L’affidamento in prova per fini terapeutici presuppone la tossicodipendenza del condannato, il cui accertamento può essere basato sull’elemento valutativo indicato dall’art. 1, lettera e), d.m. 12 luglio 1990, n. 186, solo quando la  “presenza di sostanze stupefacenti e/o loro metaboliti nei liquidi biologici e/o nei tessuti” sia tale da dimostrare un uso abituale delle sostanze stesse (fattispecie in cui la tossicodipendenza è stata esclusa perché “certificata” dal SERT sulla base di un esame urinario, di un esame dei capelli lunghi cm. 1 e di un esame dei peli pubici: esami effettuati in un arco di tempo assai ristretto e con esiti positivi riferibili tutti ad un’unica assunzione di sostanza stupefacente e/o, comunque, ad assunzioni con modalità di tipo non cronico, ma saltuario).

(Tribunale di Sorveglianza di Torino, ordinanza 21 agosto 2013, Presidente rel. Vignera)

TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO

IL TRIBUNALE
Il giorno 21-08-2013 in TORINO si è riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei componenti:
Dott. VIGNERA Giuseppe – Presidente rel.
Dott. VELLUDO Paola – Giudice
Dott. BASSINI Margherita – Esperto
Dott. ISAIA Tiziana – Esperto
con la partecipazione del Dott. FASSIO  FRANCESCO LUIGI, Sost. Procuratore Generale presso la Corte di Appello di TORINO, per deliberare sulla domanda di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 94 DPR 309/90,  presentata da L. S., nato a XXXX il XXXX, detenuto presso la Casa Reclusione di XXXX, condannato con Sentenza N. 2012/XXXX Reg. Gen., emessa in data 20-04-2012 da Gip presso il Tribunale Ordinario MILANO, difeso dagli Avv. ti M. A. e S. A. del Foro di Torino.
FATTO E DIRITTO
1. – L. S. sta scontando una pena di anni 5 di reclusione applicatagli ex art. 444 c.p.p. per i seguenti reati:
a)   illegale detenzione di una pistola V. Bernardelli Gardone V.T. calibro 7,65 mod. 60 con serbatoio per il munizionamento rifornito di 5 cartucce stesso calibro (occultata in una cassaforte murata in camera da letto) e di una pistola Hecler Koch GMBH calibro 9 mm. x 21 GFL (occultata nel garage di pertinenza del suo appartamento);
b)   ricettazione della predetta pistola V. Bernardelli Gardone (risultata provento di furto);
c)   illecita detenzione di kg. 4,960 di eroina pari a grammi 238,11 di sostanza pura (corrispondenti a 9524 dosi).
I fatti sono stati accertati il 12 gennaio 2012 in Casello Lodigiano (i primi due) ed in Milano (il terzo).
L’esecuzione della pena è iniziata il 12 gennaio 2012 (con l’arresto nella flagranza dei reati anzidetti) e terminerà il 13 ottobre 2016.
Il 13 giugno 2013 il detenuto ha richiesto l’affidamento in prova “terapeutico” ex art. 94 DPR 309/1990, deducendo di essere tossicodipendente e di avere intenzione di sottoporsi ad un programma terapeutico- riabilitativo di tipo comunitario [programma dichiarato idoneo dal SERT di Sant’Angelo Lodigiano e da eseguirsi presso la “Comunità Fontane Effatà” sita in Corno Vecchio (LO)].
Il 20 giugno 2013 il Magistrato di Sorveglianza di Alessandria rigettava l’istanza di applicazione provvisoria del beneficio, atteso che:
– in base agli atti allegati alla domanda, poteva considerarsi certa una sola assunzione di cocaina da parte del L., la quale non appariva sufficiente a dimostrare la sua dedotta tossicodipendenza;
–  il SERT penitenziario e quello territorialmente competente avevano rilasciato soltanto, rispettivamente, la certificazione di tossicodipendenza e quella di idoneità del programma, mentre mancava una loro relazione dettagliata (sulla presa in carico del soggetto e sulle sue condizioni sanitarie, psicologiche, economiche, familiari, sociali ecc.), relazione che si considerava necessaria per verificare la sussistenza di una reale  tossicodipendenza del detenuto e la mancanza di “strumentalità” del programma terapeutico de quo;
–    mancava pure la relazione di sintesi.
