Il Tribunale di Sorveglianza nel motivare i propri provvedimenti può farlo per relationem facendo riferimento alle informazioni fornite dal personale dei servizi sociali, recepite e fatte proprie dal giudice, purchè il provvedimento espliciti in modo preciso la fonte delle informazioni ricevute e gli estremi dell’atto nel quale esse sono versate, in modo da renderle conoscibili e criticabili con l’eventuale impugnazione da parte del destinatario della decisione.
(Cass. Sezione I Penale, 27 novembre – 17 dicembre 2013, n. 50921)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZAMPETTI Umberto – Presidente –
Dott. TARDIO Angela – Consigliere –
Dott. BARBARISI Maurizio – Consigliere –
Dott. BONI Monica – rel. Consigliere –
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza
sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso l’ordinanza n. 6863/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO, del 14/11/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette le conclusioni del PG , il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
1. Con ordinanza resa il 14 novembre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Milano, rigettava le istanze, avanzate dal condannato OMISSIS di ammissione ai benefici penitenziari dell’affidamento in prova, della semilibertà e della detenzione domiciliare, rilevando che dagli atti acquisiti e dalla relazione di sintesi non era dato evincere la formulazione di valutazioni positive in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’accesso a misure alternative o ai permessi premio, mentre la relazione sanitaria indicava la compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con la detenzione carceraria.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del suo difensore, il quale lamenta l’omessa e manifesta illogicità della motivazione in relazione al rigetto della richiesta di concessione dell’affidamento in prova e della semilibertà: la decisione impugnata contiene il riferimento alla mancata proposta, da parte degli operatori penitenziari, di ammissione del OMISSIS ad alcun beneficio senza procedere ad un’autonoma valutazione dei presupposti applicativi dei relativi istituti, senza considerare la concreta offerta di lavoro da parte di uno studio legale  e con l’assegnazione alla relazione di sintesi di un valore che le norme di legge non prevedono.
3.Con requisitoria scritta depositata il 4 luglio 2013 il Procuratore della Repubblica presso la Corte di Cassazione ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
4. In data 16 ottobre 2013 l’interessato ha fatto pervenire alla cancelleria di questa Corte una memoria, con la quale ha illustrato i motivi di gravame, sostenendo che dalla stessa relazione di sintesi emergeva la sensibile attenuazione della propria pericolosità sociale per l’attiva partecipazione all’opera rieducativa e che comunque il Tribunale non aveva proceduto allo scioglimento del cumulo giuridico delle pene, operazione dalla quale avrebbe potuto verificare la già avvenuta espiazione della sanzione inflitta per il reato ostativo e l’esecuzione in corso soltanto per reati “comuni”, che non pregiudicavano la possibilità di essere ammessi ai benefici richiesti.
Il ricorso è infondato e va respinto.
1. Il provvedimento impugnato è oggetto di censure con esclusivo riferimento al diniego di ammissione ai benefici dell’affidamento in prova e della semilibertà e, per quanto corredato da motivazione formulata in termini di estrema sintesi, non può dirsi inficiato dall’omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno dell’assunta decisione. In particolare, il Tribunale ha richiamato con funzione integrativa della propria motivazione per farne propri gli argomenti e le conclusioni, quanto riportato nella relazione di sintesi, redatta dagli operatori penitenziari ed indicata nei suoi elementi identificativi, quindi resa accessibile e verificabile anche per la difesa; da tale atto era emerso come, pur prendendo in considerazione le informazioni trasmesse dalla D.D.A. di Salerno e l’opportunità lavorativa, con riguardo alla posizione del OMISSIS le uniche proposte che potevano essere formulate riguardavano la declassificazione dal circuito “alta sicurezza”, l’inserimento in attività lavorativa in ambiente inframurario e la protrazione dei colloqui con gli operatori. In altri termini, le indicazioni e le valutazioni contenute nella relazione di sintesi sono state recepite e fatte proprie dai giudici di merito, che le hanno condivise, non perchè prodromiche e vincolanti per la decisione da assumere, ma perchè riassuntive dei risultati dell’osservazione, condotta nel corso dell’esecuzione in ambito penitenziario, attestante la necessità di disporne la protrazione e di un più approfondito esame sulla personalità del condannato e quindi per implicito indicative dell’inopportunità dell’ammissione ai benefici richiesti, come del resto riconosciuto anche nella memoria depositata dal ricorrente il 16 ottobre 2013.
1.1 L’impugnazione, invece, assume che nell’ordinanza sarebbe del tutto carente l’apparato giustificativo, ma non considera la già affermata legittimità del ricorso alla motivazione “per relationem” anche per i provvedimenti assunti dal Tribunale di sorveglianza con riferimento a informazioni fornite dal personale dei servizi sociali, recepite e fatte proprie dal giudice, possibilità che resta subordinata alla condizione che il provvedimento espliciti in modo preciso la fonte delle informazioni ricevute e gli estremi dell’atto nel quale esse sono versate, in modo da renderle conoscibili e criticabili con l’eventuale impugnazione da parte del destinatario della decisione (Cass. sez. 1, n. 4581 del 03/11/1993, P.G. in proc. Maugeri, rv. 195784).
1.2 Inoltre, il ricorso si limita a censurare l’omissione di qualsiasi pronuncia da parte dell’equipe penitenziaria e della considerazione della possibilità di svolgere un lavoro presso uno studio legale, opportunità in realtà già valutata nella relazione di sintesi, il che comporta la deduzione di argomenti aspecifici e quindi inammissibili.
2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi quanto alle deduzioni contenute nella memoria redatta dal condannato personalmente:
l’affermata attenuazione della pericolosità sociale è stata già oggetto di valutazione allorchè si è proposta la declassificazione del detenuto, mentre le censure all’omessa proposta di ammissione a benefici più ampi si basano su “altri elementi idonei al superamento delle condizioni ostative alla fruizione di misure alternative e di permesso premio” che non sono state esplicitate, ma restano una generica affermazione priva di contenuto. Parimenti svincolata dal percorso giustificativo dell’ordinanza in verifica è la doglianza circa l’omesso scioglimento del cumulo giuridico: il Tribunale non ha affatto respinto le istanze del OMISSIS in ragione del titolo dei reati per i quali questi sta espiando pena detentiva, ma per l’incompletezza dell’osservazione e l’insufficienza dei risultati conseguiti, richiedenti un percorso trattamentale da approfondire e protrarre, oggetto di valutazione discrezionale, che ha un aggancio dimostrativo proprio nella relazione di sintesi richiamata per “relationem”.
Per le considerazioni svolte il ricorso, siccome infondato, va respinto; ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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