La richiesta di interrogatorio fatta dall’indagato che ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, può essere trasmessa al P.M. anche mediante telegramma o lettera raccomandata, purché la sottoscrizione sia autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato.

 
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Terza Penale
Sentenza 2 dicembre 2008 – 20 gennaio 2009, n. 2109

 
[OMISSIS] 
E’ pacifico che il CARENZA, dopo aver ricevuto dal pubblico ministero l’avviso della conclusione delle indagini preliminari, a norma dell’art. 415 bis, comma 3, c.p.p., ha chiesto tempestivamente di essere interrogato, con una lettera raccomandata dal medesimo sottoscritta e autenticata dal difensore, pervenuta al pubblico ministero in data 18 febbraio 2005.
Il pubblico ministero, anziché procedere agli adempimenti impostigli dal combinato disposto degli artt. 415 bis e 552, comma 2, c.p.p., e quindi invece di incitare l’indagato a rendere l’interrogatorio ai sensi dell’art. 375, comma 3, c.p.p., con provvedimento a margine dell’istanza, l’ha dichiarata irricevibile per violazione dell’art. 153 c.p.p.
Investiti della relativa eccezione, i giudici di merito hanno ritenuto a loro volta la irritualità della istanza per violazione dell’art. 121 c.p.p., atteso che questa norma impone il deposito in cancelleria per ogni presentazione di istanze o memorie.
Contro questa impostazione, va osservato che il richiamo all’art. 121 c.p.p. non è pertinente, perchè riguarda soltanto le memorie e le richieste da presentare al giudice che – appunto – vanno depositate in cancelleria.
Più pertinente sembra la disposizione dell’art. 153 c.p.p., che disciplina le notificazioni e le comunicazioni al pubblico ministero.
Ma è agevole osservare che le “comunicazioni” di cui al secondo comma dell’articolo anzidetto, hanno per oggetto solo gli atti e i provvedimenti del giudice da portare a conoscenza del pubblico ministero. Mentre le “notificazioni” da eseguirsi “mediante consegna di copia dell’atto in segreteria” – come prescrive il primo comma – ad avviso del collegio, non riguardano gli atti di parte direttamente indirizzati al pubblico ministero, dei quali non ha alcun senso fare copia per trasmetterli alla conoscenza della c.d. “parte pubblica”.
Così, a nessuno può venire in mente che la richiesta della persona offesa di essere informata della eventuale richiesta di archiviazione a mente dell’art. 408 c.p.p. non possa essere presentata al pubblico ministero anche contestualmente alla denuncia-querela, con sottoscrizione autenticata, spedita a mezzo posta con piego raccomandato (come prevede l’art. 337, comma 1, c.p.p.), ovvero successivamente alla denuncia-querela, con ulteriore scritto spedito per posta raccomandata.
Analoga conclusione deve adottarsi per la richiesta di essere sottoposto a interrogatorio, che spetta all’indagato a mente dell’art. 415 bis, comma 3, c.p.p., atteso che sarebbe evidentemente assurdo che essa dovesse essere notificata ai sensi dell’art. 153 c.p.p. “mediante consegna dell’atto in segreteria”.
Non v’è quindi alcuna ragione testuale o dommatica per cui la richiesta di interrogatorio di cui trattasi non possa essere trasmessa al pubblico ministero anche mediante telegramma o lettera raccomandata, purché la sottoscrizione dell’indagato sia autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato, così come previsto per la proposizione dell’atto di impugnazione dall’art. 583 c.p.p.
Evidentemente, l’ordinamento considera che anche in tal modo sia assicurata da una parte l’identificazione del soggetto privato legittimato all’atto (di richiesta o di impugnazione), e dall’altra la conoscenza dell’atto stesso da parte dell’organo destinatario (rispettivamente pubblico ministero o giudice emittente del provvedimento impugnato).
Nel caso di specie, infatti, non v’è dubbio che la richiesta di interrogatorio proveniva effettivamente dalla persona indagata, e che il pubblico ministero venne concretamente a conoscenza della richiesta stessa. Tanto è vero che l’organo inquirente ritenne (illegittimamente) irricevibile la richiesta per (inesistente) difetto di forma.
Ne deriva la nullità del decreto di citazione per il giudizio di primo grado, giacché l’art. 552, comma 2, ultimo periodo, c.p.p. prevede espressamente tale nullità quando il decreto non è preceduto dall’invito a presentarsi per l’interrogatorio, qualora la persona sottoposta alle indagini l’abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 dell’art. 415 bis c.p.p.
Si tratta di nullità che afferendo al decreto di citazione, si configura come relativa ex art. 181, comma 3, c.p.p., e deve essere perciò eccepita fra le questioni preliminari di cui all’art. 491 c.p.p.
Nel caso di specie essa è stata tempestivamente eccepita, ma illegittimamente disattesa. Per effetto dell’art. 185 c.p.p. discende anche la nullità di entrambe le sentenze di merito.
[OMISSIS]