nella sollecitazione ad una rivalutazione del merito di tale apprezzamento. Con motivazione tutt’altro che apparente, immune poi dai vizi di manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ – che soli rilevano in questa sede -, la Corte distrettuale ha espressamente spiegato, con ripetuti ed organizzati richiami a materiale probatorio non incoerente con l’apprezzamento, perche’, e in conforme lettura con il primo Giudice del merito (di cui ha dato pure puntuale ricostruzione), ha ritenuto quelle dichiarazioni affidabili e determinanti, confrontandosi con le censure difensive, superandole con motivazione specifica ed immune dai due vizi logici soli rilevanti, in definitiva pervenendo ad una valutazione del materiale probatorio che faceva seguito ad un apprezzamento rinnovato rispetto a quello del Giudice di merito, con attenzione sia allo spessore intrinseco delle prove che al nucleo delle censure difensive (pag. 36-40).

Anche in ordine al capo 2 le censure si risolvono in critiche all’apprezzamento di merito del materiale probatorio, invece argomentato in modo tutt’altro che apparente e con rigoroso richiamo a elementi di prova non incongrui agli assunti, con specifico confronto con l’essenza dei motivi d’appello (pagg. 42 – 43 sent.).

Il motivo relativo al capo 3 (settimo) e’ manifestamente infondato. La Corte d’appello ha spiegato perche’ la valutazione del Tribunale, che essa ha confermato, non costituisse immutazione del fatto, indicando le conversazioni e le condotte che avevano preceduto la delibera che allegava il capitolato speciale e la successiva scadenza del termine per il deposito delle offerte, con un apprezzamento che trova conferma sia nei fatti come ricostruiti [che vedono una costante articolata partecipazione alla determinazione del concreto contenuto del bando (pag. 57 e 58) e poi all’individuazione del prezzo utile a vincere la gara, non illegittimamente valutati insieme, i secondi contribuendo al senso probatorio delle prime condotte che nello stesso capo di imputazione che richiama comunque anche il fatto dell’aver pilotato l’esito della gara, esattamente corrispondente agli aggiustamenti successivi (pag. 59s.), sui quali piena difesa e’ stata svolta. Le censure probatorie attengono al merito dell’apprezzamento, a fronte di una ricostruzione in sentenza che richiama contenuti di prova non incongrui alla valutazione scelta, esposta con motivazione ne’ apparente ne’ manifestamente illogica ne’ contraddittoria.

Anche il motivo relativo al capo 4 (ottavo) e’ inammissibile perche’ diverso da quelli consentiti, prospettando censure di merito volte a proporre una ricostruzione alternativa, in tesi difensiva piu’ convincente, ma estranea a questa sede di legittimita’ a fronte di motivazione non incongrua ai dati probatori richiamati, non apparente e non viziata ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera E.

In ordine alle determinazioni civilistiche (motivo 13), a pag. 43 s. – trattando il tema in risposta alle contrapposte censure della parte civile e tenendo presente quanto argomentato dal Tribunale alle pagine 136 e 137 – la Corte distrettuale ha trattato il punto con motivazione non apparente ed immune dai vizi logici soli rilevanti il punto del risarcimento. Sul punto delle carenze formali/sostanziali in ordine al capo 2, in realta’ il motivo e’ generico e inosservante il principio di autosufficienza del ricorso, laddove pare indicare l’introduzione (in sede di discussione di primo grado, come precisato nel motivo di appello pertinente) di questione (l’impossibilita’ per la parte civile di concludere anche per il capo 2), che in realta’ si risolve nella richiesta di esclusione della stessa parte civile, oltre il termine di cui all’articolo 80 c.p.p., comma 3. Invero, dal punto di vista sistematico ogni costituzione di parte civile si giustifica e presenta come richiesta di esercizio dell’azione civile rispetto a determinati fatti/reato dedotti come produttivi di danno (o imponenti restituzioni). La costituzione di parte civile, quindi, da subito deve indicare quali sono i fatti per i quali l’azione civile viene esercitata ed e’ quello il momento in cui le parti contro interessate possono, e quindi debbono ai sensi della norma richiamata, formulare la propria richiesta di esclusione (eventualmente parziale, nel senso appunto di limitata ad alcuni dei fatti/reato oggetto della costituzione medesima).

Il motivo sul trattamento sanzionatorio e’ generico e diverso da quelli consentiti, prospettando censure di merito.

