Anche nel caso di indagato-latitante i prossimi congiunti hanno la facoltà di nominare un difensore di fiducia, poiché la ratio della norma intende agevolare l’intervento di un difensore di fiducia, a preferenza di quello d’ufficio, tutte le volte in cui l’interessato si trovi in difficoltà e non può agevolmente provvedere all’incombente personalmente.

E’ valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’art. 96 cod. proc. pen., in presenza di elementi inequivoci dai quali la nomina possa desumersi per “facta concludentia” (nella specie, la Corte ha a tal fine ritenuto significativa la circostanza che l’imputato, pur ritualmente avvisato, aveva rinunciato a comparire nel giudizio di appello e non aveva nominato altro difensore, diverso da quello che aveva presentato i motivi di appello, ritualmente indicato nel decreto di citazione per il giudizio di appello).

(Cass. 2^ Sez. Pen. – 13/02-13/05/2014, n. 19619)


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[OMISSIS] Ricorre per Cassazione il difensore di OMISSIS eccependo la nullità della notifica dell’avviso di conclusioni dell’indagini – ex art. 415 bis c.p.p. – al predetto OMISSI.

Infatti, in data 03.04.2008 fu emesso decreto di latitanza nei confronti del ricorrente. In data 09.04.2008 la convivente del OMISSIS nominò quale difensore di quest’ultimo l’Avvocato OMISSIS al quale fu notificato l’avviso di conclusioni delle indagini.

E’ evidente la nullità della notifica poichè la nomina di un difensore da parte dei familiari ex art. 96 c.p.p. può avvenire solo nei confronti di imputato in stato di detenzione e non già per un latitante (cita, in proposito, tra le altre Cass. 2003 n. 30150 CED 225562).

Nè può sanare tale nullità il fatto che l’imputato una volta costituitosi (in data 24.06.2008) nominò quale difensore di fiducia lo stesso difensore Avvocato OMISSIS.

Il difensore del ricorrente con il secondo motivo eccepisce la “inutilizzabilità di tutte le fonti di prova per violazione del combinato disposto degli arti. 335, 407 e 407 c.p.p., comma 3”. In particolare il difensore dell’imputato sottolinea il ritardo nell’iscrizione nel registro degli indagati del ricorrente e come ciò abbia inciso sul controllo della legittima acquisizione delle prove e quindi della loro utilizzabilità.

Con il terzo motivo deduce che la Corte di appello non ha motivato sul diniego del giudizio abbreviato condizionato. Con il quarto motivo si reitera l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni (decreti n. 654/05, 582/04, 841/05, 933/05 e 200/05) poichè le intercettazioni sono state eseguite utilizzando impianti diversi da quelli posti in Procura; i decreti sono motivati con formule di stile e senza che fosse provata effettivamente l’insufficienza o inidoneità degli impianti di captazione della Procura o la sussistenza di eccezionali ragioni di urgenza.

Con il quinto motivo il difensore dell’imputato eccepisce la violazione di legge per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale tesa ad accertare se la voce di cui alla conversazione captata n. 2022 del decreto 654/04 – utilizzata dai giudici di merito per la condanna – fosse proprio dell’imputato che ha, invece, sempre negato di aver preso parte alla predetta conversazione.

La motivazione del rigetto è censurabile anche alla luce delle dichiarazioni del coimputato OMISSIS che ha ammesso di essere uno dei colloquianti ed ha escluso che il M. fosse presente indicando anche chi era l’altro interlocutore di nome OMISSIS.

Infine, il difensore dell’imputato rileva l’erronea applicazione della recidiva perchè i reati sono stati commessi dopo l’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005. Sottolinea che la condanna si fonda solo su poche intercettazioni dando, tra l’altro, per scontata una circostanza che in realtà non è affatto provata: cioè che il Daniele di cui alle conversazioni sia proprio OMISSIS.

Inoltre la Corte di appello non ha considerato che con sentenza del G.I.P. di Lecce del 04.04.2003 il OMISSIS era stato assolto in relazione all’accusa di essere partecipe dell’associazione mafiosa Sacra Corona Unita di Torre S. Susanna e che nessun collaboratore di giustizia ha mai parlato di OMISSIS. I giudici di merito non hanno evidenziato indizi gravi, precisi e univoci che possano portare a considerare il ricorrente colpevole, dei reati contestatigli e ritenuti, al di là di ogni ragionevole dubbio.
Inoltre si duole per il diniego delle attenuanti generiche e per gli aumenti di pena per la recidiva.
Il difensore del ricorrente conclude, pertanto, per l’annullamento dell’impugnata sentenza.
Il ricorso di OMISSIS è infondato.
Infatti, per quanto riguarda il primo motivo di ricorso con il quale si eccepisce la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p. – e la nullità di tutti gli atti conseguenti successivi – perchè notificato al difensore nominatogli dalla convivente, nomina non valida perchè l’imputato era latitante e non detenuto si deve rilevare che la motivazione della Corte di appello è corretta (si veda pagina 18 dell’impugnata sentenza).
Infatti, la Corte di merito in primo luogo ricostruisce il fatto: in data 3.4.2008 è stato emesso decreto di latitanza nei confronti di OMISSIS ed in data 9.4.2008 la convivente dello stesso imputato gli ha nominato quale difensore di fiducia l’Avvocato OMISSIS. In data 24.6.2008 OMISSIS ha formalizzato la nomina a difensore di fiducia dell’avvocato OMISSIS e lo stesso professionista ha sottoscritto l’atto di appello, oltre ad avere partecipato all’attività processuale svoltasi nel giudizio di primo grado e ad aver presentato l’odierno ricorso per Cassazione.

