Non risponde del reato di ricettazione colui che, non avendo preso parte alla commissione del fatto, si limiti a fare uso del bene unitamente agli autori del reato, seppure nella consapevolezza della illecita provenienza, non potendosi da questa sola successiva condotta desumersi l’esistenza di una compartecipazione quanto meno d’ordine morale, atteso che il  reato di ricettazione ha natura istantanea e non è ipotizzabile una compartecipazione morale per adesione psicologica a un fatto criminoso da altri commesso.
(Cass. Penale Sez. II, sentenza 13 aprile – 10 giugno 2011, n. 23395)


Corte Suprema di Cassazione
Sezione Seconda Penale
Sentenza 13 aprile – 10 giugno 2011, n. 23395
[OMISSIS]Con sentenza dell’8.6.20I0 la Corte d’Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza in data 26.3.2008 del GUP presso il Tribunale di Bologna, assolveva [OMISSIS] dal reato di cui al capo C) (ricettazione di una vettura AUDI RS6 Avant 4.2 V8 Quattro) per non aver commesso il fatto; [OMISSIS] dal reato di cui al capo C) e dai reati di cui al capo A) (associazione per delinquere finalizzata a commettere reati contro il patrimonio, e capo D) (riciclaggio dell’automobile BMW M5) per non aver commesso il fatto;
[OMISSIS] dai reati di cui al capo A) D) e G) (detenzione illegale di esplosivi L. n. 497 del 1974, ex art. 10 nel quale veniva ritenuta assorbita la contravvenzione di cui al capo F) per non aver commesso il fatto, riteneva assorbita per tutti la contravvenzione di cui al capo F) nel capo G), escludeva le contestate aggravanti di cui all’art. 625 c.p., n. 4 e n. 7 con riguardo ai furti contestati ai capi B5), B6) e B7) e rideterminava la pena nei confronti degli imputati.
Ricorrono per Cassazione i difensori degli imputati. In particolare il difensore di [OMISSIS] contesta.
1. l’inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni ambientali disposte con decreto n. 763/2005 per violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3 – Mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta il ricorrente che la Corte bolognese non ha risposto a specifica doglianza avanzata in sede d’appello in ordine alla circostanza che l’autorizzazione ex art. 268 c.p.p., comma 3 era diretta a consentire l’ascolto remotizzato, ma non anche lo scarico delle registrazioni presso i locali della P.G.. Evidenzia la difesa [OMISSIS] che dall’incarto processuale relativo al decreto in questione sembrerebbe che non solo l’ascolto, ma anche lo scarico delle registrazioni su supporto informatico C.D. sia avvenuto presso la sala di intercettazioni della Questura di Bologna invece che nei locali della Procura.
2. violazione dell’art. 521 c.p.p. con conseguente nullità della sentenza ex art. 522 c.p.p.. Erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., comma 2. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui afferma la penale responsabilità di [OMISSIS] in relazione al capo B5). Lamenta il ricorrente una palese violazione del principio di correlazione tra accusa e difesa con riguardo al capo B5) in quanto la Corte di merito diversamente dall’indicazione nel capo di imputazione, dove il furto era indicato come commesso alle ore 1.40 del 23.4.2005, lo ha ritenuto commesso nelle ore 1.00/1.10 circa. Sostiene che in ogni caso la pronuncia con riguardo al capo in esame presenta una struttura argomentativa tale da non poter fondare un’affermazione di responsabilità in capo all'[OMISSIS] in quanto si fonda su un unico indizio: la presenza del ricorrente ad un supposto sopralluogo avvenuto tre giorni prima.
3. erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., comma 2, mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cu afferma la penale responsabilità dell'[OMISSIS] con riguardo al capo D). Contesta il ricorrente l’iter argomentativo del giudice dell’appello sia in punto di fatto che in punto di diritto. Non ritiene condivisibile l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale la sostituzione delle targhe originarie con quelle contraffatte configura il reato di cui all’art. 648 bis c.p.. 4. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in riferimento al capo G) dell’imputazione. Contesta il ricorrente che la Corte territoriale non ha tenuto in debito conto le doglianze difensive avanzate in sede di gravame. In particolare nessuna argomentazione è stata spesa in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato posta in dubbio dall’appellante con il conforto della giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1 20.12.1983).