La lettura della “posizione giuridica” rivela che, oltre allo stato detentivo conseguente al titolo esecutivo suindicato, il L. è pure “in attesa di primo giudizio” nell’ambito di un procedimento pendente presso il Tribunale di Pescara (proc. N. XXXX/2011 RGNR), nel corso del quale  il 23 giugno 2012 gli fu applicata (unitamente ad altri 12 soggetti, in parte italiani ed in parte albanesi) la misura cautelare della custodia in carcere (nella relativa motivazione si parla della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del L. in ordine al reato ex art. 73 DPR 309/1990 per avere il 14 luglio 2012, in luogo non accertato, ceduto e venduto kg. 2,680 di eroina  ad un connazionale su incarico e mandato di un altro connazionale). Sempre dalla posizione giuridica risulta che successivamente la predetta misura cautelare fu  sostituita prima con quella degli arresti domiciliari e dopo con quella dell’obbligo di presentazione alla P.G.. Il certificato dei carichi pendenti della Procura della Repubblica di Pescara, infine, documenta che nell’ambito di codesto procedimento il 5 agosto 2013 è stato chiesto il rinvio a giudizio del L.
Richieste informazioni sulla indagine “Cime Bianche”, che portò all’accertamento dei fatti di cui al titolo esecutivo (v. nota della Questura di Alessandria in data 22 luglio 2013), la Guardia di Finanza di Firenze il 9 agosto 2013 ha comunicato che:
– nell’occasione il L. fu indagato in quanto appartenente ad un sodalizio criminale  (composto prevalentemente da cittadini albanesi) dedito al traffico internazionale di sostanze stupefacenti con il ruolo specifico di “referente” in territorio italiano dell’organizzazione transnazionale;
–  a carico del soggetto, inoltre, sono stati raccolti elementi investigativi tali da poterlo considerare “fornitore” della sostanza stupefacente sequestrata nel corso di altre indagini e, in particolare, dei kg. 2,680 di eroina di cui al suindicato procedimento pendente presso la Procura della Repubblica di Pescara e di altri kg. 4,603 di eroina ceduti ad un connazionale il 13 maggio 2011 in Arsago Seprio (VA).
Il 9 agosto 2013 la Questura di Alessandria, oltre ai precedenti di polizia del detenuto, ha comunicato che dalle risultanze della Banca dati interforze emerge che lo stesso, prima dell’arresto, era solito frequentare pregiudicati dediti in prevalenza alla commissione di reati contro il patrimonio ed allo spaccio di stupefacenti.
Allegato all’istanza è un certificato del SERT penitenziario di Alessandria in data 5 luglio 2012, secondo cui il L. è affetto da dipendenza da cocaina in ambiente controllato. Nelle relative “Note” si precisa che la persona è risultata positiva alla cocaina a seguito di esame dei cataboliti urinari in data 12 gennaio 2012, nonchè a seguito di un esame capillare e sui peli pubici effettuato presso la Sezione di Tossicologia Forense dell’Università di XXXX e  conclusivo “per un uso di cocaina con modalità di tipo cronico”.
Al predetto certificato del SERT è  stata allegata la relazione in data 20 aprile 2012 relativa a tali esami cheratinici, da cui risulta che:
– gli accertamenti sono stati fatti su una ciocca di capelli lunga circa cm. 1 e su peli pubici lunghi circa cm. 2,5;
–  il relativo prelievo è avvenuto il 13 aprile 2012;
–  nell’occasione il L. aveva riferito che l’ultima assunzione di cocaina era avvenuta il giorno precedente il suo ingresso in carcere (ergo: l’11 gennaio 2012 poichè la carcerazione è iniziata il 12 gennaio 2012).
Nella fattispecie, pertanto, va verificato se gli esami svolti (quello urinario del 12 gennaio 2012 e quelli cheratinici eseguiti su capelli lunghi circa cm. 1 e sui peli pubici) siano scientificamente idonei a giustificare la conclusione suindicata (circa un affermato uso di cocaina da parte del L. “con modalità di tipo cronico”): e ciò, anche in considerazione di quanto si dirà tra poco circa le affermazioni “in senso contrario” fatte dallo stesso L. e dalla sua convivente.
Il SERT di Sant’Angelo Lodigiano il 1° agosto 2013 ha comunicato che:
–    al momento del suo ingresso presso la Casa di Reclusione di Alessandria il L. era sconosciuto al Servizio;
–    pertanto, la valutazione del soggetto è stata delegata al SERT penitenziario di Alessandria;
–    in base ai dati rassegnati da quest’ultimo è stato predisposto un programma terapeutico-riabilitativo da eseguirsi presso la “Comunità Fontane Effatà”  e considerato idoneo al recupero del soggetto.
