Il giudizio di primo grado iniziato, a seguito dell’annullamento pronunciato dalla Corte d’appello, non è configurabile come nuovo giudizio, ma è semplicemente una fase del giudizio originario, con questo inscindibilmente collegata, con la conseguenza che l’imputato che abbia originariamente chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato non può chiedere che si proceda con il rito ordinario.
(Cass. Sezione III Penale, sentenza 12 dicembre 2012 – 27 marzo 2013, n. 14403)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio F. – Presidente –
Dott. SARNO Giulio – Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso la sentenza n. 9/2005 CORTE APPELLO di SALERNO, del 15/12/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per l’annullamento, con rinvio, della sentenza impugnata.
udito il difensore
1. – Con sentenza del 15 dicembre 2011, la Corte d’appello di Salerno ha parzialmente riformato la sentenza del GUP del Tribunale di Salerno del 21 aprile 2004, resa a seguito di giudizio abbreviato, con la quale – per quanto qui rileva – l’imputato era stato condannato, riconosciuta la continuazione, per diversi episodi di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante dell’ingente quantità (D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80) e per avere partecipato a un’associazione diretta al traffico illecito di stupefacenti (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74).
In particolare la Corte d’appello ha concesso le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, conseguentemente rideterminando la pena in diminuzione.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. – Con un primo motivo di impugnazione, si lamentano la violazione degli artt. 185 e 438 c.p.p., e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla ritenuta ritualità della celebrazione del rito abbreviato nonostante la diversa manifestazione di volontà espressa dall’imputato nel nuovo giudizio di primo grado celebrato a seguito dell’annullamento, da parte della Corte d’appello, della sentenza di primo grado. Ricorda, in particolare, la difesa che vi era stata una prima sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato dal GUP del Tribunale di Salerno in data 10 novembre 2001, che era stata dichiarata nulla dalla Corte d’appello di Salerno, che aveva disposto la restituzione degli atti al primo giudice. Successivamente l’imputato e il difensore avevano revocato la richiesta di definizione del processo nelle forme di rito abbreviato e avevano chiesto che il giudizio non fosse esteso anche ai reati in ordine al quale ricorrente era stato assolto nel precedente giudizio di primo grado in quanto il pubblico ministero non aveva proposto impugnazione.
Il GUP aveva dichiarato inammissibile le richieste difensive e reiterato le ordinanze di ammissione al giudizio abbreviato. Tale statuizione era stata confermata con la sentenza qui impugnata sul rilievo che la richiesta di definizione del processo nelle forme di rito abbreviato doveva considerarsi irretrattabile. Rileva la difesa che, essendosi aperto un nuovo giudizio a seguito dell’annullamento della sentenza del GUP da parte della Corte d’appello, la revoca della richiesta di giudizio abbreviato avrebbe dovuto essere considerata legittima, perchè, per procedere nuovamente a rito abbreviato, sarebbe necessaria – secondo la prospettazione difensiva – una nuova manifestazione di volontà dell’imputato.
2.2. – Si deducono, in secondo luogo, la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè l’erronea applicazione dell’art. 63 c.p.p. e art. 64 c.p.p., comma 3, in ordine alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni rese, durante la fase delle indagini preliminari, dagli imputati di reato connesso, assunte in violazione dell’art. 64 c.p.p., comma 3, (nel testo introdotto dalla L. n. 63 del 2001, art. 2) e acquisite al fascicolo del giudizio abbreviato in data successiva all’entrata in vigore della L. n. 63 del 2001. Premette la difesa che l’art. 26 di tale ultima legge è preordinato a consentire il recupero delle dichiarazioni rese senza gli avvertimenti di cui all’art. 64 c.p.p., comma 3, per evitare la sanzione dell’inutilizzabilità dell’interrogatorio reso senza le garanzie introdotte dalla stessa legge. Ad avviso della difesa, una volta esercitata l’azione penale, tale possibilità sarebbe preclusa.