5. erronea applicazione dell’art. 416 c.p.. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Contesta il ricorrente la sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato in argomento.
Il difensore di [OMISSIS] contesta che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. violazione di legge con riguardo la sussistenza del reato associativo. Contesta il ricorrente la decisione della Corte territoriale con riguardo alla responsabilità del [OMISSIS] lamentando la mancata valutazione delle doglianze difensive;
2. violazione di legge con riguardo all’art. 192 c.p.p. con riguardo al capo B5). Contesta il ricorrente la valutazione delle prove operata dalla Corte bolognese lamentando la mancata considerazione della tesi difensiva;
3. violazione di legge con riguardo all’art. 192 c.p.p. con riguardo ai capi C) D) ed E). Lamenta il ricorrente la mancata prova del dolo in capo al [OMISSIS] e la prova certa che la vettura BMW di cui al capo di imputazione D) fosse la stessa BMW con targa sostituita presumibilmente utilizzata da parte della batteria [OMISSIS] durante le uscite del 23-29 aprile 2005;
4. contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il difensore di [OMISSIS] contesta che la sentenza impugnata:
1. è nulla in relazione al capo B5) per erronea applicazione degli artt. 56, 624 e 625 c.p.. Contesta il ricorrente l’impianto logico argomentativo posto a fondamento della responsabilità dell'[OMISSIS] con riguardo il delitto tentato in argomento, sottolineandone l’illogicità e la carenza motivazionale;
2. nullità della sentenza con riguardo al capo G). Erronea applicazione dell’art. 678 c.p., L. n. 97 del 1974, art. 10. Mancanza di motivazione. Contesta la mancata riqualificazione del reato in esame nella violazione dell’art. 678 c.p..
3. mancanza di motivazione in punto diniego delle circostanze attenuanti generiche ed in punto pena. Il difensore di [OMISSIS]contesta che la sentenza impugnata;
1. con riguardo al capo A) è incorsa in violazione di legge e comunque presenta una motivazione illogica e contraddittoria. Lamenta la superficialità dell’iter logico-giuridico attraverso il quale la Corte bolognese è pervenuta all’affermazione di responsabilità. 2. con riguardo ai capi C) e D) è incorsa in violazione di legge (art. 192 c.p.p.) e comunque presenta una motivazione illogica e contraddittoria. Lamenta il ricorrente che la responsabilità in ordine al capo C) poggia su un indizio incerto e non concludente e che in ordine al capo D) la sentenza è palesemente viziata sotto il profilo della correttezza logico-razionale. Sottolinea anche la erronea qualificazione giuridica del fatto da derubricare in ricettazione;
3. contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il difensore di [OMISSIS] contesta che la sentenza impugnata:
1. È incorsa in violazione di legge con riguardo agli artt. 110 e 648 c.p.. Contesta che la Corte territoriale nel ricostruire la responsabilità del [OMISSIS] ha considerato la ritenuta ricettazione come reato permanente e non istantaneo;
2. Presenta una motivazione contraddittoria ed illogica con riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato;
3. Manca di motivazione con riguardo al contributo materiale posto in essere dal [OMISSIS] in ordine alla ritenuta ricettazione. In data 29.3.2011 la difesa di [OMISSIS] depositava memoria illustrativa dei motivi relativi all’erronea applicazione dell’art. 416 c.p. e della mancanza di motivazione sul punto.
La doglianza con cui si deduce la inutilizzabilità delle intercettazione ambientali in parte è del tutto generica poiché, al di là di richiami giurisprudenziali, non indica in che cosa consisterebbero i pretesi vizi, considerato che il ricorrente lamenta che la Corte bolognese non ha risposto alla specifica censura dell’appellante il quale, lungi dal lamentare l’assenza lout court di un’autorizzazione ex art. 268 c.p.p., comma 3 o dal denunciare, come erroneamente ritenuto dal giudice, l’illegittimo ascolto presso i locali della Questura, si doleva del fatto che tale autorizzazione fosse diretta a consentire sì l’ascolto remotizzato, ma non anche lo scarico delle registrazioni su supporto informatico C.D. presso t locali della P.G. … Scarico che sembrerebbe avvenuto presso la sala di intercettazione della Questura di Bologna, invece che nei locali della Procura.