Il SERT penitenziario in data 2 agosto 2013, oltre ai summenzionati dati relativi agli esami urinari e cheratinici, ha riferito che:
–    il L. è stato preso in carico dal Servizio il 19 giugno 2012;
–   da allora è stato regolarmente monitorato da un medico ed ha avuto regolari colloqui con un operatore;
–   dal 28 settembre 2012 sono stati presi contatti con il SERT di Sant’Angelo Lodigiano, tramite il quale si è pervenuti all’elaborazione del programma suddetto;
–   quest’ultimo consentirebbe al L. di continuare il già avviato “processo di rielaborazione personale all’interno di uno spazio protetto, quale potrebbe essere una comunità, che lo aiuti a chiarire le dinamiche personali interne e le relazioni con la famiglia ed altri”.
La relazione di sintesi evidenzia che il detenuto:
–   ha mantenuto corretta condotta intramuraria;
–   effettua colloqui con gli operatori del SERT penitenziario;
–   ha riferito di essere entrato clandestinamente in Italia e che vanamente aveva cercato di ricongiungersi con la moglie ed i figli, che precedentemente aveva fatto arrivare clandestinamente in America;
–   ha imputato la sua tossicodipendenza a non meglio precisati motivi economici.
Alla stregua dei suindicati elementi desumibili dalla certificazione del SERT, considera provato “un reale stato di tossicodipendenza” del L. e conclude con un parere favorevole alla concessione della misura terapeutica richiesta.
Allegata alla precedente relazione comportamentale (e richiamata dalla stessa relazione di sintesi) è una relazione dell’UEPE di Milano in data 19 luglio 2013, da cui si evince che:
–    fin dal suo arrivo in Italia il L. ha convissuto con una connazionale, con la quale nel 2007 ha acquistato un appartamento in Milano;
–  la stessa ha spiegato che al momento dell’arresto il L. era un po’ preoccupato della situazione economica in cui si trovavano a causa dell’acquisto della casa (per il quale pagano un mutuo di circa 500 euro mensili) e dell’imminente matrimonio della figlia;
– interpellata “sulla situazione sanitaria e dipendenze” del compagno, “l’interlocutrice ha riferito che il congiunto ha abusato di alcool, ma per tale problematica non si è mai rivolto ad un servizio di alcooldipendenze territoriale”.
Nella relazione sanitaria della Casa di Reclusione di Alessandria in data 2 agosto 2013, infine, relativamente al L. sta scritto quanto segue: “Viene visitato numerose volte dallo specialista otorino per acufeni ed otite esterna e trattato con terapia del caso. Esegue una visita SERT per riferito consumo di cocaina e crack associato ad alcol e non effettua nessuna terapia disintossicante per le sue presunte dipendenze. Dall’analisi della cartella clinica si legge che in data 12 gennaio 2012, giorno in cui è entrato nella casa circondariale di Lodi proveniente dalla libertà, non si dichiara tossicodipendente, alcol ai pasti, eroina no, cocaina no, altri stupefacenti no, trattamento per tossicodipendenza no, fumo si. Nella successiva visita SERT avvenuta nello stesso Istituto di Lodi riferisce un uso saltuario di cocaina. Ritengo pertanto in base ai dati in mio possesso che il detenuto non sia da considerarsi tossicodipendente, ma solo come da sue dichiarazioni consumatore saltuario di cocaina”.

2.1 – L’istanza va rigettata, atteso che:
a)    a differenza di quanto previsto dall’art. 90  D.P.R. 309/1990 (che si riferisce a persona che “si è sottoposta con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo”), l’art. 94 dello stesso D.P.R. presuppone una pena da eseguire “nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente”: vale a dire, la sussistenza nell’istante di una tossicodipendenza o alcooldipendenza reale ed attuale;
b)    nella fattispecie deve escludersi che il L. sia persona tossicodipendente.