3.5 Il ricorso di HA. IT. SRL deve essere rigettato.

il primo motivo e’ infondato. HA. risponde del capo 15 in stretta e necessaria correlazione con il capo 5. La Corte distrettuale ha trattato esaurientemente il capo 5, dovendo li’ affrontare anche le questioni poste da HA. , in quanto strettamente connesse a quelle proposte in particolare dal DE. RU. e dal TR. (soggetti con funzioni di rappresentanza e amministrazione all’interno della societa’), in ordine alla esistenza di attivita’ corruttiva che ha portato vantaggi non alla persona fisica di quell’imputato ma alla societa’ di cui aveva la rappresentanza legale. Il rinvio formale che il Giudice d’appello ha quindi fatto alle argomentazioni svolte trattando il capo 5, dopo aver dato ampio e compiuto conto delle argomentazioni del Tribunale e dei motivi d’appello della societa’ (pag. 126-133), non costituisce motivazione omessa o apparente.

Il secondo motivo e’ diverso da quelli consentiti, svolgendo censure che, a fronte della puntuale motivazione della Corte d’appello sui diversi aspetti della vicenda (in particolare pagg. 127, 130, 134 e 108, 110 e soprattutto 117, poi 118-120), si risolvono nella sollecitazione alla preclusa rivalutazione del materiale probatorio in ordine al coinvolgimento di questa compagine sociale (rispetto all’articolazione con le societa’ omonime di diritto statunitense e di diritto svizzero) ed ai suoi interessi e vantaggi, punti della decisione invece trattati con argomenti congrui ai dati probatori richiamati, in un contesto di motivazione tutt’altro che apparente ed immune dai vizi di manifesta illogicita’ e contraddittorieta’.

3.6 Il ricorso di DE. CH. e’ infondato.

Sul primo motivo rileva quanto argomentato per il secondo motivo del ricorso DE. RU. .

Il quinto motivo e’ inammissibile, perche’ – a fronte di una specifica motivazione della Corte d’appello, non incongrua ai dati probatori richiamati, non apparente ed immune dai vizi di manifesta illogicita’ e contraddittorieta’, unici rilevanti in questa sede di legittimita’ – propone censure che sono in realta’ volte ad ottenere un diverso apprezzamento dell’apporto probatorio attribuibile alle dichiarazioni della V. .

E’ infatti pacifico l’insegnamento di questa Corte secondo il quale l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita’ di verificare la miglior adeguatezza possibile delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il proprio convincimento. Esula quindi dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (S.U., Sent.6402/1997). Sicche’ questa Corte non puo’ non solo sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (S.U., Sent. 12/2000), tra cui ovviamente quelli diversi eventualmente dedotti dal ricorrente. Cio’, perche’ nel momento del controllo della motivazione la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento (Sez. 4, Sentenza n. 4842/2004).

Nel caso di specie la Corte d’appello alle pagine 188-192 non ha trascurato gli aspetti essenziali caratterizzanti la natura delle dichiarazioni della V. , il suo ruolo ed il contesto afferente i rapporti con Im. , fornendo una spiegazione del proprio apprezzamento di merito che, come detto, risulta immune dai soli vizi che potrebbero rilevare in questa sede.

Le considerazioni appena svolte, sui limiti della cognizione della Corte di legittimita’, rilevano anche per i motivi secondo, terzo e quarto, che vanno trattati congiuntamente per le evidenti connessioni del loro contenuto.

Gia’ con la sentenza Sez. 6, 2894/1998 questa Corte ha affermato che il reato di corruzione sussiste ogniqualvolta si accerti che la consegna del denaro al pubblico ufficiale e’ avvenuta in ragione delle funzioni da lui in concreto esercitate e per retribuirne i favori. Per questo non e’ necessaria l’individuazione specifica dell’atto d’ufficio oggetto dell’accordo corruttivo, perche’ la nozione di atto va intesa anche in senso non formale, comprendendo tale locuzione qualsiasi comportamento che comunque violi i doveri di fedelta’, imparzialita’, onesta’, perseguimento esclusivo dell’interesse pubblico, propri di chi esercita una pubblica funzione. Rileva in proposito anche la funzione di controllo (Sez. 6, sent. 21192/2007). Se per atto d’ufficio puo’ quindi ritenersi anche il comportamento che concretizza la funzione assegnata alla competenza del singolo, e’ tuttavia necessario che sia individuabile, e provato, un concreto atteggiamento diretto a vanificare la funzione demandata (Sez. 6, sentt. 34417/2008 e 20046/2008).

