L’art. 2947 c.c. al primo comma stabilisce la regola della prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento  del danno derivante da fatto illecito. Quindi, dopo avere al comma successivo previsto la minore prescrizione per i danni conseguenti a fatti da circolazione stradale (termine biennale), al terzo comma stabilisce che se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prscrizione più lunga questa si applica anche all’azione civile.

Il medesimo comma peraltro continua precisando: “tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento si prescrive in base ai primi commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile”.
Emerge pertanto un duplice regime giuridico.
Sempre si applica al crdedito, quando il fatto causativo è anche reato, il termine di prescrizione più lungo. Dunque si applica quello della prescrizione penale se è di durata maggiore, per evitaredi estinguere un reato entro un termine e le conseguenze civilistiche entro un altro.
Quando tuttavia il reato si estingue per una ragione diversa dalla prescrizione, viene meno la predetta “ratio”. In tal caso si applica il termine civilistico, omogeneo alla natura della controversia, ma il suo dies a quo, in considerazione della natura giuridica ontologica del fatto causativo (che resta ad onta della estinzione quella di reato), è il momento nel quale si è estinto il reato stesso, non quello in cui l’estinzione è dichiarata e, quindi, a maggior ragione, quello in cui il danneggiato ha avuto la notizia dell’estinzione.
(Cass. civile, sez. III, sentenza 17 novembre – 13 dicembre 2010, n. 25126)
 

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