Con riguardo alla questione di diritto, ora proposta, concernente l’operazione che consiste nello scaricamento dei dati intercettati su supporti informatici quali CD – ROM o DVD sono intervenute le SU di questa Corte (Cass. SU n. 36359/08) che hanno affermato che condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che la “registrazione” – che consiste nell’immissione nella memoria informatica centralizzata (server), dei dati captati nella centrale dell’operatore telefonico – sia avvenuta per mezzo degli impianti installati in Procura (o in altri autorizzati ex art. 268 c.p.p., comma 3) anche se le operazioni di “ascolto”, verbalizzazione e riproduzione dei dati registrati siano eseguite negli uffici di polizia giudiziaria.
Quanto al luogo in cui è avvenuta la registrazione delle intercettazioni, si osserva innanzi tutto che non vi è alcun concreto elemento fattuale da cui poter inferire che i dati captati presso la centrale dell’operatore telefonico non furono poi “registrati” nelle forme previste dall’art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, lo stesso ricorrente non contesta tale circostanza. La “registrazione” dei dati captati nella centrale dell’operatore telefonico, e da lì trasmessi all’impianto esistente nei locali della Procura della Repubblica o in altro locale autorizzato ai sensi dell’art. 268 c.p.p., comma 3, si realizza infatti con l’immissione di quei dati nel server di detto impianto il difensore dell'[OMISSIS] invero non ha mostrato di dubitare che i dati fossero stati registrati nelle forme indicate dall’art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, ma ha sostenuto la illegittimità della trasposizione dei dati stessi sui supporti informatici.
Con riguardo allo “scaricamento” dei file su CD-ROM deve rilevarsi che: l)che non vi è prova del luogo dove sia avvenuta detta operazione; 2) quand’anche l’operazione in argomento (trasferimento dei dati su CD-ROM) fosse avvenuta nei locali della Questura la circostanza non inciderebbe sulla utilizzabilità delle intercettazioni neppure nell’ipotesi in cui la registrazione fosse avvenuta nei locali della Procura ben potendosi redigere negli uffici della polizia giudiziaria (in ciò agevolata proprio dalla procedura di “remotizzazione” dell’ascolto)in tutte le sue componenti il verbale di una intercettazione eseguita presso i locali della Procura della Repubblica Deve aggiungersi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la “remotizzazione” dell’ascolto presso gli uffici di polizia giudiziaria non richiede l’autorizzazione di cui all’art. 268 c.p.p., comma 3. (Cass. N. 20130 del 2005 Rv. 231368, N. 30002 del 2007 Rv. 237051, N. 35299 del 2007 Rv. 237847, N. 41253 del 2007 Rv. 237987, N. 14030 del 2008 Rv. 239395).
È stato infatti affermato che la possibilità di contestuale ascolto dell’intercettazione anche negli uffici della polizia giudiziaria attraverso un apposito accorgimento tecnologico non compromette la conformità al modello legale della stessa intercettazione anche in assenza dell’autorizzazione di cui all’art. 268 c.p.p., comma 3, garantendo per converso l’opportuno immediato collegamento tra l’autorità di polizia delegata all’indagine e gli sviluppi dell’intercettazione in atto.
Nel caso in esame, come indicato dalla Corte Territoriale e non discusso dalla stesso ricorrente è stata debitamente autorizzato l’utilizzo di impianti diversi da quelli installati presso la Procura della Repubblica per l’attività di registrazione delle comunicazioni intercettate. Ciò detto deve ribadirsi che sulla specifica questione del luogo in cui deve provvedersi alla verbalizzazione delle operazioni la giurisprudenza di legittimità,confermata dalle Sezioni Unite, ha affermato l’irrilevanza del luogo di verbalizzazione ai fini della utilizzabilità delle intercettazioni.