2.2. – Si osserva al riguardo che il D.M. 12 luglio 1990 n. 186 (Regolamento concernente la determinazione delle procedure diagnostiche e medico-legali per accertare l’uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, delle metodiche per quantificare l’assunzione abituale nelle 24 ore e dei limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere) all’art. 1 indica le “procedure diagnostiche” per “l’accertamento dell’uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope”, stabilendo che esso (accertamento) “si fonda su uno o più degli elementi valutativi appresso indicati:     
     a) riscontro documentale di trattamenti sociosanitari per le tossicodipendenze presso strutture pubbliche e private, di soccorsi ricevuti da strutture di pronto soccorso, di ricovero per trattamento di patologie correlate all’abuso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, di precedenti accertamenti medico-legali;
     b) segni di assunzione abituale della sostanza stupefacente o psicotropa;
     c) sintomi fisici e psichici di intossicazione in atto da sostanze stupefacenti o psicotrope;
     d) sindrome di astinenza in atto;
     e) presenza di sostanze stupefacenti e/o loro metaboliti nei liquidi biologici e/o nei tessuti”.
La lettura del certificato del SERT  in data 5 luglio 2012 (allegato all’istanza) rivela che la “certificazione di dipendenza da cocaina in ambiente controllato” relativa al L.  si incentra fondamentalmente  sull’ultimo degli elementi valutativi predetti [quello sub e) rappresentato dalla “presenza di sostanze stupefacenti e/o loro metaboliti nei liquidi biologici e/o nei tessuti”].
Quest’ultimo, a sua volta (v. le “Note” redatte nella parte conclusiva del predetto certificato), è stato  basato su “esame cataboliti urinari (12 gennaio 2012) positivo per cocaina; esame peritale delle matrici pilifere eseguito sia su capelli sia su pelo pubico presso ‘Sezione di Tossicologia Forense-Università degli Studi di XXXX’ datato 20 aprile 2012, positivo per cocaina e benzoilecgonina, e conclusivo per ‘uso di cocaina con modalità di tipo cronico’ ”: esame peritale (effettuato dalla Dr.ssa C.), la cui relazione datata 20 aprile 2012 è stata allegata al medesimo certificato.
Orbene!
Codesta conclusione del suindicato esame peritale (circa un “uso di cocaina con modalità di tipo cronico” da parte del L.) non è condivisibile ed inficia, perciò, il predetto certificato del SERT, che su di essa si basa.
Più esattamente, quella conclusione peritale:
A)    anzitutto, è il portato di argomentazioni non completamente corrette dal punto di vista scientifico e/o della letteratura tossicologico-forense;
B)    in secondo luogo, è smentita da dati clinici obiettivi;
C)    in terzo luogo, è contraddetta dalle stesse affermazioni dell’interessato e della sua convivente.
Alla dimostrazione di tutto ciò si procederà nelle pagine seguenti.

2.3. – Si legge nella suindicata relazione della Dr.ssa C. che:
–     la medesima ha prelevato i campioni piliferi sulla persona del L. presso la Casa Circondariale di Milano il 13 aprile 2012;
–     “nell’occasione il predetto ha riferito … che l’ultima assunzione di cocaina risaliva al giorno precedente” il suo ingresso in carcere [ergo: all’11 gennaio 2012, atteso che la carcerazione del L. è iniziata il 12 gennaio 2012 (e non il 12 febbraio 2012, come invece ha erroneamente scritto la Dr. ssa C., che  è incorsa ovviamente in un  lapsus calami)];
–    “la ciocca dei capelli era lunga circa 1 cm., mentre i peli pubici  misuravano circa 2,5 cm.”;
–    “nel caso del Sig. L. le indagini chimico-tossicologiche hanno riguardato la cocaina ed hanno fornito esito positivo”;
–    “la cocaina, infatti, è stata evidenziata sia nei capelli, sia nei peli pubici unitamente al suo catabolita inattivo benzoilecgonina”;
– “poichè il Sig. L., a causa della detenzione, non ha assunto lo stupefacente negli ultimi… mesi, le concentrazioni della cocaina e del suo metabolita sono da riferire a quel processo di eliminazione che prosegue anche nella fase di astinenza”;
–    “i dati positivi ottenuti nel corso dell’accertamento attestano che in tempi pregressi il Sig. L. ha fatto uso di cocaina con modalità di tipo cronico”.
No!
Quest’ultima affermazione (circa la cronicità dell’accertato uso di cocaina da parte del detenuto) è priva di ogni base scientifica.