2.3. – Si lamentano, in terzo luogo, la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè l’erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in relazione ai requisiti previsti per la sussistenza del reato. Non si sarebbe considerato, in particolare, che nessuna specifica condotta era attribuibile al ricorrente, perchè nessuno dei dichiaranti è stato in grado di indicare l’effettivo apporto causale dato da quest’ultimo all’attività di spaccio. Quanto all’episodio di cui al capo 3) dell’imputazione, la sua semplice presenza fisica in determinate occasioni non sarebbe sufficiente – secondo la difesa – a determinare il concorso negli acquisti delle partite di droga, specialmente perchè tali acquisti erano già stati concordati in precedenza, senza la partecipazione del ricorrente stesso. Quanto all’episodio di cui al capo 57) della rubrica, la condanna si baserebbe sulle sole dichiarazioni del coimputato OMISSIS, prive di riscontri. Quanto, infine, agli episodi di cui ai capi 4) e 67), mancherebbe una contestazione formale del ruolo dello spaccio delle sostanze stupefacenti e l’unica fonte dichiarativa sarebbe, di nuovo, il coimputato OMISSIS.
2.4. – Con un quarto motivo di gravame, si deducono la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè la violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, perchè mancherebbero specifici elementi da cui desumere la partecipazione dell’imputato ad un’associazione dedita al commercio di stupefacenti, in presenza di indizi dai quali sarebbe, al più, desumibile un ruolo di assaggiatore di una singola partita di droga. Nè, del resto, i contatti con i sodali potrebbero essere ritenuti da soli sintomatici della partecipazione al sodalizio.
3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – IlI primo motivo di ricorso, con cui si sostiene che, all’esito dell’annullamento, da parte della Corte d’appello, della prima sentenza resa dal GUP a seguito di giudizio abbreviato, l’imputato avrebbe potuto revocare la richiesta di giudizio abbreviato è basato su un erroneo presupposto interpretativo.
Il ricorrente muove, infatti, dall’assunto che l’annullamento senza rinvio, con trasmissione degli atti, della sentenza di primo grado da parte del giudice dell’impugnazione darebbe luogo a un nuovo, diverso giudizio nel quale la richiesta di giudizio abbreviato originariamente proposta perderebbe efficacia o potrebbe, comunque, essere revocata.
Va preliminarmente ribadito, sul punto, il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, una volta che il giudizio abbreviato è stato incardinato, la richiesta dell’imputato non può più essere modificata, nè revocata, dovendo la scelta considerarsi definitiva (ex plurimis, sez un., 19 luglio 2012, n. 41461, Rv. 253211). E’, dunque, illegittimo il provvedimento del Gip che, accogliendo il ripensamento dell’imputato, revochi il rito abbreviato già ammesso e restituisca gli atti al pubblico ministero, perchè un tale provvedimento snatura il rito abbreviato stesso, considerandolo una mera opzione difensiva, di cui l’imputato sia il dominus, anzichè un rito che solo il giudice, verificate le condizioni di legge, può ammettere (sez. 1, 9 luglio 2008, n. 32905, Rv. 240683).
Deve a ciò aggiungersi che, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, il giudizio di primo grado iniziato a seguito dell’annullamento, con trasmissione degli atti, pronunciato dalla Corte d’appello non è configurabile come nuovo giudizio, ma è semplicemente una fase del giudizio originario, con questo inscindibilmente collegata, con la conseguenza che l’imputato che abbia inizialmente chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato non può chiedere che si proceda con il rito ordinario (sez. 6, 4 maggio 2004, n. 28355, Rv. 229590; sez. 4, 28 marzo 2008, n. 19528, Rv. 239764).
Nel caso in esame, tali principi sono stati applicati correttamente.
Il GUP, infatti, ribadendo le ordinanze di ammissione del giudizio abbreviato già emesse nel 2001, si è limitato a confermare quanto già statuito prima dell’annullamento della sentenza di primo grado, negando la richiesta della parte di procedere con rito ordinario e correttamente non procedendo ad emanare una nuova ordinanza di ammissione al rito, essendovi già, per effetto delle citate ordinanze del 2001, un’ammissione al rito ormai irretrattabile.
