La legislazione in tema di processo minorile non offre indicazioni in ordine alla competenza funzionale per celebrare il giudizio abbreviato, nell’ipotesi ove l’istanza venga proposta dopo l’emissione del decreto di giudizio immediato. Ciò posto, vanno seguite le disposizioni ordinarie del codice di rito penale.
Ribadendo il proprio consolidato orientamento (ex multis Cass. Sez. VI, sent. n. 14389/2009), la Suprema Corte ha quindi ritenuto applicabile il disposto di cui all’art. 458 c.p.p., a norma del quale la competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato, il quale segua il decreto di giudizio immediato “appartiene al giudice delle indagini preliminari, seppur persona fisica diversa, per ragioni di incompatibilità ex art. 34 c.p.p., comma 2, da quella che ha emesso il decreto di giudizio immediato”.
(Cass. Penale Sez. II, sentenza 12 luglio 5 novembre 2013, n. 44617)

Corte Suprema di Cassazione
Seconda Sezione Penale
Sentenza 12 luglio – 5 novembre 2013, n. 44617

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
nei confronti di:
M.G. N. IL (OMISSIS)
avverso la sentenza n. 58/2012 CORTE APP.SEZ.MINORENNI di BOLOGNA, del 16/01/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/07/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, nella persona del Dr. Delehaye Enrico, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 25.10.2012, il Tribunale per i minorenni di Bologna quale Giudice per l’Udienza Preliminare in esito a giudizio abbreviato dichiarò M.G. responsabile dei reati di cui agli artt. 110, 628, 337 e 582 c.p., e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione – concesse le attenuanti generiche e l’attenuante della minore età prevalenti sulle contestate aggravanti – nonchè la diminuente del rito lo condannò alla pena di anni 1 mesi 4 di reclusione ed Euro 400,00 di multa.
Avverso tale pronunzia propose gravame il difensore dell’imputato, e la Corte d’Appello di Bologna, sezione minorenni, con sentenza del 16.1.2013, rilevava e dichiarava la nullità della sentenza appellata ex art. 604 c.p.p. in quanto emessa dal Tribunale per i Minorenni di Bologna quale giudice dell’udienza preliminare in composizione collegiale (a seguito di richiesta del pubblico ministero di giudizio immediato e richiesta del difensore di giudizio abbreviato, successiva ordinanza del giudice delle indagini preliminari di fissazione dell’udienza, e udienza collegiale), ritenendo dovesse procedere il giudice delle indagini preliminari (sia pure persona fisica diversa rispetto al giudice delle precedenti indagini preliminari) e non il giudice dell’udienza preliminare.
Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), per errata interpretazione della legge penale.
La Corte d’Appello ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado in quanto emessa dal Tribunale quale giudice dell’udienza preliminare, in composizione collegiale, a seguito di richiesta del pubblico ministero di giudizio immediato, accolta dal gip e susseguente giudizio abbreviato attivato dall’imputato.
Ciò in quanto, per “il richiamo del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 1 alla fattispecie, andrebbe applicato l’art. 458 c.p.p..
E quindi al giudizio abbreviato innestato nel giudizio immediato dovrebbe procedere il gip e non il gup”.
Ma, così opinando, la Corte di Bologna ha violato le norme dell’ordinamento e la relativa esatta applicazione; il che dicasi innanzitutto per la distinzione tra gip e gup, articolazioni di un medesimo ufficio, laddove il gip si connota per la sua peculiare investitura nell’ambito delle indagini preliminari, mentre è il gup a detenere il ruolo primario di “giudice di udienza, al quale è affidata l’attività di merito destinata a concludere il giudizio”.
Aggiungasi poi che i fattori di raccordo tra le disposizioni regolanti il sistema ordinario e quello minorile si risolvono non solo nella individuazione della vigenza delle norme ordinarie da applicare al procedimento minorile, ma anche nella compatibilità delle norme del codice di rito ordinario con i principi della giustizia minorile.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.
Il difensore d’ufficio dell’imputato in data 25.6.2013 deposita memoria con la quale illustra le ragioni dell’infondatezza delle pur pregevoli deduzioni del procuratore generale, ispirate dall’esigenza di veder maggiormente valutata la necessità educativa del minore da parte di un organo collegiale composto anche da esperti, e chiede il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