Come scritto dalla stessa Dr. ssa C. a pag. 2 della sua relazione (coerentemente stavolta con la letteratura tossicologica per la ricerca di sostanze stupefacenti e/o farmaci su matrice cheratinica), “l’accertamento dell’uso pregresso di sostanze stupefacenti o farmaci può essere effettuato analizzando le matrici pilifere (capelli e peli corporei in genere), la cui utilità deriva dal fatto che esse hanno la capacità d’incorporare e di trattenere nella loro struttura gli xenobiotici assunti durante la fase di crescita. Inoltre – ma il discorso vale solo per i capelli –, in base al loro grado di crescita, che è stimato mediatamente in 1 cm. al mese, è possibile fissare i termini cronologici dell’analisi retrospettiva”.
Più esattamente, poiché la velocità di crescita del capello varia da 0,8 cm. ad 1,2 cm. al mese con una media intorno ad 1 cm. al mese, l’analisi dei segmenti della lunghezza di 1 cm. si presta a fornire indicazioni sull’assunzione avvenuta  in ogni singolo mese. Pertanto, per esempio, se si dispone di una ciocca di capelli di 6 cm. di lunghezza, l’analisi del primo centimetro, partendo dalla cute, rivela le eventuali sostanze stupefacenti  e/o farmaci assunti nell’ultimo mese, l’analisi del secondo centimetro rivela l’assunzione nei due mesi precedenti l’esame,  l’analisi del terzo centimetro rappresenta la situazione nei tre mesi anteriori all’esame e così via.
Questo tipo di analisi (c.d. qualitativa di tipo temporale), tuttavia, non è praticamente possibile  quando il campione é costituito da peli pubici ed ascellari, dato che essi non hanno un ritmo di crescita costante come i capelli.
Conseguentemente, l’utilizzo dei peli pubici o ascellari consente di effettuare soltanto la c.d. analisi qualitativa di tipo generico ed   in tal caso una positività alle sostanze stupefacenti o ai farmaci consente solamente di dire genericamente che il soggetto  ha fatto uso di una o più sostanze stupefacenti o farmaci in un periodo ricompreso nell’anno antecedente al prelievo: uso che, quindi, potrebbe essere ipoteticamente avvenuto anche una tantum e solamente nel giorno precedente quello del prelievo o solamente  nel … 365° giorno precedente quello del prelievo o solamente … un paio di mesi prima del prelievo. Senza possibilità, dunque, di dire più esattamente “quando”!
Tutto ciò non è frutto della “fantasia” dell’estensore del presente provvedimento, ma trova pieno riscontro nella letteratura scientifica in subiecta materia [v. esemplificativamente le Linee guida per il laboratorio di analisi di sostanze d’abuso con finalità tossicologico forensi e medico-legali (revisione N. 3 del 1° marzo 2010 a cura della Commissione Qualità del Gruppo Tossicologi Forensi Italiani), paragrafo 5.2, penultimo capoverso, dove sta testualmente scritto: “Lo stato di assuntore cronico, come pure comportamenti pregressi di abuso, possono essere verificati attraverso l’analisi di campioni di capelli effettuando, se la lunghezza lo consente, analisi su sezioni seriate, al fine di poter ottenere elementi utili a ricostruire la cronologia dell’assunzione. L’analisi di peli provenienti da altri distretti corporei (ascelle, torace, pube) non si ritiene permetta valutazioni cronologiche attendibili, atteso il diverso pattern di crescita delle formazioni pilifere in tali distretti, e pertanto ha valore esclusivamente qualitativo pur testimoniando l’uso pregresso. Nel caso di valutazioni di tipo quantitativo si ritiene di dover escludere l’impiego dei peli pubici attesa la possibilità di contaminazione attraverso le urine”. Si precisa che: a) per analisi quantitativa si intende quella che, in base all’entità delle concentrazioni rilevate, consente di dare indicazioni circa l’uso (occasionale, continuativo, massiccio ecc.) che un soggetto fa di una determinata sostanza; b) nella fattispecie, nondimeno, non risulta che la Dr. ssa C. abbia fatto analisi di tipo quantitativo, che comunque sarebbero state scarsamente attendibili per le ragioni appena enunciate].
Orbene!
