Il divieto di un secondo procedimento davanti allo stesso giudice trova applicazione anche nel procedimento di sorveglianza, con la conseguenza che, in pendenza di reclamo avverso ordinanza di rigetto della liberazione anticipata, non può essere promosso altro procedimento mirante al conseguimento dello stesso beneficio a favore dello stesso condannato e per il medesimo periodo cui attiene il primo provvedimento.
(Cass. Sezione I Penale, 19 aprile – 9 agosto 2013, n. 34625)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente –
Dott. TARDIO Angela – Consigliere –
Dott. BONITO Francesco M.S. – Consigliere –
Dott. MAZZEI Antonella P – rel. Consigliere –
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso l’ordinanza in data 22 marzo 2012 del Tribunale di sorveglianza di Napoli nel proc. n. 121/2012;
Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero presso questa corte di cassazione, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dr. D’Angelo Giovanni, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
1. Il Tribunale di sorveglianza di Napoli, con ordinanza deliberata il 22/03/2012, ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da OMISSIS avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza della sede, in data 17/05/2011, che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di liberazione anticipata con riguardo al periodo di detenzione 8/11/2008 (rectius: 8/11/2007 come indicato in motivazione) – 8/05/2010 (cinque semestri), essendo tuttora pendente altro reclamo dell’interessato avverso precedente ordinanza del 21-23/12/2010 dello stesso Magistrato, con la quale il medesimo beneficio era stato, in parte, respinto per il semestre 8/11/2009-8/05/2010 e, in altra parte, dichiarato inammissibile per i semestri 8/11/2007-8/11/2009 già negativamente valutati giusta ordinanza del 26/02/2010, divenuta definitiva.
Con lo stesso provvedimento del 22/03/2012 il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha, inoltre, respinto la domanda di liberazione anticipata per i più remoti semestri 8/11/2006- 8/11/2007, ritenendo che non fossero sopravvenuti elementi idonei ad escludere i collegamenti del OMISSIS con la criminalità organizzata, già riconosciuti nell’ordinanza del 26/02/2010 come ostativi al beneficio ex art. 4 bis, u.c., Ord. Pen..
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il OMISSIS, tramite il difensore, il quale deduce la violazione della legge penale in relazione alla corretta applicazione delle norme previste dall’ordinamento penitenziario.
2.1. Il provvedimento sarebbe erroneo nella rilevata inammissibilità dell’impugnazione con riguardo al beneficio della liberazione anticipata per i semestri dall’8/11/2007 all’8/05/2010, poichè la pendenza di altro procedimento avente lo stesso oggetto e relativo al medesimo periodo, non osterebbe alla pronuncia richiesta, trovando applicazione, anche in materia di procedimento di sorveglianza, la disposizione di cui all’art. 669 c.p.p., comma 4, con la conseguente possibilità che due giudici si pronuncino sullo stesso oggetto.
2.2. Riguardo, poi, alla negata rivalutazione del periodo di detenzione dall’8/11/2006 all’8/11/2007 per esclusa sopravvenienza, da parte del Tribunale, di elementi precedentemente non considerati, idonei ad elidere il giudizio di collegamento del OMISSIS con la criminalità organizzata, il ricorrente osserva che tali collegamenti erano cessati con il suo fermo, avvenuto il, sicchè non erano giustificate, a fronte delle allegazioni difensive, l’affermazione di perdurante pericolosità e l’omessa richiesta, da parte del giudice, di aggiornate informazioni alle competenti autorità rispetto a quelle acquisite nel febbraio 2010 determinanti il precedente rigetto del beneficio.
3. Il pubblico ministero, nella requisitoria depositata il 27 novembre 2012, ha chiesto il rigetto del ricorso.
1. Il ricorso non merita accoglimento.
1.1. La prima censura è infondata poichè muove da un improprio richiamo dell’art. 669 c.p.p. che, erroneamente, si assume violato.