Allo stesso modo deve essere respinta la doglianza relativa alla violazione dell’art. 521 c.p.p.. Le Sezioni Unite (Cass SU n. 36551/2010)hanno avuto modo di precisare che, “per aversi mutamento del fatto”, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa. Con la conseguenza che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione” e fermo restando che la contestazione del fatto non deve essere ricercata soltanto nel capo di imputazione, ma deve essere vista con riferimento a ogni altra integrazione dell’addebito sulla quale l’imputato sia stato posto in grado di difendersi. È proprio alla luce dei condivisibili principi giurisprudenziali appena richiamati, che la doglianza del ricorrente non appare fondata in quanto l’ora della rapina emerge da atti processuali conoscibili e conosciuti dall’imputato (dichiarazioni [OMISSIS]) rispetto ai quali lo stesso era in grado di apprestare le proprie difese. Con gli altri motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, vengono denunciati anzitutto, sotto diversi profili, vizi di motivazione.
In proposito vanno richiamati i principi, ripetutamente affermati da questa Corte, che regolano il sindacato del giudice di legittimità. La verifica che la Corte di Cassazione, in forza dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è abilitata a compiere sulla correttezza e completezza della motivazione riguarda la congruità logica e l’interna coerenza dell’apparato argomentativo posto a base della decisione impugnata e non va confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito. La Corte suprema non è quindi legittimata a controllare la rispondenza alle risultanze processuali e l’adeguatezza in concreto delle scelte operate, nell’ambito delle sue esclusive attribuzioni, dal giudice di merito in ordine alla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, ma soltanto a riscontrare l’esistenza di una reale e non apparente struttura motivazionale, completa e logicamente coerente con il materiale probatorio valutato. Esclusa pertanto una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, non può integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (cfr. Cass., Sez. Un., 29.1.1996, Clarke;
23.2.1996, P.G., Fachini e altri; 22.10.1996, Di Francesco; 2.7.1997, Dessimone e altri).
Alla luce di tali principi risultano inammissibili le doglianze volte a prospettare una differente ricostruzione dei fatti o, in subordine, una irrimediabile ambiguità delle risultanze processuali. Versati in fatto sono i motivi sollevati dalle difese [OMISSIS] in ordine alla sussistenza del reato associativo Sotto il profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge, tentano infatti realtà di sottoporre a questa Corte una non consentita rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o comunque una ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito, non consentita in questa sede di legittimità.
Generiche sono le censure formulate dalla difesa [OMISSIS] con riguardo al capo C) perché riproducono pedissequamente i motivi d’appello senza alcuna censura specifica alla motivazione della sentenza di secondo grado, con la conseguenza che le relative deduzioni non rispondono al concetto stesso di “motivo”, perché non si raccordano a un determinato punto della sentenza impugnata ed appaiono, quindi, come prive del requisito della specificità richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 c.p.p., lett. c) e sono comunque versati in fatto Sotto il profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge, tentano infatti di sottoporre a questa Corte una non consentita rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o comunque una ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito, non consentita in questa sede di legittimità La sentenza impugnata con riguardo alle posizioni in argomento regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza,
contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del fatto o della prova.