Alla stregua di quanto precede la Dr.ssa C. avrebbe potuto desumere dalle sue stesse premesse metodologiche (esatte) e/o dalle analisi da lei svolte soltanto la seguente conclusione: “il dato positivo ottenuto dall’esame dei peli pubici attesta che il L. ha fatto uso di cocaina in un periodo ricompreso  nell’anno antecedente al prelievo; il dato positivo ottenuto dall’esame dei capelli (data la lunghezza della ciocca esaminata: cm. 1) attesta che il L. ha fatto uso di cocaina in un periodo ricompreso tra 1-2 mesi dalla data del prelievo; data la lunghezza del campione capillare esaminato (circa cm. 1), non è possibile fornire ulteriori indicazioni temporali”.
Pertanto:
a)    poiché lo stesso L. aveva “riferito … che l’ultima assunzione di cocaina risaliva al giorno precedente” il suo ingresso in carcere (ergo: all’11 gennaio 2012, essendo iniziata la sua carcerazione il 12 gennaio 2012), la positività alla cocaina riscontrata dalla Dr. ssa C. attraverso l’esame del capello  può (in considerazione della lunghezza del campione analizzato: cm. 1 circa) essere riferita soltanto a codesta assunzione (dell’11 gennaio 2012);
b)    poiché le “Note” del certificato del SERT in data 5 luglio 2012 parlano pure di  una positività alla cocaina rivelata dall’esame dei cataboliti urinari del 12 gennaio 2012 (dello stesso giorno, cioè, dell’inizio della carcerazione del L.) e poiché  la positività di una singola analisi delle urine può rivelare solamente un uso della sostanza fatta da alcune ore ad alcuni giorni prima del prelievo, è  assai probabile che pure codesta “positività urinaria” sia da ricollegare alla stessa assunzione dell’11 gennaio 2012 (giorno precedente quello dell’ingresso in carcere del L., che a sua volta è avvenuto lo stesso giorno dell’analisi urinaria in discorso: il 12 gennaio 2012) [sull’accertamento del consumo di sostanze tramite l’esame delle urine v. esemplificativamente le surrichiamate Linee guida per il laboratorio di analisi di sostanze d’abuso con finalità tossicologico forensi e medico-legali (revisione N. 3 del 1° marzo 2010 a cura della Commissione Qualità del Gruppo Tossicologi Forensi Italiani), paragrafo 5.2, terz’ultimo capoverso, dove sta testualmente scritto: “Per la determinazione del consumo ‘recente’ di sostanze d’abuso (con una finestra di rilevabilità temporale di ore-giorni a seconda delle caratteristiche farmacocinetiche della sostanza in questione) il campione d’elezione è l’urina. Tale campione può essere impiegato anche per la determinazione dello stato di assuntore cronico qualora l’Analisi sia estesa a più campioni raccolti in giorni diversi e “a sorpresa” (vale a dire con preavviso all’interessato il più breve possibile, comunque non superiore alle 24 ore). E’ inaccettabile, per diagnosticare l’effetto biologico prodotto da una sostanza d’abuso a scopo forense (ad esempio uno stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti) l’impiego della matrice urinaria”];
c)    poiché l’esame dei peli pubici non permette di effettuare analitiche  valutazioni cronologiche in retrospettiva, la positività alla cocaina emersa da quell’esame (dei peli pubici) può consentire solamente di dire genericamente che il soggetto  aveva fatto uso di codesta sostanza (cocaina) in un periodo ricompreso nell’anno antecedente al prelievo: periodo nel quale ricade pure l’11 gennaio 2012, giorno dell’ultima assunzione di cocaina dichiarata dal L.;
d)    tutto ciò val quanto dire che in base agli esami concretamente effettuati sul L. (sulle sue urine, sui suoi capelli e sui suoi peli pubici), può considerarsi “cronologicamente provata” soltanto un’assunzione di cocaina da  parte del L.: quella (dichiarata dallo stesso L.) avvenuta l’11 gennaio 2012;
e)    atteso che nella fattispecie l’esame delle urine poteva rivelare soltanto l’assunzione di cocaina dell’11 gennaio 2012 ed atteso pure che l’esame del capello poteva (data la lunghezza del campione esaminato: cm. 1 circa) rivelare soltanto tale assunzione di cocaina dell’11 gennaio 2012 (non avendo più il L. assunto sostanze in epoca successiva: come da lui stesso dichiarato) ed atteso, infine, che l’esame dei peli pubici consentiva di effettuare soltanto una valutazione di tipo generico riferibile ad un periodo ricompreso nell’anno antecedente al prelievo (ma non anche  analitiche valutazioni cronologiche in retrospettiva), atteso tutto ciò – si stava dicendo – , del tutto ingiustificata risulta l’affermazione che i dati positivi esaminati attestano un uso di cocaina da parte del L. “con modalità di tipo cronico”;
f)    conclusivamente: in base ai dati oggettivi disponibili il L. non può considerarsi né assuntore abituale di stupefacenti nè a fortiori tossicodipendente.

