La falsificazione di un passaporto non costituisce falso in atto pubblico ma falso in certificazione amministrativa anche nel caso in cui si tratti di un passaporto rilasciato da un’autorità straniera.
(Cass. Sezione II Penale, 15 novembre – 14 dicembre 2011, n. 46273)

Corte Suprema di Cassazione
Seconda Sezione Penale
Sentenza 15 novembre – 14 dicembre 2011, n. 46273

ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sul ricorso proposto da:
OMISSIS e OMISSIS;
avverso la sentenza 15.12.10 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. D’Ambrosio Vito, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udita la difesa del OMISSIS – Avv. , che ha concluso per l’annullamento dell’impugnata sentenza in virtù dei motivi di cui ai ricorsi.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 4.1.10 il Tribunale di Bergamo condannava OMISSIS e OMISSIS rispettivamente alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione e a quella di anni due e mesi otto di reclusione per concorso in truffa aggravata ai danni della società OMISSIS (capo A) e falso (capi B e C, quest’ultimo limitatamente al falso passaporto intestato a OMISSIS), pena condonata per il OMISSIS, oltre al risarcimento dei danni – da liquidarsi in separata sede – in favore della parte civile.
Con sentenza 15.12.10 la Corte d’appello di Brescia assolveva il OMISSIS, per non aver commesso il fatto, dal reato di falso di cui al capo B e, per l’effetto, rideterminava la pena a suo carico in anni due di reclusione, concedendogli i doppi benefici di legge;
riduceva la pena nei confronti del OMISSIS ad anni tre di reclusione, applicandogli l’indulto nella misura di anni due e mesi due di reclusione; confermava nel resto le statuizioni di prime cure.
Questi, in estrema sintesi, i fatti come ricostruiti dai giudici del merito: con artifici e raggiri il OMISSIS ed il OMISSIS facevano credere alla Società OMISSIS di aver contrattato per suo conto con il Governo venezuelano una fornitura di quaderni ed altro materiale cartaceo per 30 milioni di dollari, inducendo l’amministratore unico della società a corrispondere loro, direttamente ed indirettamente con diversi versamenti, il complessivo importo di Euro 4.433.082,25; il OMISSIS si rendeva altresì responsabile di una falsa lettera proveniente dal Ministero delle Finanze venezuelano per assicurare il versamento, da parte dell’apparente committente, di un anticipo in conto fornitura ed entrambi gli imputati contraffacevano o facevano contraffare un passaporto diplomatico apparentemente rilasciato dal Ministero della Giustizia venezuelano in favore di OMISSIS, all’epoca amministratore della Società OMISSIS.
Ricorrevano il OMISSIS e OMISSIS contro detta sentenza, di cui chiedevano l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti:
il OMISSIS lamentava che:
a) risultava violato il principio di correlazione fra accusa e sentenza di cui all’art. 521 cpv. c.p.p., essendo emersa nel corso del dibattimento la diversità del fatto contestato al capo A della rubrica, atteso che il OMISSIS era rimasto estraneo al versamento di una quota (pari ad Euro 1.740.000,00) del provento complessivo della truffa e comunque estraneo al concorso contestatogli);
b) era stata omessa pronuncia sullo specifico motivo d’appello del OMISSIS relativo al fatto se l’importo di Euro 1.613.841,28 (versato alla società OMISSIS in funzione di una falsa polizza assicurativa) fosse poi davvero pervenuto a qualsiasi titolo nella sua disponibilità, fatto per il cui accertamento il OMISSIS aveva chiesto che si procedesse a verifiche bancarie;
c) ancora era stata omessa la pronuncia sul motivo d’appello relativo all’assenza di dolo da parte del ricorrente;
d) erroneamente i giudici del merito avevano ravvisato nell’ipotesi delittuosa contestata al capo B dell’epigrafe il reato p. e p. ex art. 476 c.p., dovendosi – invece – qualificare il fatto come violazione dell’art. 477 c.p., non essendo la falsa lettera proveniente dal Ministero delle Finanze venezuelano un atto pubblico ma, semmai, un certificato o una autorizzazione amministrativa; sotto altro profilo la sentenza era carente nella parte in cui non identificava la fisicità del documento in contestazione, inesistente agli atti del giudizio e di cui non era stata neppure dichiarata la falsità in dispositivo ai sensi dell’art. 537 c.p.p.;
e) era carente motivazione della condanna in ordine al capo B;
f) anche il falso relativo al passaporto diplomatico di cui al capo C andava ricondotto alla diversa ipotesi delittuosa di cui all’art. 477 c.p. anzichè a quella di cui all’art. 476 c.p.;
g) infine, la condanna del OMISSIS si era basata su mere congetture e sulle dichiarazioni del OMISSIS, non attendibili in quanto provenienti da soggetto indiziato degli stessi reati ascritti al OMISSIS. e al OMISSIS.