A seguito del decreto di giudizio immediato, l’imputato minore d’età può chiedere il giudizio abbreviato così come previsto nel procedimento ordinario dall’art. 458 c.p.p.; entrambi i procedimenti speciali sono compatibili con il processo minorile, e pertanto – anche nell’ipotesi in questione – non vi è ragione alcuna di ritenere precluso al minore l’accesso al giudizio abbreviato.
In merito alla competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato quando la richiesta sia proposta a seguito di decreto di giudizio immediato, il codice minorile non offre però indicazioni specifiche.
L’art. 1 citato, al comma 1, afferma che, per quanto non previsto dalle disposizioni del decreto, nel procedimento a carico di minorenni si osservano le disposizioni del codice di rito ordinario; al comma 2, che “tali disposizioni” (ovvero le disposizioni di cui al Decreto n. 448 del 1988 e quelle del codice di procedura penale) “vanno applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minore”.
Il principio di adeguatezza applicativa, legato al più generale principio di minima offensività, impone di evitare, nell’esercizio della giurisdizione penale, ogni pregiudizio al corretto sviluppo psicofisico del minore, nonchè di adottare le opportune cautele per salvaguardare le correlate esigenze educative, favorendo una risposta adeguata al caso concreto.
Il ricorrente, invocando tale principio, sostiene che l’interpretazione offerta dalla Corte d’Appello assume un significato “inedito” e non costituzionalmente orientato rispetto al tessuto originario del processo minorile, in quanto il gip monocratico e togato – nel giudizio abbreviato non instaurato all’udienza preliminare – si troverebbe ad applicare tutta la griglia dei provvedimenti terminali (“dalla condanna alla pena detentiva alla assoluzione per esito positivo della prova, dalla concessione del perdono giudiziale alla applicazione di sanzioni sostitutive”), senza la componente onoraria, in violazione di uno dei principi portanti della giustizia minorile che è quello della formazione “interdisciplinare” del soggetto chiamato a giudicare il minore imputato in ogni momento processuale.
La questione sulla competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato quando la richiesta sia proposta a seguito di decreto di giudizio immediato decidere è già stata affrontata e decisa da questa Corte (v.Cass.Sez. 6, sent.n.14389/2009 rv.243254; Sez. 4, sent.n.38481/2008 rv.241552; Sez. 1, sent. n. 14669/2007 rv.236573), nel senso di ritenere applicabile la disposizione di cui all’art. 458 c.p.p., per la quale la competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato, che segua a decreto di giudizio immediato, appartiene al giudice delle indagini preliminari, seppur persona fisica diversa, per ragioni di incompatibilità ex art. 34 c.p.p., comma 2 da quella che ha emesso il decreto di giudizio immediato (v., tra le tante, Cass. Sez. 1, sent. n. 9243/2003, rv. 224384; Sez. 1, sent.n.28942/2001, rv.219688).
Il Collegio, condividendo l’orientamento giurisprudenziale citato, e non ravvisando nei motivi proposti questioni nuove e tali da mettere in discussione l’applicabilità dell’art. 458 c.p.p. al processo minorile, ribadisce che la competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato, quando la richiesta sia proposta a seguito di decreto di giudizio immediato, è del giudice per le indagini preliminari.
La tesi propugnata dal ricorrente non può essere infatti condivisa, ed è priva di agganci normativi.
L’art. 28 c.p.p.m. non offre infatti alcuna indicazione in favore del fatto che sospensione del processo e messa alla prova debbano necessariamente essere disposte dal giudice collegiale, nè alcuna influenza può esplicare il disposto di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 50 bis, comma 2, relativo alla composizione necessariamente collegiale del Giudice dell’udienza preliminare, atteso che il medesimo articolo prevede la composizione monocratica del Giudice per le indagini preliminari, che nessuna deroga è prevista in punto di competenza di tale Giudice e che la diversità delle previsioni circa la composizione dei due organi non pone problemi di legittimità costituzionale nemmeno con riguardo all’ipotesi di ultrattività delle funzioni del giudice delle indagini preliminari.
Se è vero infatti che meritano senz’altro condivisione le ragioni poste a base della scelta collegiale dell’organo deputato a tenere l’udienza preliminare, deve peraltro sottolinearsi che il rito minorile prevede agli artt. 26 e 27 anche altri casi di definizione del procedimento con sentenza da parte del giudice delle indagini preliminari.
La definizione del procedimento da parte di un organo monocratico in accoglimento delle richieste di applicazione di pena o di giudizio abbreviato avanzate a seguito della notifica del decreto di giudizio immediato presenta poi una sua specificità rispetto a quella, prevista in via generale e ordinaria, demandata al giudice dell’udienza preliminare, e non appare infine contraria a principi di ragionevolezza la scelta legislativa di affidare in alcune specifiche occasioni – ed in deroga a quanto previsto in via ordinaria – ad un organo monocratico, non arricchito dalla partecipazione di due giudici onorari, la definizione del procedimento a carico di persona minorenne.
Anche il giudice togato è infatti un giudice specializzato in ragione della particolare professionalità nel settore minorile.
Il ricorso va quindi rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.