La Suprema Corte ha annullato la sentenza della Corte di Appello che, giudicando su rinvio della Quinta sezione, ha omesso di verificare se ricorreva l’interesse dell’ente nella commissione del mendacio e in quali termini si prospettasse detto interesse coinvolgente la responsabilità della società. In questo caso, rileva la Corte, l’interesse dell’ente – diverso dal vantaggio che costituisce una sorta di variabile causale- ricorrerebbe nei termini posti dall’art.5, comma 2, d.lgs 231 (che ne esclude la responsabilità se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi), circostanza questa che farebbe venir meno lo schema di immedesimazione organica, ragion per cui l’illecito commesso, pur tornando di fatto a vantaggio dell’ente, non potrebbe più ritenersi come fatto suo proprio. Si tratterebbe, quindi, di un vantaggio “fortuito” in quanto non attribuibile alla volontà dell’ente.
(Cass. pen. sez. I, sentenza 26 giugno – 29 ottobre 2015 n. 43689)

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