2. 4. – Riepilogando quanto testé detto e concludendo:
–    l’affidamento in prova per fini terapeutici presuppone la tossicodipendenza del condannato;
–    l’accertamento della tossicodipendenza può essere basato sull’elemento valutativo indicato dall’art. 1, lettera e), d.m. 12 luglio 1990, n. 186, solo quando la  “presenza di sostanze stupefacenti e/o loro metaboliti nei liquidi biologici e/o nei tessuti” sia tale da dimostrare un uso abituale delle sostanze stesse;
–    nella fattispecie la dedotta tossicodipendenza del L. deve essere esclusa perché “certificata” dal SERT sulla base di esami (recte: di un esame urinario, di un esame dei capelli  lunghi cm. 1 e di un esame dei peli pubici) effettuati in un arco di tempo assai ristretto e con esiti positivi riferibili tutti ad un’unica assunzione di sostanza stupefacente e/o, comunque, ad assunzioni con modalità di tipo non cronico, ma saltuario.

2.5. – La superiore conclusione (circa l’inesistenza nel L. della qualità di tossicodipendente e/o di consumatore abituale di sostanze stupefacenti) è riscontrata da tutta una serie di altri elementi.
Anzitutto, presentandosi alla Dr. ssa C. con i capelli tagliati da poco (perché lunghi appena cm. 1 circa al momento del prelievo), lo stesso ha di fatto reso impossibile (attraverso l’analisi del  suo capello c.d. qualitativa di tipo temporale) l’accertamento  di un suo consumo cronico di cocaina: verosimilmente perché tale consumo non c’era mai stato!
In secondo luogo, se il consumo di cocaina accertato  attraverso l’esame dei cataboliti urinari del 12 gennaio 2012 ed attraverso l’analisi su matrice cheratinica effettuata dalla Dr. ssa C. fosse dipeso veramente da una condizione di tossicodipendenza del L., costui al momento dell’ingresso in carcere [avvenuta il 12 gennaio 2012 e, quindi, il giorno appena successivo a quello dell’ultima assunzione di cocaina (fatta per sua stessa affermazione il giorno precedente)] avrebbe dovuto trovarsi ancora in quella condizione (di tossicodipendenza) e nel periodo immediatamente successivo sicuramente o avrebbe richiesto  una terapia farmacologica disintossicante dalla dipendenza [di tipo sostitutivo (destroamfetamina, bupropione, amantadina ecc.) o di tipo avversivo (disulfiram, modafinil ecc.)] oppure, scegliendo di “sopportare” l’astinenza, avrebbe manifestato quei gravi disturbi fisici e psichici notoriamente conseguenti alla brusca interruzione dell’assunzione delle sostanze stupefacenti (affaticamento, spasmi muscolari, irritabilità, insonnia o forte sonnolenza, ansia, depressione et similia): cose che non risultano essere avvenute (v. relazione sanitaria della Casa di Reclusione di Alessandria in data 2 agosto 2013, firmata dalla Dirigente sanitaria Dr. ssa Di Marco Monica, dove sta scritto: “Viene visitato numerose volte dallo specialista otorino per acufeni ed otite esterna e trattato con terapia del caso. Esegue una visita SERT per riferito consumo di cocaina e crack associato ad alcol e non effettua nessuna terapia disintossicante per le sue presunte dipendenze. Dall’analisi della cartella clinica si legge che in data 12 gennaio 2012, giorno in cui è entrato nella casa circondariale di Lodi proveniente dalla libertà, non si dichiara tossicodipendente, alcol ai pasti, eroina no, cocaina no, altri stupefacenti no, trattamento per tossicodipendenza no, fumo si. Nella successiva visita SERT avvenuta nello stesso Istituto di Lodi riferisce un uso saltuario di cocaina. Ritengo pertanto in base ai dati in mio possesso che il detenuto non sia da considerarsi tossicodipendente, ma solo come da sue dichiarazioni consumatore saltuario di cocaina”).