Il OMISSIS deduceva:
h) violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza di cui all’art. 521 cpv. c.p.p., essendo emersa nel corso del dibattimento la diversità del fatto contestato al capo A della rubrica, atteso che dalle risultanze dibattimentali era emerso che il OMISSIS doveva essere assolto per non aver affatto ingannato il OMISSIS o – semmai – condannato per un fatto diverso da quello contestato, ossia per truffa commessa in concorso con il OMISSIS medesimo;
i) vizio di motivazione sull’insussistenza del profitto contestato nel capo A della rubrica, atteso che dall’istruttoria dibattimentale la percezione di Euro 2.018.912,75 da parte del OMISSIS era risultata erronea; al più, il ricorrente aveva ricevuto solo poche migliaia di Euro che, per una società come la OMISSIS non era certo di rilevante gravità; per l’effetto, doveva escludersi l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7, la truffa aggravata doveva derubricarsi in truffa semplice, a sua volta non procedibile per tardi vita della querela;
j) omessa motivazione circa il concorso personale fra il OMISSIS e il OMISSIS nel commettere i delitti di cui ai capi A e C dell’editto accusatorio;
k) omessa motivazione sul punto n. 3 dei motivi d’appello circa la quantificazione del danno;
1) omessa motivazione sul punto n. 4 dei motivi d’appello sulla provvisionale equiparata al danno alternativamente attribuito alla M.T.I. o agli imputati senza alcuna specificazione sul carattere parziario o solidale dell’obbligazione;
m) insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto n. 5 dei motivi d’appello circa il palese conflitto di interessi quanto alla sottoscrizione e presentazione della denuncia-querela da parte degli amministratori deleganti contro il OMISSIS e, per estensione, contro il OMISSIS e il OMISSIS;
n) omessa o insufficiente motivazione sul punto n. 7 dei motivi d’appello in rapporto all’insussistenza del delitto p. e p. ex art. 476 c.p. di cui al capo C in relazione al passaporto ottenuto dal OMISSIS, a tal fine non potendo bastare la mera deposizione de relato del teste cap. OMISSIS, essendo -invece – necessaria una perizia per accertare l’ipotizzata falsità del documento;
o) omessa o insufficiente motivazione sul diniego dell’attenuante dell’art. 114 c.p., pur sollecitata – riguardo al OMISSIS – dal PG in sede di conclusioni.
1- I motivi che precedono sub a) e sub h) – da esaminarsi congiuntamente perchè in sostanza coincidenti – sono infondati, costante essendo la giurisprudenza di questa S.C. nello statuire che può ravvisarsi violazione del principio di cui all’art. 521 c.p.p. solo ove il fatto storico – inteso nella sua realtà fenomenica – ritenuto in sentenza si riveli completamente e radicalmente diverso, tanto da fare riferimento ad elementi costitutivi del tutto estranei a quelli delineati nel capo d’accusa, al punto che su di essi la difesa risulti essere stata concretamente impedita o grandemente menomata (cfr., ad es., Cass. Sez. 2 n. 47863 del 28.10.2003, dep. 15.12.2003; Cass. Sez. 4 n. 5678 del 10.11.89, dep. 20.4.90).
Non è questo il caso, giacchè l’unico elemento di novità è dato dal ruolo del Pa. che, da deceptus, ha poi assunto (in separato procedimento) il ruolo di presunto complice nella truffa, il che incide non sul piano dell’illiceità penale della condotta ascritta agli odierni ricorrenti, ma solo sul numero dei concorrenti nel delitto.
E se non si verifica violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza quando, contestato a taluno un reato commesso uti singulus, se ne affermi poi la responsabilità in concorso con altri (cfr, ex aliis, Cass. Sez. 6 n. 21358 del 5.5.2011, dep. 27.5.2011), a maggior ragione deve escludersi l’ipotizzata violazione quando risulti solo più esteso il novero dei concorrenti.
