Ai fini del riconoscimento della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere, il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto sia dall’abrogata L. n. 354 del 1975, art. 56, che dal vigente D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6, è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere quindi il recupero ed il reinserimento sociale
(Cass. Sezione I Penale, 17 giugno – 8 settembre 2014, n. 37275)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente –
Dott. NOVIK Adet Ton – rel. Consigliere –
Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere –
Dott. CAPRIOGLIO Piera Maria S – Consigliere –
Dott. SANDRINI Enrico Giusep – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso l’ordinanza n. 621/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di BARI, del 26/09/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette le conclusioni del PG Dott. Canevelli P. che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Con ordinanza in data 26/9/2013 il Tribunale di Sorveglianza di Bari rigettava l’istanza di OMISSIS volta alla remissione del debito di Euro 14.000 per spese processuali, relativo alla condanna riportata con sentenza del tribunale di Firenze del 3/2/2009, ritenendo insussistente il requisito delle disagiate condizioni economiche, in quanto percettore nel 2011 di un reddito complessivo di Euro 15.941 e proprietario al 50% di un appartamento in OMISSIS, in relazione ai quali OMISSIS non poteva considerarsi in stato di indigenza, come richiesto dall’art. 47, O. P..
Ricorre per cassazione la difesa, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione.
Il giudice, ai fini della valutazione del requisito delle disagiate condizioni economiche, non aveva considerato che per consolidata giurisprudenza il requisito delle disagiate condizioni economiche è integrato, non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito determinerebbe per il debitore gravi difficoltà nel far fronte alle elementari esigenze di vita ovvero, comportando un notevole squilibrio, determinerebbe una compromissione della possibilità di recupero ed il reinserimento.
Il giudice non aveva inoltre considerato l’attuale stato di disoccupazione dell’istante e che la moglie e i figli erano assolutamente privi di reddito autonomo.
Nel suo parere scritto il Procuratore Generale presso questa Corte, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza, in quanto il riferimento al concetto di indigenza era estraneo al dettato normativo che richiedeva l’accertamento di disagiate condizioni economiche. Inoltre era stato valorizzato il reddito percepito nell’anno 2011, prima ancora che l’istante concludesse l’espiazione della misura alternativa e non era stato considerata l’incidenza del pagamento della pena pecuniaria sul complessivo bilancio familiare “in relazione alle aspettative di un positivo reinserimento sociale che l’andamento positivo della misura alternativa rende più che probabili”.
Il Collegio ritiene che il ricorso sia da accogliere.
Questa Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere, il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto sia dall’abrogata L. n. 354 del 1975, art. 56, che dal vigente D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6, è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere quindi il recupero ed il reinserimento sociale. (Sez. 1, Ordinanza n. 14541 del 24/01/2006 Cc. (dep. 27/04/2006) Rv. 233939, Mangione).
A tal fine occorre avere riguardo all’entità del debito e all’impatto che il suo assolvimento provocherebbe sulla situazione complessiva del condannato.
La motivazione con la quale si esclude l’esistenza di condizioni economiche disagiate non è, ad avviso del Collegio, da ritenere soddisfacente: nè in astratto, nè in rapporto all’entità del debito, mancando una valutazione in concreto tra l’entità del debito e la attuale consistenza patrimoniale e reddituale del condannato o dimostrativa del suo tenore di vita.
L’ordinanza va quindi annullata con rinvio al tribunale di sorveglianza di Bari per nuovo esame.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Bari.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.