Il regime carcerario di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 41-bis  non è, di per sè, ostativo alla concessione della liberazione anticipata purchè, comunque, vi sia un concreto accertamento della partecipazione dell’interessato all’opera di rieducazione di cui certamente un indice di seria valutazione è quello della qualità dei rapporti intrattenuti con i compagni di detenzione, con gli operatori penitenziari e con gli stessi familiari.
(Cass. Sezione I Penale, 23.10.2012 – 17.1.2013, n. 2602)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto – Presidente –
Dott. ROMBOLA’ Marcello – Consigliere –
Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –
Dott. TARDIO Angela – rel. Consigliere –
Dott. BONITO Francesco M.S. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul ricorso proposto da:
OMISSIS;
avverso il decreto n. 1779/2011 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di VENEZIA, del 21/12/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Roberto Aniello, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del grado e alla sanzione pecuniaria di cui all’art. 616 cod. proc. pen..
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 21 dicembre 2011, il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha respinto il reclamo proposto da OMISSIS detenuto presso la Casa di reclusione di Padova, avverso il provvedimento del 21 giugno 2011 del Magistrato di sorveglianza di Padova, che aveva rigettato l’istanza di rivalutazione di una precedente ordinanza di rigetto parziale della richiesta di liberazione anticipata.
Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava che:
– con ordinanza del 30 settembre 2009 il Magistrato di sorveglianza di Padova aveva accolto parzialmente la richiesta di liberazione anticipata, escludendola per i primi otto semestri relativi al periodo dal 10 dicembre 1997 al 9 dicembre 2001, in relazione al quale l’istante era stato sottoposto al regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis Ord. Pen., disposto con decreto dell’I marzo 2001 del Ministro della Giustizia, ritenendo che per tale periodo non poteva dirsi avvenuta l’adesione all’opera rieducativa, avuto riguardo al mantenimento da parte del predetto di “stretti rapporti con affiliati al clan di appartenenza anche mediante i suoi familiari, i quali tuttora fruiscono dei mezzi economici riconducibili alla gestione delle attività illecite (da lui) indirettamente controllate”, e tenuto conto della segnalata concreta probabilità di mantenimento da parte del medesimo di duraturi e stabili collegamenti con altri esponenti dei sodalizi criminosi presenti sul territorio e di conservazione immutata della posizione all’interno del clan Ascione, da cui proveniva, e dell’episodio di rilievo disciplinare del 29 novembre 2001; i – con ordinanza del 21 giugno 2011 lo stesso Magistrato aveva respinto, ritenendola inammissibile, l’istanza di rivalutazione del diniego della richiesta, fondata sulla allegazione che i familiari dell’istante, indicati quali elementi di collegamento tra il medesimo e l’organizzazione criminale di appartenenza, erano stati assolti in procedimenti penali a loro carico o comunque ritenuti non appartenenti alla criminalità organizzata in provvedimenti emessi nei loro confronti in materia di misure di prevenzione;
– tale decisione era condivisibile per l’inconferenza degli elementi addotti, privi del requisito della novità rispetto a quanto già a suo tempo deciso, poichè l’aver vissuto a lungo in Germania negli anni dal 1995 al 1997 e poi dal 2002 al 2008, come dedotto dal reclamante, non aveva inciso sulla possibilità del mantenimento da parte del medesimo dei contatti con le organizzazioni criminali, il periodo 2002-2008 rientrava in quello già valutato positivamente e l’intervenuta assoluzione di alcuni congiunti non inficiava la congruità della motivazione del provvedimento, che aveva indicato i familiari solo come uno dei possibili canali di comunicazione con l’esterno.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto dichiarazione d’impugnazione per mezzo del suo difensore il condannato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale ha dedotto la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, non avendo il Tribunale considerato le circostanze della mutata piattaforma fattuale, posta a fondamento della rinnovata istanza ex art. 54 Ord. Pen..