Nè lede il principio di correlazione fra accusa e sentenza di cui all’art. 521 cpv. c.p.p. il fatto che il OMISSIS sia rimasto estraneo al versamento di una quota (pari ad Euro 1.740.000,00) del provento complessivo della truffa, giacchè nell’ottica dell’art. 640 c.p. è indifferente che il soggetto attivo procuri l’ingiusto profitto a se stesso o ad altri.
2- I motivi che precedono sub b), k), l) e m) sono inammissibili perchè formulati in maniera non autosufficiente, noto essendo nella giurisprudenza di questa S.C. che il ricorso che prospetti un’omessa o viziata motivazione su un motivo di gravame deve trascriverne il contenuto e non limitarsi ad un generico rinvio ad esso.
Per altro, in relazione al motivo che precede sub b), è appena il caso di aggiungere che sarebbe stato comunque da disattendersi anche alla luce della sopra ricordata irrilevanza in punto di diritto dell’identità del beneficiario ultimo dell’ingiusto profitto di cui all’art. 640 c.p..
3- Ancora da disattendersi sono i motivi che precedono sub c) e sub j), atteso che nella propria motivazione il giudice del merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr, ex plurimis, Cass. Sez. 4 n. 1149 del 24.10.2005, dep. 13.1.2006; Cass. Sez. 4 n. 36757 del 4.6.2004, dep. 17.9.2004).
Nello specifico delle doglianze in esame, si osservi che la Corte territoriale ha diffusamente dato atto del volontario e concorrente coinvolgimento del OMISSIS e del OMISSIS nella condotta fraudolenta per cui è processo e che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di penale responsabilità del delitto sub A della rubrica, le motivazioni delle due sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr. Cass. Sez. 2 n. 5606 del 10.1.2007, dep. 8.2.2007; Cass. Sez. 1 n. 8868 del 26.6.2000, dep. 8.8.2000; v. altresì, nello stesso senso, le sentenze n. 10163/02, rv. 221116; n. 8868/2000, rv. 216906; n. 2136/99, rv. 213766; n. 5112/94, rv.
198487; n. 4700/94, rv. 197497; n. 4562/94, rv. 197335 e numerose altre).
4- Il motivo che precede sub d) è infondato, in quanto la fattispecie di cui all’art. 477 c.p. ha ad oggetto certificati o autorizzazioni amministrative e tale non è una mera lettera con cui si assicuri l’erogazione di un anticipo di dollari 30.000.000 in conto fornitura di quaderni ed altro materiale cartaceo: invero, per poter qualificare come certificato amministrativo un atto proveniente da un pubblico ufficiale devono concorrere due condizioni, nessuna delle quali risulta soddisfatta nel caso di specie: 1) che l’atto non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni già documentate; 2) che l’atto, pur quando riproduca informazioni desunte da altri atti già documentati, non abbia una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell’atto preesistente (cfr. Cass. Sez. 5 n. 5105 del 14.3.2000, dep. 28.4.2000).
Nè ai fini di una condanna per il delitto p. e p. ex art. 476 c.p. è indispensabile che nel fascicolo del dibattimento sia stato materialmente acquisito l’atto falso (cfr. Cass. Sez. 5 n. 2708 del 22.11.74, dep. 10.3.75) o che esso sia espressamente dichiarato tale in dispositivo ai sensi dell’art. 537 c.p.p., adempimento la cui mancanza non incide sulla giuridica esistenza del delitto e che risponde a ben altre esigenze, ossia impedire l’ulteriore uso di un atto che potrebbe arrecare pregiudizio alla fede pubblica e realizzare un’economia processuale nell’ambito dei rapporti tra giudizio penale e giudizio civile (cfr. Cass. Sez. 5 n. 712 del 14.10.98, dep. 19.1.99; Cass. Sez. 5 n. 2827 del 9.6.97, dep. 31.7.97).
5- E’, poi, inammissibile la doglianza che precede sub e) perchè generica e meramente assertiva, in quanto tale formulata in violazione del precetto di specificità del motivo di cui all’art. 581 c.p.p., lett. c).
6- E’, invece, fondato il motivo che precede sub f), che correttamente invoca l’applicazione di costante giurisprudenza di questa S.C. (da cui non si ravvisa ragione di discostarsi) secondo cui la falsificazione d’un passaporto costituisce falso in certificazione amministrativa e non in atto pubblico, anche quando il passaporto sia stato rilasciato da autorità straniera, in quanto esso da un lato è destinato a certificare l’identità della persona cui è intestato, dall’altro è idoneo a concretizzare l’autorizzazione ad espatriare verso determinati paesi (cfr. Cass. Sez. 1 n. 6020 del 18.11.96, dep. 19.12.96; Cass. Sez. 5 n. 5085 del 6.2.87, dep. 24.4.87; Cass. Sez. 5 n. 6271 del 14.3.80, dep. 19.5.80).
