Nell’ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e richieda nuove indagini, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 4, deve ritenersi abnorme e quindi impugnabile in cassazione il provvedimento con cui si indichi al pubblico ministero lo svolgimento dell’interrogatorio dell’indagato, non essendo tale atto un mezzo di indagine, bensì soltanto una garanzia difensiva.
(Cass. Sezione VI Penale, 14 novembre 2012 – 9 gennaio 2013, n. 1052)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito – Presidente –
Dott. IPPOLITO Francesco – Consigliere –
Dott. CARCANO Domeni – rel. Consigliere –
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) OMISSIS;
2) OMISSIS;
avverso il decreto n. 4850/2011 GIP TRIBUNALE di AVELLINO, del 09/02/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO CARCANO;
lette le conclusioni del PG Dott. Cesqui Elisabetta, per l’annullamento del provvedimento impugnato limitatamente alla prospettata ipotesi di danneggiamento, con restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino.
1. Il difensore di OMISSIS impugna il decreto 9 febbraio 2012, con il quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino, su conforme richiesta del pubblico ministero, ha disposto de plano l’archiviazione degli atti relativi alla denuncia presentata nei confronti di OMISSIS, nonostante la rituale opposizione, per vicende collegate, da un lato, a danneggiamenti e molestie presso lo studio del ricorrente verificatesi a margine del procedimento a suo carico per tentato omicidio di OMISSIS e, dall’altro, a una falsa testimonianza resa in tale procedimento da parte di OMISSIS
2. Il giudice per le indagini preliminari ha condiviso la richiesta di archiviazione del pubblico ministero, rilevando che la denuncia fosse in realtà un tentativo per trasferire in un eventuale procedimento a carico di OMISSIS fatti che avrebbero dovuto trovare la sede naturale di accertamento nel processo a carico di OMISSIS.
Per tali ragioni, è stata accolta la richiesta di archiviazione e dichiarata inammissibile l’opposizione, poichè, ad avviso del giudice preliminare, la sollecitazione dell’esame dell’indagato non avrebbe potuto integrare la prescritta indicazione di investigazione suppletive ex art. 410 c.p.p. peraltro, la indicazione di espletare ogni utile attività di indagine all’esito dell’interrogatorio dell’indagato, si risolveva in una generica sollecitazione.
3. La difesa, sintetizzata la vicenda processuali e la genesi dei fatti, deduce: violazione dell’art. 409 c.p.p., comma 6, per lesione del principio del contraddittorio e vizio di motivazione, richiamando la giurisprudenza di legittimità in tema di violazione del contraddittorio sulle indagini richieste e, in particolare, sulla riconducibilità dell’interrogatorio dell’indagato nell’ambito del “catalogo delle investigazioni suppletive”.
Per la difesa, è stato violato il contraddittorio con la definizione del procedimento con un provvedimento de plano, nonostante fossero state richieste ulteriori indagini.
1. Il ricorso è inammissibile.
Come noto, il provvedimento di archiviazione può essere adottato de plano, in presenza di opposizione della persona offesa alla richiesta, là dove ricorrano due condizioni, delle quali si deve dare atto con adeguata motivazione, e cioè l’inammissibilità dell’opposizione, per l’omessa indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva, e l’infondatezza della notizia di reato. Nel senso che il giudice per le indagini preliminari può deliberare de plano sull’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero non solo nel caso in cui non siano state indicate investigazioni suppletive, ma anche quando queste vengano ritenute “irrilevanti” e “non significative” per il difetto di incidenza concreta sul tema della decisione, in quanto appaiano finalizzate ad approfondire gli stessi temi di indagine già esaminati e giudicati inidonei a ritenere configurabile il reato denunciato (Sez. 6, 10 giugno 2010, dep. 18 giugno 2010, n. 23687).
Il tema della decisione è formulato dal pubblico ministero ed è su tale tema che deve svilupparsi la richiesta di indagini suppletive.
Il decreto descrive in termini specifici l’oggetto della denuncia e condivide l’impostazione dei pubblico ministero e, nell’ambito di perimetro investigativo, giunge alla conclusione dell’inammissibilità dell’indagine suppletiva richiesta, con riferimento a entrambi i fatti di reato ipotizzati, danneggiamento e falsa testimonianza nel processo ancora in corso in grado di appello.
1.1. Quanto al preliminare profilo relativo all’interrogatorio dell’indagato, ad avviso del Collegio, la sollecitazione investigativa è stata correttamente dichiarata inammissibile.
L’interrogatorio dell’indagato non è un atto “geneticamente” volto alla ricerca di elementi prova, bensì un incombente tipico da effettuare, una volta acquisite circostanze tali da superare la soglia del mero sospetto nei confronti dell’indagato, come atto di difesa e garanzia dello stesso dalle cui dichiarazioni possono eventualmente emergere ulteriori elementi rispetto a quelli già acquisiti. Tale principio discende dalle disposizioni di cui all’art. 374 c.p.p., art. 375 c.p.p., comma 3, e art. 376 c.p.p. per le quali è l’indagato che può presentarsi spontaneamente agli inquirenti, mentre l'”invito a presentarsi” e l'”accompagnamento coattivo” possono essere disposti soltanto nei casi stabiliti dalla legge, come stabilisce l’art. 132 c.p.p..Tra tali casi non vi è alcun riferimento a esclusive finalità investigative, essendo previsto che l’invito a presentarsi deve contenere l'”enunciazione dei fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute”.
Ne discende che, con invito a presentarsi, l’indagato è chiamato rispondere a sua difesa su atti di indagine già compiuti e che consentano di formulare un addebito a suo carico, seppur provvisorio;
situazione del tutto contrastante con la richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero.
Questa Corte, pertanto, condivide e fa proprio il principio di diritto secondo cui nell’ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione e richieda nuove indagini, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 4, deve ritenersi abnorme e quindi impugnabile in cassazione il provvedimento con cui si indichi al pubblico ministero lo svolgimento dell’interrogatorio dell’indagato, non essendo tale atto un mezzo di indagine, bensì soltanto una garanzia difensiva (Sez. 6, 19 febbraio 2005, dep. 17 gennaio 2006 n.1783; Sez. 3, 27 maggio 2010, dep. 2 giugno 2010, n. 23930).
1.2.Quanto all’ulteriore aspetto, quello di ulteriori indagini da sviluppare all’esito dell’interrogatorio dell’indagato, va rilevato che l’inammissibilità della richieste dell’interrogatorio dell’indagato, rende del tutto evidente che l’impossibilità di svolgere tali ulteriori accertamenti, peraltro, del tutto generici in relazione ai denunciati danneggiamenti.
2. La valutazione di inammissibilità dell’opposizione è stata dunque correttamente argomentata.
Ne discende che il ricorso è inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni richieste dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n.186.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e a quello della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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