Così come il difensore dell’imputato ammesso al gratuito patrocinio ha diritto al rimborso degli onorari e delle spese anche in caso di condanna, analogamente il difensore della parte civile ha diritto al compenso anche in caso di rigetto della domanda risarcitoria, non potendo il principio della soccombenza operare tra soggetti, lo Stato e la persona ammessa al gratuito patrocinio, che non sono parti contrapposte di un giudizio.

Al principio di diritto dettato dalla Suprema Corte di legittimità con la sentenza 42508 del 2009, è stata data applicazione dal Tribunale Ordinario di Roma in una caso anologo: imputato assolto, parte civile ammessa al Patrocinio a spese dello Stato non risarcita.
Con decreto 13.11.2017 il Giudice ha riconosciuto la non operatività in tale fattispecie del principio disciplinato dall’art. 91 c.p.c. (c.d. principio della soccombenza) aderendo all’interpretazione secondo la quale la norma in questione è destinata a regolare il rapporto tra le parti in tema di condanna alle spese di lite, non il rapporto interno tra la parte-cliente ed il proprio Avvocato.
In forza dell’art. 91 c.p.c. il soccombente è tenuto a pagare non solo le spese di lite sostenute dalla parte vittoriosa, ma anche a remunerare il proprio Avvocato ed a rimborsargli le spese.
Nel caso in cui la parte è ammessa al beneficio del gratuito patrocinio, anche nella ipotesi di rigetto della domanda di risarcimento per assoluzione dell’imputato, lo Stato (come sostituto del danneggiato nel rapporto cliente-difensore) ha il dovere di erogare il compenso degli onorari e il rimborso delle spese al difensore della parte civile ammessa al beneficio.

Testo integrale decreto