In secondo luogo la Corte di merito ha richiamato i principi di diritto evocati dal difensore secondo i quali la facoltà dei prossimi congiunti di nominare ai sensi dell’art. 96 c.p.p., comma 3 un difensore nell’interesse dell’indagato riguarda esclusivamente le persone in vinculis e non i latitanti, essendo la citata norma di carattere eccezionale e, come tale, non suscettibile di interpretazione analogica (Sez. 1, Sentenza n. 30150 del 06/06/2003 Cc. – dep. 17/07/2003 – Rv. 225562; Sez. 6, Sentenza n. 13501 del 07/03/2006 Cc. – dep. 13/04/2006 – Rv. 234271). Si deve osservare in proposito che questa Corte ha, anche, affermato che la disposizione dell’art. 96 c.p.p., comma 3 è suscettibile di estensione anche al caso dell’imputato-indagato latitante, secondo la “ratio” della norma la quale intende agevolare l’intervento di un difensore di fiducia, a preferenza di quello d’ufficio, tutte le volte in cui l’interessato si trovi in difficoltà e non può agevolmente provvedere all’incombente personalmente: il che soprattutto accade nel caso del latitante, che, attesa la necessità di nascondersi e non potendo neppure utilizzare il mezzo postale per rendere la dichiarazione di nomina del difensore, stante la esigenza di autenticazione della sottoscrizione, è davvero nella impossibilità materiale di provvedere personalmente (Sez. 4, Sentenza n. 7962 del 27/04/1999 Ud.- dep. 18/06/1999 – Rv. 214593).

Orbene pur apparendo tale decisione più aderente alla ratio della norma di quelle successive sopra citate (che escludono la possibilità dell’estensione del dettato dell’art. 96 c.p.p., comma 3, al latitante con motivi molto formali e che non affrontano la questione del sicuro vantaggio del latitante ad essere comunque assistito da un difensore di fiducia anzichè di ufficio) e sicuramente più favorevole per il latitante che in ogni caso viene ad essere assistito da un difensore di fiducia che terrà sempre informati i suoi prossimi congiunti che lo hanno nominato, si deve rilevare che la peculiarità del caso consente di risolvere la questione seguendo il percorso motivazionale della Corte territoriale senza dover affrontare la questione del contrasto giurisprudenziale (contrasto che ha portato il P.M. e il difensore del ricorrente a chiedere l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite). Infatti, la Corte di appello ha osservato che questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio – condiviso dal Collegio – che è valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’art. 96 cod. proc. pen., in presenza di elementi inequivoci dai quali la nomina possa desumersi per “facta concludentia” (nella specie, la Corte ha a tal fine ritenuto significativa la circostanza che l’imputato, pur ritualmente avvisato, aveva rinunciato a comparire nel giudizio di appello e non aveva nominato altro difensore, diverso da quello che aveva presentato i motivi di appello, ritualmente indicato nel decreto di citazione per il giudizio di appello; Sez. 4, Sentenza n. 11378 del 12/01/2006 Ud. – dep. 31/03/2006 – Rv. 233681).

Inoltre, è valida la nomina del difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’ari 96 cod. proc. pen., in presenza di elementi inequivoci dai quali la nomina possa desumersi per “facta concludentia” (nella specie, la Corte ha ritenuto valida la nomina per telegramma, depositata presso la Procura delle Repubblica da un avvocato che ha poi proposto appello cautelare ex art. 310 cod. proc. pen.; Sez. 6, Sentenza n. 16114 del 20/04/2012 Cc. – dep. 27/04/2012 – Rv. 252575). Dunque la Corte di appello applicando i suddetti principi al caso di specie (principi che vanno a confortare anche la decisione sopra citata n. 7962 del 27/04/1999) rileva che la convivente del ricorrente solo 6 giorni dopo la dichiarazione di latitanza nomina un difensore di fiducia per OMISSIS e che questi appena può – e cioè quando si costituisce il 24.06.2008, si veda pagina 3 del ricorso – nomina quale difensore di fiducia lo stesso Avvocato OMISSIS e cioè lo stesso difensore nominato, precedentemente, dalla sua convivente; Avvocato che – come già detto – assisterà il ricorrente per tutto il processo (primo grado, secondo grado e cassazione).
Tutto ciò conferma, quindi, che la volontà dell’imputato coincideva con quella della sua convivente.
Si deve, infine, osservare che se non si fosse considerata valida la nomina effettuata dalla convivente la notifica sarebbe stata effettuata ad un difensore di ufficio ai sensi dell’art. 165 c.p.p., comma 2; non si comprende nè è stato indicato nel ricorso quale sarebbe stato il vantaggio per l’imputato se si fosse seguita questa strada e quindi qual è l’interesse del prevenuto a sollevare tale questione.

In realtà dallo svolgimento del caso sopra evidenziato emerge con chiarezza non solo il vantaggio per l’imputato che da pochi giorni dopo la sua latitanza è sempre stato seguito dallo stesso difensore di fiducia, ma anche l’assoluta mancanza di una qualsiasi violazione del diritto di difesa che, d’altronde, non è stata neppure evidenziata dal ricorrente.
–OMISSIS–