E’ illegittima, per lesione dei principi fondamentali di garanzia, la sanzione disciplinare inferta a persona detenuta quando non è preceduta dalla contestazione della violazione.
(Cass. Sezione I Penale, 16.9.13-15.10.13, n. 42420)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente –
Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere –
Dott. BONITO Francesco – rel. Consigliere –
Dott. LA POSTA Lucia – Consigliere –
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso l’ordinanza n. 1958/2012 GIUD. SORVEGLIANZA di CALTANISSETTA, del 20/04/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO;
lette le conclusioni del PG Dott. LETTIERI Nicola il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
1. Avverso l’ordinanza con la quale il Magistrato di sorveglianza di Caltanissetta, in data 20 aprile 2012, rigettava il reclamo proposto da B.G. avverso la sanzione disciplinare inflittagli il 28 marzo 2012, giacchè, ad avviso di detto magistrato, incentrata la doglianza sul merito della sanzione reclamata e non già sulla ritualità della medesima, propone ricorso per cassazione il detenuto interessato, con atto personalmente indirizzato al magistrato di sorveglianza qualificato, in quella sede, alla stregua di ricorso di legittimità, deducendo violazione di legge e travisamento del contenuto del reclamo.
Lamenta, in particolare, il ricorrente che il suo reclamo era fondato sul rilievo che non gli era stato contestato il rapporto disciplinare e non già su censure relative al merito della sanzione, di guisa che il rigetto impugnato si appalesa fondato su un presupposto errato.
2. Il P.G. in sede con motivata requisitoria scritta concludeva per la inammissibilità del ricorso perchè non autosufficiente.
3. Il ricorso è fondato.
Pur dovendosi dare atto di un orientamento oscillante di questa sezione della Corte in ordine alla questione di diritto posta dal ricorso (nel senso contrario a quanto sostenuto da qui a breve si veda n. 35562/2008, in senso viceversa conforme, n. 13685/2008) ritiene il Collegio di condividere l’orientamento unitariamente assunto a partire da Cass., 8.1.2010, n. 5776 e con esso la censura di parte ricorrente relativa alla violazione della norma procedimentale di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 38 e di cui al D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81.
L’art. 38 dell’Ordinamento penitenziario prescrive, infatti, che:
“Nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato, dopo la contestazione dell’addebito all’interessato il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe” e l’art. 81 innanzi citato prescrive, da parte sua, che i fatti di rilievo disciplinare debbano essere contestati al detenuto dal Direttore dell’Istituto penitenziario non oltre dieci giorni dal rapporto relativo all’infrazione e che, entro 10 giorni dalla data della contestazione, abbia a seguire la convocazione dell’incolpato per la decisione disciplinare. Sulla base di tali premesse normative il Collegio intende dare seguito all’indirizzo di questa Corte per il quale, seppure non sia possibile assimilare in toto le infrazioni disciplinari alle fattispecie di reato, deve tenersi conto che anche in relazione alle prime trovano applicazione quei principi fondamentali di garanzia per i quali il detenuto può essere sottoposto a sanzione solo per infrazioni espressamente previste ed a conclusione del regolamentato procedimento disciplinare (L. n. 354 del 1975, ex artt. 38, 39 e D.P.R. n. 230 del 2000, artt. 77 e segg.). E dunque, tenuto conto che modalità e termini di contestazione dell’addebito e di applicazione della sanzione sono strumenti per la concreta attuazione di quei principi di garanzia che presiedono alla regolamentazione della procedura disciplinare (ispirata al rispetto della dignità della persona e del principio del contraddittorio ed altresì tesa al mantenimento dell’ordine e della disciplina all’interno dell’Istituto penitenziario nonchè al reinserimento sociale del condannato), siffatte modalità e termini non possono essere pretermessi e la loro inosservanza, negativamente riflettendosi sull’intero procedimento, rende illegittima la decisione adottata a conclusione del medesimo (cfr. Cass. sentenze n. 13685/2008 e n. 14670/2007, nonchè, seppure con diversa valutazione della “natura” dei termini di cui al D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81, sent. n. 48848/2003). Nel caso sottoposto all’esame della Corte, a fronte di una specifica doglianza del detenuto ricorrente circa la ritualità del procedimento di infrazione con riferimento all’art. 38 dell’O.P. e, quindi, anche ai tempi di cui al citato D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81 dappoichè mai contestata l’infrazione disciplinare, il giudice a quo ha replicato esplicitamente affermando che nessuna censura procedimentale risultava articolata dal detenuto, con ciò palesemente travisando il contenuto del reclamo, viceversa incentrato proprio su un rilievo tipicamente di tale natura.
Da ciò consegue l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al giudice territoriale perchè, in applicazione degli esposti principi, valuti la ritualità del procedimento disciplinare dedotto in giudizio.

P.Q.M.

la Corte, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Caltanissetta.

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