Infondate sono anche le contestazioni di contraddittorietà, illogicità della motivazione con riguardo alla responsabilità in ordine al capo B5) I giudici del merito hanno indicato una serie di elementi gravi, precisi e concordanti (esiti intercettazioni ambientali, osservazioni Squadra Mobile di Bologna confluite nel rapporto 19.9.2005) dai quali hanno desunto la responsabilità, a titolo di concorso, [OMISSIS] e dell'[OMISSIS] in ordine al tentato furto in argomento Si tratta di un percorso argomentativo logico e coerente, a fronte del quale i ricorrenti si limitano a prospettare una diversa valutazione dei fatti. Deve aggiungersi che [OMISSIS]rispondono del reato tentato in esame a titolo di concorso ex art. 110 c.p. e che il concorso di persone nel reato, in conformità alla teoria monistica, accolta dal legislatore ha una struttura unitaria nella quale l’azione tipica è composta dalle condotte dei compartecipi, sicché gli atti dei singoli sono, al tempo stesso loro propri e comuni anche agli altri e di essi ciascuno risponde interamente. Nel paradigma dell’art. 110 c.p. sono infatti riunite tutte le ipotesi di partecipazione criminosa per la cui realizzazione non è richiesto il previo concerto fra tutti i partecipanti, ma è indispensabile un individuale apporto materiale o psichico di ognuno verso l’identico risultato da tutti perseguito e cioè l’evento criminoso avuto di mira. Con la conseguenza che attività costitutiva del concorso nel reato non è quindi solo quella rappresentata dalla partecipazione all’esecuzione materiale dello stesso, bensì anche quella riguardante la decisione e la preparazione del reato e la fornitura dei mezzi che ne consentano o ne facilitano la consumazione, perché anche attraverso l’esplicazione di tale attività si viene a realizzare quell’associazione di diverse volontà costituenti altrettante cause coscienti produttrici dell’evento per effetto del quale ciascuno deve rispondere del risultato conseguito. Una volta accertato che un soggetto ha accettato e svolto il compito assegnatogli costui deve rispondere, non solo dei reati da lui commessi, ma anche del reato fine e degli altri reati strumentali, materialmente eseguiti dai complici che, a loro volta devono rispondere di quello o di quelli da lui commesso.
Correttamente la Corte Territoriale ha ritenuto sussistere gli estremi del concorso di persone nel reato anche nei confronti di coloro che hanno partecipato ad attività preparatorie di sopralluogo aventi ad oggetto la filiale bancaria bersaglio del tentativo di furto. Quanto alla qualificazione giuridica del fatto sub D), è sufficiente ricordare che la sostituzione della targa di un’autovettura – che costituisce il più significativo, immediato ed utile dato di collegamento della “res” con il proprietario che ne è stato spogliato – deve ritenersi operazioni tese ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa della cosa ed integra, pertanto, il reato di riciclaggio di cui all’art. 648 bis cod. pen., disposizione finalizzata a reprimere sia le attività che si esplicano sul bene trasformandolo o modificandolo parzialmente, sia quelle altre che, senza incidere sulla cosa ovvero senza alterarne i dati esteriori, sono comunque di ostacolo per la ricerca della sua provenienza delittuosa (v. Cass. Sez. 2 n. 44305/2005; N. 3373 del 1997 Rv. 207850, N. 9026 del 1997 Rv. 208747).
Infondate sono anche le doglianze relative al reato di cui al capo G) sollevate dalla difesa [OMISSIS].
Le deduzioni difensive in ordine al reato di cui alla L. n. 497 del 1974, art. 10 sono prive di pregio. La Corte Territoriale ha correttamente motivato il proprio convincimento, esaminando e rigettando le tesi difensive, con motivazione lineare e logica. Non vi possono essere dubbi che il complesso assemblato dagli imputati (miscela di ossiacetilene utilizzata per gli assalti ai bancomat) costituisca congegno micidiale ad effetto esplosivo, come tale rientrante nella previsione dell’art. 10 cit. per l’elevato effetto distruttivo (Cass. Sez. 1 n. 42872/09).
Nella categoria delle “materie esplodenti” indicata nell’art. 678 cod. pen. rientrano infatti quelle sostanze (esempio un petardo) prive di potenzialità micidiale sia per la struttura chimica, sia per le modalità di fabbricazione, dovendo invece essere annoverate nella diversa categoria degli “esplosivi” – la cui illegale detenzione è sanzionata dalla L. n. 497 del 1974, art. 10 – quelle sostanze, come quelle in esame, caratterizzate da elevata potenzialità, le quali, per la loro micidialità, sono idonee a provocare un’esplosione con rilevante effetto distruttivo.(Cass Sez. 4 n. 32253/09; N. 6959 del 1997 Rv. 208255, N. 9719 del 1999 Rv. 214938, N. 38064 del 2006 Rv. 234979).