Secondo il ricorrente, l’ordinanza del 30 settembre 2009, nel disporre il rigetto parziale della richiesta, aveva fatto esclusivo riferimento al D.M. 1 marzo 2001, prescindendo dalle novità poste a fondamento della nuova istanza di liberazione anticipata, dichiarata inammissibile con ordinanza del 21 giugno 2011, e rappresentate dalle vicende giudiziarie dell’intera famiglia S., definite con esito positivo per gli interessati, e dalla condotta tenuta da esso ricorrente durante la lunga permanenza in libertà in Germania.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso proposto da OMISSIS è fondato nei termini che sono di seguito precisati.
2. Questa Corte ha già in altre occasioni affermato che, in tema di liberazione anticipata, il regime carcerario di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 41-bis (cd. ordinamento penitenziario), cui il detenuto è stato sottoposto, non è, di per sè, ostativo alla possibilità che il medesimo fruisca, comunque, del trattamento rieducativo in quelle forme compatibili con il predetto regime, poichè, anche se non è utilizzabile il criterio delle opportunità risocializzanti, è pur sempre vero che è in ogni caso necessario per poter fruire della liberazione anticipata un concreto accertamento della partecipazione dell’interessato all’opera di rieducazione. In questo contesto è certamente un indice di seria valutazione quello della qualità dei rapporti intrattenuti con i compagni di detenzione, con gli operatori penitenziari e con gli stessi familiari (Sez. 1, n. 3755 del 24/06/1998, dep. 16/07/1998, Madonia, Rv. 211161; Sez. 1, n. 2749 del 05/05/1995, dep. 09/06/1995, P.G. in proc. Belfiore, Rv. 201481; Sez. 1, n. 2824 del 09/05/1995, dep. 09/06/1995, P.G. in proc. Sasso, Rv, 201482).
E’ anche consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, l’orientamento che ritiene che la preclusione introdotta dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, comma 3-bis, alla cui stregua le misure alternative alla detenzione previste dal capo 6, e fra esse la liberazione anticipata, non possono essere concesse a chi si trovi detenuto per delitti dolosi, quando il Procuratore nazionale o distrettuale antimafia abbia comunicato, d’iniziativa o su segnalazione del competente comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblico, l’attualità dei collegamenti del soggetto con la criminalità organizzata, presuppone che l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata sia accertata in concreto e che possa, cioè, ritenersi, sulla base di specifici elementi sintomatici, una perdurante e qualificata pericolosità del detenuto, capace di giustificare – a prescindere dall’entità della pena da scontare e dalla natura o gravità del reato commesso, purchè si tratti di delitto doloso – la sua sottrazione sia alle misure alternative sia ai benefici penitenziari premiali. Si ritiene, pertanto, che anche la valutazione espressa dal Procuratore nazionale o distrettuale antimafia, che deve fondarsi su dettagliati, e non generici, elementi, non sia vincolante per il giudice, che deve sottoporla a controllo sia in ordine all’apprezzamento dei dati fattuali esposti sia in ordine all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, avendo riguardo agli ulteriori elementi di valutazione tratti da altre fonti (tra le altre, Sez. 1, n. 4195 del 09/01/2009, dep. 29/01/2009, Calcagnile, Rv. 242843; Sez. 1, n. 11661 del 27/02/2008, dep. 14/03/2008, Gagliardi, Rv. 239719; Sez. 1, n. 143 del 13/01/1994, dep. 09/02/1994, Ricciardi, Rv. 196392).
Si è inoltre osservato che anche nel procedimento di sorveglianza trova applicazione il principio generale (di cui sono espressione gli istituti della revisione e della revoca delle misure cautelari) della revocabilità dei provvedimenti giurisdizionali quando risulti, successivamente alla loro adozione, che la situazione fenomenica che li aveva giustificati era in realtà diversa; pertanto, anche in mancanza di una espressa previsione, è consentito rivalutare i presupposti per la concessione di un beneficio già negato quando si alleghi la sussistenza di una situazione di fatto diversa rispetto a quella presa in esame dai primi giudici, sulla cui decisione, qualora l’assunto risulti dimostrato, non può operare alcuna preclusione processuale fondata sulla precedente ordinanza non impugnata nei termini (tra le altre, Sez. 1, n. 44849 del 14/10/2008, dep. 02/12/2008, Calandruccio, Rv. 242193; Sez. 1, n. 3870 del 03/06/1996, dep. 24/07/1996, Raineri, Rv. 205589).