Orbene, la Corte d’appello ha spiegato di aver giudicato sussistere nella fattispecie non la continuazione tra singoli episodi di corruzione, bensi’ la vendita della funzione di primario con poteri peculiari nel determinare i processi decisionali dell’azienda ospedaliera (in particolare nelle procedure per le acquisizioni di forniture), nella forma del mercimonio della discrezionalita’ (nei termini strutturali propri anche del capo 5); una vendita della funzione caratterizzata, nel suo complesso, da una costante condotta di agevolazione della Im. dietro remunerazione, articolata su un accordo con promessa di plurimi pagamenti di cui almeno uno accertato, ma, esso, non unico oggetto dell’accordo stesso (il che segnava la diversita’ in fatto di questa situazione rispetto a quella oggetto dell’insegnamento di Sez. 6, sent. 34415/2008). L’impostazione della Corte distrettuale e’ corretta sul piano dell’interpretazione della norma e non incongrua al capo di imputazione quale in fatto concretamente contestato, essendovi espressamente richiamate condotte varie e promesse ulteriori rispetto al singolo versamento.

Il Giudice d’appello ha quindi esaminato (pagg. 174-185) le censure difensive, dopo averne dato ampio e specifico conto, spiegando perche’ confermava l’interpretazione delle conversazioni intercettate nel senso gia’ apprezzato dal Tribunale – di rapporti permanenti (pag. 179) non corretti tra il primario – in ragione delle sue responsabilita’ e funzioni specifiche nella struttura pubblica e degli interessi pubblici soli rilevanti, e – quanto a questa imputazione – la Im. , con S. che aveva agito nella consapevolezza e con l’approvazione del DE. CH. (pag. 180). Rapporti non riconducibili alla mera collaborazione scientifica, avendo conseguenze ed effetti concreti, immediati ed efficaci, nell’impostazione della gestione degli acquisti per l’ospedale dove M. era primario (p. 176; 193-200, 201). Sul punto la Corte territoriale ha anche specificamente spiegato perche’ doveva escludersi la riferibilita’ di alcuni pagamenti all’attivita’ convegnistica e scientifica, comunque di lecita collaborazione autonoma e indifferente all’orientamento della discrezionalita’ della funzione pubblica esercitata (pag. 183, 184, 185; 193), evidenziando la rilevanza in concreto e anche motivando specificamente sulle deposizioni F. , me. e R. . In definitiva vi e’ un apprezzamento di merito articolato, che si salda con quello del Tribunale, specificamente richiamato dal Giudice d’appello negli aspetti di valutazione del singolo elemento probatorio, attento al nucleo delle censure difensive d’appello, sorretto da motivazione non apparente, non incongrua ai dati probatori volta per volta richiamati, ne’ manifestamente illogica o contraddittoria.

Sono quindi palesemente infondate anche le deduzioni volte ad ottenere la dichiarazione di prescrizione dei singoli episodi.

Altrettanto infondato e’ il motivo volto a contestare la motivazione sulla ritenuta compartecipazione consapevole del ricorrente DE. CH. all’accordo corruttivo. La Corte distrettuale ha trattato specificamente il punto, tenendo conto del nucleo essenziale della deduzione difensiva, e, in conformita’ alle conclusioni del primo Giudice, con apprezzamento rinnovato all’esito del confronto argomentativo svolto con costante indicazione degli elementi probatori ritenuti assorbenti, ha disatteso la censura, con motivazione non apparente e immune dai vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera E (evidenziando in particolare sia la decisivita’ del ruolo di DE. CH. nella struttura Im. per quanto atteneva ai pagamenti – pag. 173 -, sia – con specifici riferimenti a determinati e determinanti interventi, pag. 179s., 183 – la personale consapevolezza del peculiare (e complesso sul piano delle forme della retribuzione) rapporto con M. (180, 190, 202), spiegando anche altrettanto specificamente perche’ dovesse essere esclusa alcuna strumentalita’ nelle dichiarazioni di S. (186, 189s.).

Sicche’, in definitiva, anche sotto questo profilo il ricorso finisce con il sollecitare precluse rivalutazioni articolate del merito probatorio.

3.7 Il ricorso di S. va rigettato.

Il primo motivo e’ generico e svolge sostanzialmente censure di merito afferenti il contenuto dell’apprezzamento probatorio delle prove.

Il secondo motivo e’ infondato. Richiamando le considerazioni appena svolte trattando la posizione del coimputato DE. CH. , va appunto rilevato come nel capo di imputazione siano espressamente richiamate condotte varie e promesse ulteriori rispetto al singolo versamento: dovendosi pertanto escludere alcun problema di legittimita’ della statuizione, il resto diviene questione di esistenza ed adeguatezza della prova, e quindi questione di merito, una volta che la Corte distrettuale abbia (come si evince in particolare dalle argomentazioni alle pag. 169, 176 e 185) spiegato non con argomenti solo apparenti e con percorso logico immune dai soli vizi di manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ le ragioni della ritenuta sussistenza di un accordo corruttivo di mercimonio dell’esercizio della funzione pubblica afferente la qualita’ ed attivita’ di primario, quanto all’influenza nella determinazione degli acquisti di macchinari e strumenti.