Ne deriva l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
3.2. – Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese durante la fase delle indagini preliminari dagli imputati di reato connesso, assunte in violazione dell’art. 64 c.p.p., comma 3, (nell’attuale formulazione) e acquisite al fascicolo del giudizio abbreviato in data successiva all’entrata in vigore della L. n. 63 del 2001.
Deve premettersi, sul punto che, secondo il prevalente orientamento di questa Corte, le dichiarazioni eteroaccusatorie rese dal coimputato nell’interrogatorio svoltosi prima dell’entrata in vigore della L. 1 marzo 2001, n. 63, e, quindi, non precedute dall’avvertimento previsto dalla nuova formulazione dell’art. 64 c.p.p., comma 3, lett. c), sono pienamente utilizzabile anche nel giudizio abbreviato, senza necessità di rinnovazione ex art. 26 della citata Legge, in quanto il concorrente nel medesimo reato non può mai per definizione assumere la veste di testimone in tale giudizio ed in quanto l’eventuale inutilizzabilità rientrerebbe, comunque, nella categoria dell’inutilizzabilità fisiologica, rinunziabile dall’imputato che sceglie il rito abbreviato (sez. 2, 15 gennaio 2009, n. 10099, Rv. 243304; sez, 2, 6 marzo 2009, n. 21602, Rv. 244677).
Nel caso di specie, i giudici di primo e secondo grado hanno fatto corretta applicazione di tale principio, ritenendo di poter porre a fondamento della ritenuta responsabilità penale dell’imputato le dichiarazioni rese dai collaboratori confluite nel fascicolo del pubblico ministero, anche se non rinnovate con le garanzie previste, ai sensi della L. n. 63 del 2001, art. 26.
3.3. – Il terzo e il quarto motivo di impugnazione – che possono essere trattati congiuntamente, perchè attengono entrambi, in sostanza, alla motivazione della sentenza impugnata circa le specifiche condotte tenute dall’imputato e il suo specifico ruolo all’interno del sodalizio associativo – sono inammissibili, perchè diretti ad ottenere da questa corte una rivalutazione del merito della decisione; rivalutazione preclusa in sede di legittimità.
Deve del resto rilevarsi che, con una motivazione analitica e coerente, che si pone in piena continuità con quella della sentenza di primo grado, la Corte d’appello ha affermato che: a) le propalazioni accusatorie di OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS sono intrinsecamente coerenti e dettagliate e reciprocamente riscontrantesi; b) l’attendibilità di tali dichiarazioni trova conferma nel ruolo di preminenza occupato dai dichiaranti all’interno dell’associazione, che consentiva loro di ricostruire in modo organico e completo tutte le vicende; c) quanto all’episodio di cui al capo 3) dell’imputazione, relativo all’acquisto di una partita di cocaina di 10 kg da fornitori colombiani, il ruolo dell’imputato risulta chiaro, perchè questo aveva accompagnato il coimputato sul luogo dell’acquisto ed aveva effettuato viaggi in Venezuela per i pagamenti, nonchè ulteriori viaggi in territorio italiano per il ritiro della merce, oltre ad essere stato presente alle trattative;
d) quanto al capo 57), relativo all’importazione di una partita di 14 kg di cocaina, l’imputato ha accompagnato il coimputato OMISSIS a (OMISSIS) ed era stato incaricato di portare somme da versare a saldo di forniture precedenti e quale acconto per la nuova consegna; e) quanto ai capi 4) e 67) della rubrica, relativi ai rapporti con un gruppo criminale albanese, l’imputato ha partecipato in territorio albanese all’acquisto dell’eroina, nonchè alle trattative e ad uno degli scarichi della merce; f) l’imputato era incardinato nell’associazione, con una posizione subordinata rispetto al coimputato OMISSIS, su ordine del quale trasportava lo stupefacente e partecipava, ove necessario, alle trattative per la fornitura.
4. – Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.

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