Infine, interpellata dall’UEPE di Milano (v. relazione in data 19 luglio 2013), la compagna del L. (che convive con il predetto sin dal suo arrivo in Italia) sulla situazione sanitaria e sulle eventuali dipendenze del predetto “ha riferito che il congiunto ha abusato di alcool, ma per tale problematica non si è mai rivolto ad un servizio di alcooldipendenze territoriale”: di problematiche connesse a consumo di stupefacenti, quindi, nulla, proprio nulla!

3. – Anche a voler prescindere dalle superiori considerazioni ed anche se (per mera ipotesi: anzi, per assurdo) dovesse ritenersi effettiva  la tossicodipendenza del L., l’istanza dovrebbe essere parimenti rigettata.
Invero:
–    è incontestato che l’ultima assunzione di cocaina da parte del detenuto risale all’11 gennaio 2012 (come riferito dal medesimo alla Dr. ssa C.);
–    pertanto, da circa 19 mesi il predetto non fa uso di sostanze stupefacenti né presenta alcuna delle altre condizioni, alla accertata presenza di almeno tre delle quali il  DSM-IV (divisante criteri-guida largamente riconosciuti nella comunità scientifica internazionale: così Cass. pen., Sez. 4, sentenza 26 giugno 2012 n. 38040, Capuzzi) ricollega una diagnosi di tossicodipendenza (si precisa che codeste condizioni sono: sviluppo di tolleranza, sintomi di astinenza; assunzione progressivamente sempre maggiore rispetto alle iniziali previsioni; incapacità di ridurre le dosi, nonostante la consapevolezza che l’uso sia diventato eccessivo; gran parte del tempo viene dedicato alla ricerca della sostanza; vengono ridotte le occasioni lavorative e sociali; l’uso viene continuato nonostante la consapevolezza delle implicanze psicologiche e fisiche);
–    più esattamente, in base agli indicatori del predetto DSM-IV la (ipotetica) tossicodipendenza del L. dovrebbe considerasi nella fase di  Remissione Protratta Completa (recita, infatti il DSM-IV che “questa specificazione è usata se nessuno dei criteri per dipendenza o abuso è risultato soddisfatto in un qualunque momento durante un periodo di 12 mesi o più”) in Ambiente Controllato (“questa specificazione è usata se il soggetto si trova in un ambiente dove l’accesso all’alcool e alle sostanze controllate è limitato, e se nessun criterio per dipendenza o abuso è risultato soddisfatto almeno per il mese passato. Esempi di questi ambienti sono le prigioni strettamente sorvegliate dove le sostanze sono proibite, le comunità terapeutiche o le unità ospedaliere chiuse”);
–    si può, pertanto, ragionevolmente ipotizzare che il divisato programma di recupero (nel quale è sicuramente prevalente il sostegno psicologico del soggetto, senza alcuna terapia disintossicante e/o di mantenimento) possa positivamente concludersi nel giro di 12-18 mesi al massimo:  e questo “non giustificherebbe il trattamento extrapenitenziario per la ben maggior durata della pena, indicativa di non irrilevante capacità criminale” (v. in tal senso Cass. pen., Sez I, sentenza 4 aprile 2001 n. 33343, Di Pasqua, in motivazione);
–    la prevalenza della “componente psicologica” di quel programma, infine, fa ritenere che esso possa essere utilmente eseguito in ambito penitenziario con la prosecuzione del sostegno educativo-psicologico già fornito al L. dal SERT penitenziario (cfr. sul punto Cass. pen., Sez. I, sentenza 19 marzo 1999 n. 2271, Condello, secondo cui l’affidamento ex art. 94 DPR 309/1990 è finalizzato alla cura “dello stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza attraverso programmi non attuabili in stato di detenzione”): così contemperandosi le (ipotetiche) esigenze terapeutico-riabilitative del L. con  le (concrete) esigenze di tutela della collettività connesse all’elevata pericolosità sociale del predetto [pericolosità desumibile dai fatti criminosi di cui al titolo esecutivo (inequivocabilmente sintomatici per la loro natura, il loro oggetto e le loro modalità consumative di un stabile inserimento del soggetto in organizzazioni delinquenziali di rilevante “spessore”), dai fatti ascritti al L. con la surrichiamata ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di Pescara  e dagli altri fatti riferiti a proposito del predetto dalla Guardia di Finanza di Firenze, nonchè dall’epoca assai recente della commissione di tutti gli anzidetti fatti.

P.Q.M.

rigetta l’istanza.

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