7- Il motivo che precede sub g) si colloca al di fuori dell’area di cui all’art. 606 c.p.p., atteso che sostanzialmente in esso si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente e logica hanno confermato la penale responsabilità del B. non già in base a mere congetture, bensì in virtù delle dichiarazioni del Pa. a loro volta suffragate da quelle del coimputato OMISSIS e dalla deposizione del teste OMISSIS, il tutto conformemente alla ricostruzione accolta in primo grado (essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in punto di penale responsabilità, valgano le osservazioni già svolte in tema di reciproca integrazione delle motivazioni delle due sentenze di merito).
8- Il motivo che precede sub i) è infondato: anche in proposito valga quanto già sopra esposto in termini di irrilevanza in punto di diritto dell’identità del beneficiario ultimo dell’ingiusto profitto di cui all’art. 640 c.p., sicchè – a prescindere dall’esatta entità del profitto che il OMISSIS si è procurato – resta l’assorbente rilievo dell’importo complessivo del danno arrecato alla Società OMISSIS (stimato in Euro 4.433.082,25), tale da rendere correttamente ravvisata l’aggravante dell’art. 61 c.p., n. 7 e, con essa, la procedibilità ex officio del delitto di truffa.
9- Ferma restando la diversa qualificazione giuridica da attribuirsi al delitto di cui al capo C (v. sopra) e la sua sopravvenuta estinzione per prescrizione (v. infra), il motivo che precede sub n) è da dichiararsi infondato, vigendo nel nostro ordinamento (arg. ex art. 189 c.p.p.) il principio di non tassatività delle prove, di guisa che anche un delitto di falso può accertarsi, invece che mediante perizia, attraverso la deposizione di soggetti particolarmente qualificati per le conoscenze che loro derivino dalla abituale e specifica attività svolta.
Quanto alla deposizione de relato, basti ricordare che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 195 c.p.p., commi 1 e 3, è inutilizzabile soltanto ove il giudice, malgrado apposita richiesta della parte, abbia omesso di disporre l’audizione della fonte referente (il che nessuno dei ricorrenti lamenta).
10- Il motivo che precede sub o) è precluso, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c., in quanto non formulato nei motivi d’appello, a tal fine non potendo bastare la mera sollecitazione del PG d’udienza – non accolta dalla Corte territoriale – di concessione dell’attenuante dell’art. 114 c.p..
11- Va dichiarata l’estinzione per intervenuta prescrizione del reato sub C – qualificato ex art. 477 c.p. – e di quello sub A limitatamente ai fatti commessi sino al 15.5.04, per entrambi i delitti essendo ad oggi decorso il termine massimo di anni 7 e mesi 6 previsto dal combinato disposto degli artt. 157 e 161 c.p. nel nuovo testo risultante dalla riforma di cui alla L. n. 251 del 2005.
In questi sensi si annulla senza rinvio l’impugnata sentenza, con rigetto nel resto dei ricorsi.
Il mero sopravvenire della prescrizione – nei termini innanzi chiariti – solo dopo le sentenze di primo e secondo grado ovviamente non travolge le statuizioni civili, che restano confermate unitamente al giudizio di penale responsabilità in ordine al delitto di truffa commesso in epoca successiva al 15.5.04, relativamente al quale si dichiara, ex art. 624 c.p.p., il passaggio in cosa giudicata.
Pertanto, il giudice del rinvio (che si individua in altra sezione della Corte d’appello di Brescia) dovrà limitarsi a determinare a carico del OMISSIS e del OMISSIS la pena per quelle condotte sub A non coperte da prescrizione, applicando detta pena in continuazione – per il solo B. – rispetto alla condanna per il delitto sub B (dal quale il OMISSIS è stato invece assolto in secondo grado) già giudicato in sede di merito come più grave, con statuizione ormai passata in cosa giudicata.

PQM

annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato sub C) – qualificato ex art. 477 c.p. – nonchè a quello sub A) per i fatti commessi sino al 15.5.04 perchè estinti per prescrizione.Rigetta nel resto i ricorsi e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia per la determinazione della pena concernente il delitto di truffa commesso in epoca successiva al 15.5.04, di cui dichiara, ex art. 624 c.p.p., il passaggio in cosa giudicata.

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