3. Nella specie, l’ordinanza impugnata si è adeguata parzialmente a tali principi, condivisi dal Collegio.
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, è partito dal corretto rilievo preliminare che solo il carattere “nuovo” poteva consentire una rivalutazione del provvedimento del diniego, già disposto, della liberazione anticipata per otto semestri corrispondenti per sommatoria al periodo dal 10 dicembre 1997 al 9 dicembre 2001, in relazione al quale il detenuto era stato sottoposto al regime detentivo speciale, di cui all’art. 41-bis con D.M. 1 marzo 2001, per avere mantenuto stretti rapporti con affiliati al clan Ascione, del quale era elemento di spicco, anche mediante i suoi familiari, e in relazione al quale non poteva dirsi avvenuta l’adesione all’opera rieducativa anche avuto riguardo al procedimento disciplinare del 9 novembre 2001.
Tale carattere è stato ritenuto tuttavia non ricorrente nel caso di specie, poichè il Tribunale ha condiviso la valutazione del Magistrato di sorveglianza, che aveva ritenuto che non costituivano fatti nuovi, idonei a rivedere la precedente decisione, gli elementi addotti dal reclamante, e afferenti l’uno ai periodi vissuti dal medesimo in Germania e l’altro alla circostanza che i familiari dello stesso erano stati successivamente assolti in procedimenti penali a loro carico o comunque ritenuti non appartenenti alla criminalità organizzata in procedimenti resi in materia di misure di prevenzione nei loro confronti.
4. La valutazione del Tribunale in merito al primo elemento è logica e ragionevole, non incidendo la condotta tenuta dal ricorrente in Germania negli anni 1995-97, a prescindere dalla considerazione della circostanza come elemento nuovo o meno, sulla possibilità dei mantenimento dei contatti del medesimo con le organizzazioni criminali, ed essendo ricadente nel periodo successivo vissuto dallo stesso in Germania (dal 2002 al 2008) il periodo di detenzione già valutato positivamente ai fini della concessione del beneficio.
5. Non è, invece, congruo l’iter argomentativo seguito dal Tribunale con riguardo al secondo elemento.
Secondo il Tribunale, l’intervenuta assoluzione di alcuni dei congiunti del OMISSIS, menzionati nel provvedimento emesso ai sensi dell’art. 41-bis Ord. Pen., avvenuta per fatti successivi ai semestri negativamente valutati, non ha inciso, contrariamente alle deduzioni svolte con il proposto reclamo, sulla linearità e congruità della motivazione del provvedimento reclamato alla luce del condiviso rilievo che i familiari erano indicati solo come “uno dei possibili canali di comunicazione con l’esterno”.
In tal modo, il Tribunale, che neppure ha richiamato i pareri degli organismi giudiziari specializzati in materia di criminalità organizzata, ha fondato il suo apprezzamento, circa l’insussistenza dell’elemento di novità nei fatti rappresentati, sulle potenzialità dei collegamenti del ricorrente con la criminalità organizzata che hanno giustificato l’applicazione dei regime detentivo differenziato, e non sulla rappresentazione e analisi di elementi concreti e specifici in ordine all’attualità dei collegamenti del ricorrente con la criminalità organizzata, alla luce delle indicate sopravvenute evenienze e in ordine alla incidenza in concreto delle stesse sul condotto percorso rieducativo nel periodo di osservazione e sulla meritevolezza del beneficio penitenziario premiale.
6. Il provvedimento impugnato, che non ha fornito adeguata e coerente giustificazione delle ragioni della decisione, va di conseguenza annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Venezia, che procederà a nuovo esame tenendo presenti i rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Venezia.

Avvocato cassazionista, svolge attività stragiudiziale e giudiziale in materia di diritto penale, con particolare riferimento al diritto penale dell’impresa e dell’economia, nonché in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Ha maturato una significativa esperienza in materia di responsabilità da colpa medica. È Presidente e componente di Organismi di Vigilanza previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 anche di società multinazionali.

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