Deve aggiungersi che in materia di armi per quanto concerne l’elemento soggettivo del reato, valgono i principi generali posti dagli artt. 42 e 43 cod. pen., per cui è richiesto il dolo generico, e cioè la coscienza e la volontà del comportamento e la previsione dell’evento da parte dell’agente quale conseguenza della sua azione od omissione, (in senso conforme, Sez. 1 n. 15885/07 Sez. 1, Sentenza n. 12911 del 19/12/2000).
Inammissibili sono anche le doglianze in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche presentate dalla difesa [OMISSIS]. La Corte Territoriale con motivazione logica e coerente ha dato contezza delle ragioni che militavano per la non concessione delle stesse così come ha dato di avere valutato i criteri tutti di cui all’art. 133 c.p. nella determinazione della pena.
I ricorsi di [OMISSIS] devono essere dichiarati inammissibili. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Deve invece essere accolto il ricorso presentato dal difensore di [OMISSIS].
Il [OMISSIS] è stato condannato solo per il reato di ricettazione dell’autovettura AUDI RS6 Avant tg. BT086FY di sicura provenienza furtiva, sulla scorta delle seguenti considerazioni: 1) la vettura è pacificamente presente nei “convogli” di autovetture che si formavano in concomitanza dei furti contestati ai capi B1), B2), B3) e B4); 2) se è vero che il [OMISSIS] è stato assolto dai furti a lui contestati (capi B1), B2) e B4), per non aver commesso il fatto, avendo il primo giudice ritenuto che, con riguardo a detti reati, non vi erano elementi di prova ulteriori rispetto alla mera presenza degli indicati convogli di vetture presso i luoghi dei furti, in concomitanza della loro commissione, è pur vero che ciò non rileva ai fini del reato di ricettazione dell’AUDI, perché ciò che rileva è la presenza dell’AUDI in detti convogli di cui faceva parte anche l’auto del [OMISSIS], condotta da quest’ultimo (notti del 22.1.2005, del 19.2.2005 e del 19.3.2005); le modalità di spostamento di tale macchine evidenzia un che di concordato, entro un contesto di attività plausibilmente poco lecite, ove tutti coloro che prendevano parte alla carovana concorrevano nel consapevole utilizzo, quale ne fosse lo scopo ultimo, dell’AUDI RS6 nella consapevolezza dell’origine furtiva del veicolo, significativa era la circostanza che in detti convogli l’AUDI non era mai la prima. In sintesi la Corte territoriale ritiene provato il concorso del [OMISSIS] nella contestata ricettazione dell’AUDI dal fatto che l’imputato, partecipando con la sua vettura ai convogli sospetti ha concorso nell’utilizzo, indipendentemente dallo scopo che non è stato provato, dell’AUDI nella consapevolezza della sua provenienza furtiva, prova ne è che in detti convogli l’AUDI, verosimilmente per proteggerla da eventuali controlli, non faceva mai da staffetta. Deve però osservarsi che, come già affermato da questa Corte con riguardo al reato di ricettazione, che è reato istantaneo, non è configurabile un concorso morale a posteriori, per adesione psicologica alla ricettazione consumata da altri. Il concorso morale può infatti precedere l’esecuzione del reato o esprimersi nel corso della fase esecutiva, ma non successivamente a reato consumato. (Cass Sez. 2 n. 4.12.1991; Sez. 1 n. 857/94; Sez. 1 n. 4127/97; Sez. 2 n. 23395/07).
La circostanza, affermata dal giudice di appello, che non vi sono elementi probatori ulteriori rispetto alla mera osservazione di detti convogli di vetture presso i luoghi dei furti e in concomitanza della loro commissione, porta questa Corte a ritenere che vi sia assenza probatoria in ordine ad accordi precedenti gli avvistamenti in argomento con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente a [OMISSIS] per non aver commesso il fatto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente a [OMISSIS]per non aver commesso il fatto. Dichiara inammissibile i ricorsi di [OMISSIS] e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
[OMISSIS]

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