Il terzo motivo e’ infondato, perche’ la Corte distrettuale, proprio argomentando perche’ l’accordo corruttivo andasse oltre i singoli episodi ma si fosse concretizzato anche in singole attivita’ volte a privilegiare la Im. rispetto alle concorrenti, si e’ confrontata pure con le condotte indicate esemplificativamente in epigrafe (tra l’altro, pag. 176, 178, 197s, 200s), in ogni caso non esaustive della contestazione.

Il quarto motivo, afferente il trattamento sanzionatorio, svolge censure in realta’ di puro merito.

3.8 Il ricorso di SI. e’ fondato limitatamente al motivo sull’omessa motivazione in ordine alla richiesta dei benefici di legge.

Effettivamente il quinto motivo d’appello richiedeva, ed argomentava a sostegno, la rideterminazione della pena nel minimo edittale, con la concessione della sospensione condizionale, la contestuale revoca dell’indulto applicato dal Tribunale e la concessione anche del beneficio della non menzione della condanna ex articolo 175 c.p.. La Corte d’appello ha ridotto la pena a cinque mesi di reclusione e 600 euro di multa, quindi sanzione potenzialmente compatibile con i benefici richiesti nell’impugnazione, ma non ha poi argomentato le ragioni dell’obiettivo diniego, di fatto non provvedendo sulla specifica articolata richiesta. Sul punto, pertanto, l’impugnata sentenza va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte ambrosiana, per nuovo giudizio sul punto.

Nel resto il ricorso va rigettato.

Quanto al capo 11, dichiarato integralmente prescritto in appello, in assenza oltretutto di pertinenti statuizioni civili l’apprezzamento non puo’ che essere limitato alla ricorrenza delle condizioni per attestare come evidente una situazione probatoria che impone il proscioglimento nel merito. Che palesemente non sussiste, a fronte di due sentenze di merito conformi nella condanna e di deduzioni, la prima sostanzialmente irrilevante (laddove lamenta la mancata estensione dell’azione penale sul versante Ja. Ci. ) e la seconda manifestamente infondata e generica, laddove non si confronta con la motivazione specifica del Giudice d’appello e afferma presupposti in fatto diversi da quelli accertati ed argomentati dai Giudici del merito (es. la presenza costante di autorizzazioni annuali).

In ordine al capo 13, entrambe le deduzioni sono generiche, perche’ nuovamente non vi e’ confronto argomentativo con quanto effettivamente ritenuto dalla Corte d’appello, che ha spiegato come risultasse in fatto trattarsi di reato concorsuale con accordo intervenuto in Italia (pag. 299) e con direttive che avevano origine in Italia (pag. 300), nonche’ (pag. 304) perche’ nella fattispecie concreta mancasse un preventivo attuale ed obiettivo conflitto di interessi tra il soggetto attivo e l’ente (Sez.5, sent. 15879/2008 e Sez.5, sent. 40921/2005).

4. Consegue alla reiezione dei ricorsi di HA. S.r.l., MA. , DE. RU. , DE. CH. e S. , la loro condanna al pagamento delle spese processuali.

AN. e TR. , in ragione della soccombenza civile confermata, debbono rimborsare in solido alla parte civile le spese del presente giudizio che, tenuto conto dei valori della tariffa professionale penale e dell’apporto in concreto fornito, vanno liquidati in complessivi euro 3.778, oltre IVA e CNPA.

P.Q.M.

ANNULLA SENZA RINVIO

la sentenza impugnata nei confronti di AN. , perche’ il reato e’ estinto per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.



ANNULLA SENZA RINVIO

la sentenza impugnata nei confronti di TR. , limitatamente ai reati di cui ai capi 1 e 2, perche’ estinti per prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.

RIDETERMINA

per TR. la pena in anni due e mesi dieci di reclusione ed elimina la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici, rigetta nel resto il ricorso di TR. .



ANNULLA
la sentenza impugnata nei confronti di SI. limitatamente alla sospensione condizionale della pena ed alla non menzione della condanna nel certificato penale E rinvia per NUOVO GIUDIZIO SUL PUNTO AD ALTRA Sezione della Corte di appello di Milano.
RIGETTA

nel resto il ricorso di SI. .

RIGETTA

i ricorsi di HA. S.r.l., MA. , DE. RU. , DE. CH. e S. , che condanna al pagamento delle spese processuali.

CONDANNA

AN. e TR. a rimborsare in solido alla parte civile le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 3.778, oltre IVA e CNPA.

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