Al contrario, il Tribunale di sorveglianza ha fatto corretta applicazione del principio “ne bis in idem”, finalizzato ad evitare che per lo stesso fatto si svolgano più procedimenti e si adottino più provvedimenti anche non irrevocabili, l’uno indipendentemente dall’altro.
Tale principio assume, invero, portata generale nel vigente diritto processuale penale, trovando espressione nelle norme sui conflitti positivi di competenza (art. 28 c.p.p., e segg.), nel divieto di un secondo giudizio (art. 649 c.p.p.), nella disciplina dell’ipotesi di una pluralità di sentenze per il medesimo fatto (art. 669 c.p.p.);
con la conseguenza che non è consentito, in pendenza di un procedimento già definito in primo grado e pendente in appello, iniziare per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona un nuovo procedimento, nel cui ambito venga adottato un nuovo provvedimento (Sez. 6, n. 1892 del 18/11/2004, dep. 21/01/2005, Fontana, Rv. 230760, con specifico riferimento al provvedimento cautelare personale; Sez. U, n. 34655 del 2005, Rv. 231800, in tema di preclusione dell’esercizio dell’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente, anche se in fase o grado diversi, nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del pubblico ministero).
La portata generale del principio “ne bis in idem” ha legittimato la sua applicazione analogica con riferimento alle ordinanze del giudice dell’esecuzione nei casi in cui esso costituisca l’unico strumento possibile per eliminare uno dei due provvedimenti emessi per lo stesso fatto contro la stessa persona (Sez. 1, n. 1285 del 20/11/2008, dep. 15/01/2009, Linfeng, Rv. 242750).
Deve, dunque, affermarsi che il divieto di un secondo procedimento davanti allo stesso giudice trova applicazione anche nel procedimento di sorveglianza, con la conseguenza che, in pendenza di reclamo avverso ordinanza di rigetto della liberazione anticipata, non può essere promosso altro procedimento mirante al conseguimento dello stesso beneficio a favore dello stesso condannato e per il medesimo periodo cui attiene il primo provvedimento.
Ne consegue che correttamente il Tribunale di sorveglianza di Napoli, nel provvedimento qui impugnato, ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza della sede, in data 17/05/2011, dichiarativa dell’inammissibilità della richiesta di liberazione anticipata, proposta dal OMISSIS per il periodo di detenzione 8/11/2007-8/05/2010, siccome già valutata in precedente ordinanza dello stesso Magistrato, in data 21-23/12/2010, su domanda dello stesso condannato e con riferimento al medesimo periodo, oggetto di reclamo tuttora pendente davanti allo stesso Tribunale.
1.2. La seconda doglianza proposta si limita a confutare genericamente e con argomenti non consentiti nel giudizio di legittimità le valutazioni del Tribunale in punto di collegamenti del OMISSIS con la criminalità organizzata, e, segnatamente, con l’omonimo clan, dedito al narcotraffico.
Il Tribunale, invero, con motivazione puntuale e coerente, esente da vizi logici e giuridici, dopo aver ricordato la condanna del ricorrente per partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74), giusta sentenza della Corte di appello di Napoli in data 13 febbraio 2009, in espiazione, seguita da ulteriore sentenza ex art. 444 c.p.p. per analogo reato, ha sottolineato l’inesistenza di nuovi elementi idonei a ritenere cessati i già apprezzati collegamenti del OMISSIS con la criminalità organizzata nel primo periodo di detenzione 8/11/2006- 8/11/2007, ai fini della negata liberazione anticipata, non essendo al riguardo significativo, contrariamente all’assunto del ricorrente, il solo fermo dell’interessato avvenuto il OMISSIS, con successiva emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere in data 11/11/2006; e ha anche richiamato la relazione comportamentale dei tecnici del trattamento dalla quale non si evinceva che il OMISSIS, nel detto periodo di detenzione, avesse intrapreso un serio e concreto percorso di revisione critica del proprio passato pesantemente deviante e postulante, pertanto, un particolare impegno nel percorso rieducativo.
2. Segue il rigetto del ricorso e, a norma dell’art. 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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